Pronuncia 358/2010

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 500, comma 2, del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale di Biella nel procedimento penale a carico di P.E. con ordinanza del 5 febbraio 2010, iscritta al n. 146 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 2010. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 17 novembre 2010 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 500, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 111, quinto comma, della Costituzione, dal Tribunale di Biella con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 dicembre 2010. F.to: Ugo DE SIERVO, Presidente Giuseppe FRIGO, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 15 dicembre 2010. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Relatore: Giuseppe Frigo

Data deposito:

Tipologia: O

Presidente: DE SIERVO

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Massime

Processo penale - Dibattimento - Contestazioni nell'esame testimoniale - Preclusione della possibilità per il giudice di valutare le dichiarazioni lette per la contestazione, oltreché ai fini del giudizio di credibilità del testimone, anche ai fini della prova della sua intimidazione o corruzione, affinché non deponga o deponga il falso, che permetterebbe l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese - Eccezione di inammissibilità della questione per difetto di rilevanza - Reiezione.

È infondata l'eccezione, formulata dalla difesa erariale, di inammissibilità per difetto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 500, comma 2, cod. proc. pen., impugnato, in riferimento all'art. 111, quinto comma, Cost., in quanto consente al giudice di valutare le dichiarazioni lette per la contestazione solo ai fini del giudizio sulla credibilità del testimone, e non anche ai fini della prova della sua intimidazione o corruzione affinché non deponga o deponga il falso, prova che, ai sensi del comma 4 dello stesso art. 500 cod. proc. pen., legittima l'acquisizione al fascicolo del dibattimento e la conseguente utilizzazione ai fini della decisione delle dichiarazioni precedentemente rese. Infatti, la questione ha come termine di riferimento una previsione normativa unitaria, sicché la circostanza che, nel giudizio a quo , venga in considerazione solo una delle fattispecie alternative da essa assoggettate al medesimo regime - quella della sottoposizione del teste a violenza o minaccia, e non anche l'altra, dell'offerta o della promessa di denaro o di altra utilità - non comporta che l'eventuale pronuncia di accoglimento debba essere "ritagliata", per ragioni di rilevanza, sul solo caso concreto oggetto del giudizio principale.

Parametri costituzionali

Processo penale - Dibattimento - Contestazioni nell'esame testimoniale - Preclusione della possibilità per il giudice di valutare le dichiarazioni lette per la contestazione, oltreché ai fini del giudizio di credibilità del testimone, anche ai fini della prova della sua intimidazione o corruzione, affinché non deponga o deponga il falso, che permetterebbe l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese - Denunciata violazione del principio costituzionale di formazione della prova in assenza di contraddittorio per effetto di provata condotta illecita - Inesatta identificazione della norma oggetto di censura - Inadeguata ponderazione del quadro normativo - Manifesta inammissibilità della questione.

È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 500, comma 2, cod. proc. pen., impugnato, in riferimento all'art. 111, quinto comma, Cost., in quanto consente al giudice di valutare le dichiarazioni lette per la contestazione solo ai fini del giudizio sulla credibilità del testimone, e non anche ai fini della prova della sua intimidazione o corruzione affinché non deponga o deponga il falso, prova che, ai sensi del comma 4 dello stesso art. 500 cod. proc. pen., legittima l'acquisizione al fascicolo del dibattimento e la conseguente utilizzazione ai fini della decisione delle dichiarazioni precedentemente rese. Il rimettente, omettendo di ponderare adeguatamente il quadro normativo di riferimento, individua erroneamente nel comma 2 dell'art. 500 cod.proc.pen. la disposizione oggetto di censura, anziché nelle previsioni dei commi 4 e 5 dello stesso articolo. Infatti, la regola dettata dal comma 2 - che consente di valutare le dichiarazioni lette per la contestazione solo ai fini della credibilità del teste - attiene al processo principale, che concerne l'accertamento della responsabilità dell'imputato; di contro, il problema di costituzionalità sollevato concerne la regola probatoria applicabile nel procedimento incidentale finalizzato all'accertamento della condotta di intimidazione o subornazione del teste, quale presupposto per l'acquisizione delle sue dichiarazioni predibattimentali. La disciplina di tale subprocedimento, che inerisce alla prova di un fatto da cui dipende l'applicazione di norme processuali, è specificamente dettata dai commi 4 e 5 dell'art. 500 cod.proc. pen., dato normativo con cui il rimettente - che si duole delle regole di esclusione probatoria valevoli nel processo principale onde garantire l'impermeabilità del dibattimento rispetto ad atti unilateralmente raccolti nel corso delle indagini preliminari - avrebbe dovuto invece, in ipotesi, misurarsi.

Parametri costituzionali