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Pronuncia 1/2013

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dell'attività di intercettazione telefonica svolta nell'ambito di un procedimento penale pendente dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo, effettuata su utenza di altra persona, nel corso della quale sono state captate conversazioni del Presidente della Repubblica, promosso dal Presidente della Repubblica, con ricorso notificato il 24 settembre 2012, depositato in cancelleria il 26 settembre 2012 ed iscritto al n. 4 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2012, fase di merito. Visto l'atto di costituzione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo; uditi nell'udienza pubblica del 4 dicembre 2012 i Giudici relatori Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo; uditi gli avvocati dello Stato Michele Giuseppe Dipace, Gabriella Palmieri e Antonio Palatiello per il Presidente della Repubblica e gli avvocati Giovanni Serges, Mario Serio e Alessandro Pace per il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara che non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo di valutare la rilevanza delle intercettazioni di conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica, operate nell'ambito del procedimento penale n. 11609/08; dichiara che non spettava alla stessa Procura della Repubblica di omettere di chiedere al giudice l'immediata distruzione della documentazione relativa alle intercettazioni indicate, ai sensi dell'art. 271, comma 3, del codice di procedura penale, senza sottoposizione della stessa al contraddittorio tra le parti e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del contenuto delle conversazioni intercettate. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2012. F.to: Alfonso QUARANTA, Presidente Gaetano SILVESTRI e Giuseppe FRIGO, Redattori Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2013. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI

Relatore:

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: QUARANTA

Massime

Presidente della Repubblica - Immunità - Procura della Repubblica di Palermo - Attività di intercettazione su utenze telefoniche in uso ad un senatore sottoposto ad indagini - Captazione casuale di conversazioni intrattenute dal Presidente della Repubblica - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri promosso dal Presidente della Repubblica - Eccepita inammissibilità per asserita carenza di una lesione attuale e concreta - Reiezione.

È priva di pregio l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo nell'ambito del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Presidente della Repubblica e fondata sul preteso carattere "prematuro" del conflitto in quanto asseritamente riferito alla "mera dichiarazioni di intenti" di procedere alla distruzione delle intercettazioni di conversazioni del Capo dello Stato con le formalità di legge. Premesso che la costante giurisprudenza costituzionale ritiene sufficiente ai fini della sussistenza dell'interesse a ricorrere anche la sola minaccia di lesione della sfera di attribuzioni, purché attuale e concreta, nel caso in esame poiché il comportamento della Procura di Palermo è inequivocabilmente espressivo della rivendicazione del potere-dovere di attivare le procedure di cui agli artt. 268 commi 4 e seguenti e 269, comma 2, c.p.p., la lesione temuta che il conflitto mira a scongiurare si connette proprio alla rivelazione del contenuto dei colloqui presidenziali ad ulteriori soggetti che inevitabilmente deriverebbe dal ricorso a dette procedure con il conseguente rischio di una loro generale diffusione, cosicché la reazione successiva al provvedimento del giudice sarebbe chiaramente tardiva, essendosi la lesione oramai irrimediabilmente prodotta. - Sulla necessità che i conflitti proposti avanti alla Corte siano attuali e concreti, v. cit. sentenza n. 106 del 2009 e ordinanza n. 404 del 2005. - Sulla sufficienza, ai fini dell'interesse a ricorrere, della minaccia di lesione, purché attuale e concreta, v. cit. sentenze n. 379 del 1996, n. 420 del 1995, ordinanza n. 84 del 1978.

Parametri costituzionali

Presidente della Repubblica - Immunità - Procura della Repubblica di Palermo - Attività di intercettazione su utenze telefoniche in uso ad un senatore sottoposto ad indagini - Captazione casuale di conversazioni intrattenute dal Presidente della Repubblica - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri promosso dal Presidente della Repubblica - Eccepita inammissibilità di questione che prospetta la censura di un mero errore in procedendo - Reiezione.

È priva di pregio l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo nell'ambito del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Presidente della Repubblica in base alla quale il ricorrente avrebbe impropriamente utilizzato il conflitto per censurare un mero errore in procedendo da parte dell'autorità giudiziaria, ponendo una questione che attiene unicamente all'interpretazione e all'applicazione di norme processuali. Invero, a prescindere dalla circostanza che nel caso in esame non si discute di atti giurisdizionali, bensì solo di attività giudiziarie poste in essere dalla Procura della Repubblica, il conflitto è volto proprio a contestare la stessa esistenza nei confronti del ricorrente del potere, che la Procura ritiene spettarle, di intercettare i colloqui del Capo dello Stato, almeno allorché si tratti di captazioni "occasionali", e di utilizzare tali conversazioni presidenziali ai fini del procedimento, posto che proprio l'esistenza di tale potere costituisce il presupposto logico per la valutazione di "irrilevanza" delle conversazioni operata dalla Procura e della convinzione da essa manifestata della necessità di ricorrere per la loro distruzione alla udienza stralcio di cui all'art. 268 c.p.p. - Sui presupposti per sollevare conflitto di attribuzione tra poteri in relazione ad atti giurisdizionali, si vedano cit. sentenza n. 359 del 1999 e ordinanze n. 285 del 2011, n. 334 e n. 284 del 2008. In relazione al conflitto tra enti, si vedano cit. sentenze n. 195 e n. 39 del 2007, n. 326 e n. 276 del 2003.

