Pronuncia 280/1995

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE; Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 595 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1994 dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto da Tramannoni Renzo, iscritta al n. 415 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 595 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 112 della Costituzione, con l'ordinanza della Corte di cassazione in epigrafe indicata. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1995. Il Presidente: BALDASSARRE Il redattore: VASSALLI Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 28 giugno 1995. Il cancelliere: FRUSCELLA

Relatore: Giuliano Vassalli

Data deposito: Wed Jun 28 1995 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BALDASSARRE

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Massime

SENT. 280/95 A. PROCESSO PENALE - IMPUGNAZIONI - APPELLO PRINCIPALE - APPELLO INCIDENTALE - DIFFERENZA DI FUNZIONE TRA I DUE ISTITUTI - RAGIONEVOLEZZA DELLA PREVISIONE DELL'APPELLO INCIDENTALE.

La ragion d'essere dell'appello incidentale trova le proprie radici nel sistema generale delle impugnazioni, e piu' specificamente in quello dell'appello, intendendosi con l'appello incidentale assicurare a ciascuna delle parti il potere di esprimere le proprie scelte dopo avuta la piena conoscenza della posizione assunta dalle altre parti in ordine alla sentenza di primo grado. Ogni parte, nel sistema del processo, puo', alla luce della sentenza di primo grado, mantenere le posizioni originariamente assunte e quindi, ove la sentenza non abbia dato ad esse piena soddisfazione, impugnare la decisione stessa: ed e' qui che si colloca il rimedio dell'appello principale. Diversa e' invece la situazione della parte rispetto alle prospettive di una sentenza futura quale e' quella del giudice di secondo grado, quando una divergenza di quest'ultima rispetto a quella resa dal giudice di primo grado sia divenuta possibile per effetto dell'appello proposto da altra parte processuale, in particolare da quella le cui ragioni od istanze siano contrapposte alle proprie. In questo caso appare equo e ragionevole assicurare alla parte, che si era risolta a fare acquiescenza alla sentenza del primo giudice, il mezzo per impedire che la sentenza di secondo grado possa sacrificare le proprie ragioni al di la' di quanto gia' accaduto per effetto della sentenza di primo grado. red.: G. Conti

SENT. 280/95 B. PROCESSO PENALE - IMPUGNAZIONI - POTERE DEL PUBBLICO MINISTERO DI PROPORRE APPELLO INCIDENTALE - CONTESTATA ATTRIBUZIONE AL PUBBLICO MINISTERO, CON LA FACOLTA' DI VALERSI DI TALE STRUMENTO PROCESSUALE DOPO AVER LASCIATO SCADERE IL TERMINE PER L'APPELLO PRINCIPALE, DI UNA DISCREZIONALITA' CIRCA L'ESERCIZIO DELL'AZIONE PENALE - ASSERITA CONSEGUENTE INCOMPATIBILITA' CON IL PRINCIPIO DI OBBLIGATORIETA' DELLA STESSA - ESCLUSIONE - NON CONFIGURABILITA' DEL POTERE DI IMPUGNAZIONE DEL PUBBLICO MINISTERO COME PROIEZIONE NECESSARIA DELL'OBBLIGO DI ESERCITARE L'AZIONE PENALE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Il potere di appello del pubblico ministero non puo' riportarsi all'obbligo di esercitare l'azione penale come se di tale obbligo esso fosse - nel caso in cui la sentenza di primo grado abbia disatteso in tutto o in parte le ragioni dell'accusa - una proiezione necessaria ed ineludibile. Nei lavori preparatori della Costituzione non e' dato rinvenire la benche' minima traccia di un collegamento tra obbligo di esercitare l'azione penale e potere di impugnazione. Dall'esame degli atti suddetti risulta che la costituzionalizzazione dell'obbligo di esercitare l'azione penale fu trattata esclusivamente in relazione a profili attinenti al momento iniziale dell'azione penale, senza il minimo, neanche implicito, riferimento ai momenti successivi, e tanto meno a giudizi d'impugnazione. Anche tutto il sistema delle impugnazioni penali depone nel senso che il potere del pubblico ministero di proporre appello avverso la sentenza di primo grado, anche se in certe situazioni ne possa apparire istituzionalmente doveroso l'esercizio, non e' riconducibile all'obbligo di esercitare l'azione penale. Cio' si ricava, in primo luogo, dal potere del pubblico ministero di fare acquiescenza alla sentenza di primo grado, quali che siano state le sue conclusioni e quale che sia stato il contenuto della sentenza (art. 570, primo comma, del codice di procedura penale). E poiche' da tale possibile acquiescenza deriva, come unica conseguenza prevista dall'ordinamento processuale, il potere di impugnazione del procuratore generale presso la corte d'appello (art. 570, primo comma, citato), puo' osservarsi che un potere conferito alternativamente a due soggetti mal si concilia con la doverosita' in capo ad uno di essi. In terzo luogo l'appello, come ogni altra impugnazione del pubblico ministero in materia penale, e' rinunciabile nelle forme previste dall'art. 589 del codice di procedura penale, senza che la legge richieda al riguardo alcuna motivazione. Si deve pertanto escludere che l'art. 595 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede, con quello di altre parti processuali, l'appello incidentale del pubblico ministero, sia da considerare costituzionalmente illegittimo perche' in contrasto con l'art. 112 della Costituzione (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 112 Cost., dell'art. 595 cod. proc. pen.). - V. S. n. 177/1971, dichiarativa della illegittimita' costituzionale della norma del previgente codice disciplinante l'appello incidentale del pubblico ministero. red.: G. Conti

