Procedimento civile - Competenza territoriale - Procedimento d'ingiunzione per crediti professionali vantati da avvocati contro propri clienti - Foro facoltativo - Giudice competente per valore del luogo ove ha sede il Consiglio dell'ordine degli avvocati al cui albo i ricorrenti sono iscritti al momento della proposizione della domanda d'ingiunzione - Denunciata violazione dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza - Esclusione - Non fondatezza della questione.
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 637, comma terzo, cod. proc. civ., impugnato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui, stabilendo che gli avvocati possono altresì proporre domanda di ingiunzione nei confronti dei propri clienti al giudice competente per valore del luogo in cui ha sede il consiglio dell'ordine degli avvocati al cui albo sono iscritti al momento della proposizione della domanda di ingiunzione, attribuisce esclusivamente agli avvocati la possibilità di scegliere un foro facoltativo in alternativa a quelli di cui agli artt. 18, 19 e 20 cod. proc. civ. La ratio della censurata disposizione - correttamente identificata nella finalità di agevolare l'avvocato per consentirgli di concentrare le cause, nei confronti dei clienti, nel luogo in cui ha stabilito l'organizzazione della propria attività professionale - esclude, innanzitutto, che sia violato il principio di ragionevolezza. Né, contrariamente a quanto sostenuto dalla rimettente, la detta ratio è venuta meno per effetto delle sopravvenute modifiche del quadro normativo di riferimento, che, in esecuzione di una sentenza resa dalla Corte di Giustizia comunitaria il 7 marzo 2002 (in causa C-145/99), hanno svincolato l'iscrizione all'albo dalla residenza nella circoscrizione del corrispondente tribunale, prevedendo il criterio alternativo del domicilio professionale. Infatti, detto domicilio (che non di rado coincide con la residenza) s'identifica con la sede principale degli affari ed interessi del professionista, cioè con il luogo in cui egli esercita in modo stabile e continuativo la propria attività. Si tratta, quindi, di un concetto verificabile sulla base di dati oggettivi (frequenza e continuità delle prestazioni erogate, numero dei clienti, giro di affari), suscettibili dei dovuti controlli ad opera del Consiglio dell'ordine competente; e proprio con riferimento a tale concetto ben si giustifica lo scopo, perseguito dalla disposizione in esame, di agevolare l'avvocato nel recupero dei crediti professionali. Del pari insussistente è la denunciata violazione del principio di uguaglianza. In particolare, non è pertinente il riferimento agli altri cittadini, perché la previsione normativa concerne i rapporti professionali tra gli avvocati ed i clienti, sicché gli altri cittadini non ne sono destinatari; quanto alle altre categorie professionali, che non possono avvalersi della stessa norma, vale il rilievo che ogni professione presenta caratteri peculiari idonei a giustificarne una disciplina giuridica differenziata; infine, in merito al rapporto tra l'avvocato e il cliente, la facoltà processuale attribuita al primo, ai fini del recupero dei suoi crediti per prestazioni professionali, costituisce il frutto di una scelta non irragionevole del legislatore. Per la dichiarazione di non fondatezza, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., di una questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l'art. 637, comma terzo, cod. proc. civ., v. la citata sentenza n. 137/1975, ove sono stati posti in luce i caratteri di peculiarità della professione legale. Sull'ampia discrezionalità spettante al legislatore nella conformazione degli istituti processuali, e quindi anche nella determinazione dei criteri attributivi della competenza, con il solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute, v., ex plurimis , le seguenti citate decisioni: sentenze n. 221/2008, n. 237/2007, n. 341/2006, ordinanze n. 134/2009 e n. 318/2008.