Pronuncia 15/2000

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Giuliano VASSALLI; Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI, dott. Franco BILE;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 660, ultimo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 10 luglio 1998 dal pretore di Reggio Calabria nel procedimento civile vertente tra Lo Prestino Domenica e Bosurgi Basilio, iscritta al n. 869 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 24 novembre 1999 il giudice relatore Cesare Ruperto. Ritenuto che, nel corso di un procedimento per convalida di sfratto per morosità, il pretore di Reggio Calabria, con ordinanza del 10 luglio 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - dell'art. 660, ultimo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui non esclude la necessità per l'ufficiale giudiziario di "spedire avviso all'intimato a mezzo di lettera raccomandata e allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione" nell'ipotesi in cui la notifica dell'atto di intimazione sia stata effettuata ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ; che, secondo il rimettente, il ricorso al procedimento per convalida di sfratto non è consentito nel caso di intimazione notificata appunto ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ., stante l'impossibilità, a cagione dell'oggettiva irreperibilità dell'intimato, di adempiere alla necessaria formalità dell'invio a quest'ultimo dell'avviso per mezzo posta, richiesto dalla denunciata norma nell'ipotesi di notificazione non effettuata a mani proprie del conduttore; che di conseguenza - sempre secondo il rimettente - la denunciata norma contrasta: a) con l'art. 3 Cost., per l'irragionevole disparità di trattamento rispetto all'ipotesi di notificazione dell'intimazione ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ., la quale pure dà luogo - così come la notificazione ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ. - ad una conoscenza legale e non necessariamente effettiva dell'atto, senza tuttavia impedire il ricorso al procedimento per convalida di sfratto; b) con l'art. 24 Cost., perché viene inibito al locatore, il quale incolpevolmente ignori il luogo di abitazione od il recapito del conduttore, di avvalersi del suddetto procedimento; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione. Considerato che il presupposto interpretativo da cui muove il giudice a quo, e cioè l'incompatibilità della notificazione dell'intimazione ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ. con il procedimento per convalida di sfratto, è plausibilmente motivato alla stregua dei comuni canoni dell'interpretazione; che, pertanto, non è fondata l'eccezione di inammissibilità sollevata al riguardo dall'Avvocatura generale dello Stato, e dunque deve passarsi all'esame di merito; che, nell'ambito del procedimento per convalida di licenza o di sfratto - improntato ad un equo contemperamento delle contrapposte ragioni dei soggetti del rapporto di locazione (v. sentenza n. 171 del 1974) -, la decisiva importanza della mancata comparizione dell'intimato all'udienza o della sua mancata opposizione (v. sentenza n. 89 del 1972), le quali comportano la convalida della licenza o dello sfratto, impone al legislatore una particolare cautela onde assicurare il maggior grado possibile di certezza sull'effettiva conoscenza, da parte del conduttore, del contenuto dell'intimazione; che proprio in questa ottica il legislatore ha previsto la necessità dell'avviso di cui alla norma denunciata, così come previsto ha pure l'esclusione della notificazione dell'intimazione nel domicilio eletto (art. 660, primo comma, cod. proc. civ.) e l'attribuzione al giudice del potere di ordinare la rinnovazione della citazione ove risulti od appaia probabile la mancata conoscenza di questa (art. 663, primo comma, cod. proc. civ.); che l'esigenza di imputare gli effetti sfavorevoli della mancata comparizione o della mancata opposizione ad un comportamento volontario ex informata conscientia dell'interessato, ha ispirato il legislatore anche nell'inibire il ricorso ad altre diverse procedure speciali: v., ad esempio, l'art. 460, quarto comma, del codice di procedura penale, dove è sancita l'incompatibilità tra procedimento per decreto penale di condanna ed irreperibilità dell'imputato (sentenza n. 89 del 1972); che, dunque, non è ravvisabile l'asserita irragionevolezza della scelta legislativa - risultante dalla interpretazione come sopra fatta dal giudice a quo - di inibire il ricorso al procedimento per convalida di licenza o di sfratto (stante appunto l'impossibilità di indirizzare l'avviso di cui alla denunciata norma) nel caso in cui la notificazione dell'intimazione sarebbe possibile solo ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ., cioè con modalità non idonee a realizzare una sufficiente probabilità di conoscenza effettiva dell'atto; che, inoltre, la disomogeneità delle situazioni poste a raffronto rende evidente l'insussistenza dell'asserita disparità di trattamento rispetto al locatore che abbia potuto notificare l'intimazione ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ.: caso, questo, in cui si realizza una maggiore probabilità di conoscenza dell'atto, essendo solo soggettiva l'irreperibilità dell'intimato e parimenti necessario (come riconosciuto dal diritto vivente) l'ulteriore avviso previsto dalla norma denunciata; che, infine, rientra nella discrezionalità del legislatore differenziare, con riguardo alle particolarità del rapporto da tutelare, i modi della tutela giurisdizionale; la quale è nella specie comunque assicurata, potendo il locatore esperire l'ordinaria azione contrattuale pur nell'ipotesi di oggettiva irreperibilità del conduttore, per cui è anche da escludere la prospettata lesione dell'art. 24; che pertanto la sollevata questione è manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 660, ultimo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal pretore di Reggio Calabria, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2000. Il Presidente: Vassalli Il redattore: Ruperto Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 17 gennaio 2000. Il direttore della cancelleria: Di Paola