Parametri costituzionali

SENT. 280/95 C. PROCESSO PENALE - IMPUGNAZIONI - POTERE DEL PUBBLICO MINISTERO DI PROPORRE APPELLO INCIDENTALE - FINALITA' - IMPEDIMENTO DEGLI EFFETTI FAVOREVOLI PER L'IMPUTATO CHE POTREBBERO DERIVARE DALL'ACCOGLIMENTO DELL'APPELLO PRINCIPALE PROPOSTO DALLO STESSO - POTERE DI IMPUGNAZIONE DEL PUBBLICO MINISTERO IN GENERALE - CONFIGURABILITA' COME DOVERE IN SENSO LATO - RICONDUCIBILITA' DI ESSO AI GENERALI DOVERI DI VIGILANZA SULL'OSSERVANZA DELLE LEGGI E SULLA PRONTA E REGOLARE AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA.

L'appello incidentale e' per il pubblico ministero un onere, nel senso che egli deve farvi ricorso solo se intende cercare di impedire quegli effetti favorevoli per l'imputato che potrebbero derivare da un accoglimento dell'appello principale dall'imputato stesso proposto. Se di un dovere in senso lato si puo' parlare per il pubblico ministero di fronte all'esercizio del potere d'impugnazione, tale dovere e' riconducibile a quei generali doveri che competono al pubblico ministero in relazione alle funzioni ad esso demandate, doveri che nel vigente ordinamento giudiziario (art. 73 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) sono indicati con riferimento alla vigilanza sull'osservanza delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia e, con specifico riferimento al campo penale, come promovimento della repressione dei reati. Da questo insieme di riferimenti e' dato trarre la conclusione che quando il pubblico ministero deve decidere se impugnare o meno una sentenza, egli deve interrogare la propria coscienza in relazione al contenuto del provvedimento impugnabile e determinarsi secondo gli interessi generali della giustizia. Questo vale per l'appello principale; ma analoga considerazione puo' farsi per l'appello incidentale, con il correttivo del particolare profilo derivante dalla visione che il pubblico ministero possa essere indotto ad avere circa i contenuti della sentenza che il giudice di secondo grado potrebbe essere tratto a pronunciare in accoglimento dell'appello principale dell'imputato pervenendo a conclusioni che egli ritiene, ove fossero adottate, contrarie a giustizia. red.: G. Conti