Relatore: Cesare Ruperto

Data deposito:

Tipologia: O

Presidente: VASSALLI

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Massime

Processo civile - Procedimenti sommari - Procedimento per convalida di sfratto - Obbligo, per l'ufficiale giudiziario, in caso di notificazione dell'intimazione non "in mani proprie", di spedire avviso all'intimato a mezzo di raccomandata, allegando all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione - Conseguente ritenuta preclusione, per il ricorrente, a causa della evidente impraticabilità dell'avviso a mezzo posta, nell'ipotesi (ricorrente nella specie) in cui, risultando sconosciuti residenza, dimora e domicilio del destinatario, la notificazione sia stata effettuata nelle forme previste dall'art. 143 cod. proc. civ., di avvalersi della procedura semplificata - Prospettata violazione dei principi di ragionevolezza ed eguaglianza, con incidenza sul diritto di azione e di difesa - Insussistenza - Fondamento della disposizione impugnata nell'esigenza che i previsti sfavorevoli effetti della mancata comparizione od opposizione dell'intimato, non si producano senza sua piena conoscenza dell'avviata procedura - Discrezionalità del legislatore riguardo ai modi della tutela giurisdizionale, nel caso comunque assicurata - Manifesta infondatezza della questione.

E' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 660, ultimo comma, cod. proc. civ., denunciato in quanto, col richiedere, in ogni caso, riguardo al procedimento per convalida di licenza (o per finita locazione) che, se l'intimazione non sia notificata "in mani proprie", l'ufficiale giudiziario spedisca al destinatario un avviso a mezzo di lettera raccomandata, allegandone ricevuta all'originale dell'atto, nell'ipotesi - ricorrente nella specie - in cui, essendo stata la notificazione effettuata, per obiettiva irreperibilita' del destinatario, ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ., mediante deposito dell'atto nella casa comunale, il prescritto ulteriore avviso a mezzo posta si dimostri impossibile, impedisce ingiustamente all'intimante, ad avviso del giudice 'a quo' - peraltro plausibilmente motivato alla stregua dei comuni canoni dell'interpretazione - di avvalersi della procedura semplificata. La contestata previsione della necessita' dell'avviso a mezzo posta, risponde infatti all'esigenza - predominante nella disciplina del procedimento di convalida, ispirata essenzialmente a cautela - di imputare i previsti effetti sfavorevoli della mancata comparizione o della mancata opposizione solo ad un comportamento volontario 'ex informata conscientia' dell'intimato, e pertanto - se si considera che il medesimo intento e' alla base, nella medesima disciplina, anche dell'esclusione della notificazione dell'intimazione al domicilio eletto (art. 660, primo comma, cod. proc. civ.) e dell'attribuzione al giudice del potere di ordinare la rinnovazione della citazione ove risulti od appaia probabile la mancata conoscenza di questa (art. 663, primo comma, cod. proc. civ.), nonche', in altro campo, dell'incompatibilita' tra procedimento per decreto penale di condanna ed irreperibilita' dell'imputato, sancita dall'art. 460, quarto comma, cod. proc. pen. - non puo' dirsi viziata da irrazionalita'. Ne', d'altro canto, sussiste - data l'evidente disomogeneita' delle situazioni poste a raffronto - la anche asserita ingiustificata disparita' di trattamento rispetto al locatore che abbia potuto notificare l'intimazione, nell'ipotesi di irreperibilita' solo soggettiva e temporanea, ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ.. Mentre, quanto alla prospettata lesione del diritto di azione e di difesa e' sufficiente ricordare che rientra nella discrezionalita' del legislatore differenziare, con riguardo alle particolarita' del rapporto da tutelare, i modi della tutela giurisdizionale, nella specie comunque assicurata giacche' il locatore, pur nell'ipotesi di oggettiva irreperibilita' del conduttore, puo' sempre esperire l'ordinaria azione contrattuale. - Riguardo alla disciplina del procedimento 'de quo', v., in particolare, S. n. 171/1974 e n. 89/1972.