Parametri costituzionali

Presidente della Repubblica - Immunità - Procura della Repubblica di Palermo - Attività di intercettazione su utenze telefoniche in uso ad un senatore sottoposto ad indagini - Captazione casuale di conversazioni intrattenute dal Presidente della Repubblica - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri promosso dal Presidente della Repubblica - Eccepita inammissibilità per la contraddizione tra il petitum e le ragioni addotte in suo sostegno - Reiezione.

È priva di pregio l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo nell'ambito del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Presidente della Repubblica fondata sulla "impossibilità giuridica del petitum" conseguente alla inesigibilità del comportamento asseritamente doveroso della Procura di distruggere essa stessa la documentazione delle intercettazioni delle conversazioni del Capo dello Stato, atteso che dal tenore complessivo del ricorso introduttivo - cui per costante giurisprudenza costituzionale si deve fare riferimento per determinare l'oggetto del conflitto - emerge che il ricorrente ha censurato il fatto che la Procura non abbia prontamente promosso la distruzione del materiale facendo istanza al giudice. Con ciò cade automaticamente anche la correlata eccezione di contraddizione tra petitum e ragioni addotte a sostegno. - Si vedano cit. le sentenze n. 88 e n. 87 del 2012, n. 106 del 2009 e le ordinanze n. 241 e n. 104 del 2011.

Parametri costituzionali

Presidente della Repubblica - Immunità - Procura della Repubblica di Palermo - Attività di intercettazione su utenze telefoniche in uso ad un senatore sottoposto ad indagini - Captazione casuale di conversazioni intrattenute dal Presidente della Repubblica - Ritenuta applicabilità da parte della Procura della ordinaria procedura camerale per la distruzione delle intercettazioni non rilevanti, prevista dall'art. 268 del codice di procedura penale - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri promosso dal Presidente della Repubblica - Violazione delle prerogative costituzionali del Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni - Radicale divieto di intercettare, anche indirettamente o casualmente, conversazioni del Capo dello Stato - Obbligo di immediata distruzione, sotto il controllo del giudice, delle registrazioni eseguite contra legem - Dichiarazione che non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo di valutare la rilevanza delle intercettazioni di conversazioni telefoniche del presidente della Repubblica, operate nell'ambito del procedimento penale n. 11609/08 - Dichiarazione che non spettava alla stessa Procura della Repubblica di omettere di chiedere al giudice l'immediata distruzione della documentazione relativa alle intercettazioni indicate, ai sensi dell'art. 271, comma 3, del codice di procedura penale, senza sottoposizione della stessa al contraddittorio tra le parti e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del contenuto delle conversazioni intercettate.

Non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo di valutare la rilevanza delle intercettazioni di conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica, operate nell'ambito del procedimento penale n. 11609/08. Non spettava, altresì, alla stessa Procura della Repubblica di omettere di chiedere al giudice l'immediata distruzione della documentazione relativa alle intercettazioni indicate, ai sensi dell'art. 271, comma 3, del codice di procedura penale, senza sottoposizione della stessa al contraddittorio tra le parti e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del contenuto delle conversazioni intercettate. Invero dall'insieme dei principi costituzionali emerge che al Presidente della Repubblica, collocato al di fuori dei tradizionali poteri dello Stato e al di sopra delle parti politiche, sono attribuiti poteri di moderazione e stimolo, raccordo e persuasione, nei confronti degli altri poteri e che il suo ruolo di garante dell'equilibrio costituzionale e di "magistratura di influenza" richiede che egli affianchi, ai propri poteri formali che si estrinsecano nell'emanazione di atti determinati e puntuali, un uso discreto del "potere di persuasione" composto essenzialmente da attività informali fatte di incontri, comunicazioni, raffronti dialettici, per la cui efficacia e praticabilità sono essenziali la discrezione e la riservatezza di tal che il Presidente deve poter contare sulla assoluta riservatezza delle proprie comunicazioni. Il silenzio della Costituzione in ordine alla previsione di strumenti per rimuovere la preclusione all'utilizzo, nei confronti del Presidente, di mezzi di ricerca della prova invasivi, a differenza di quanto avviene per i membri del Parlamento e del Governo, e la mancanza di limitazioni esplicite per categorie di reati stabilite da norme costituzionali, lungi dal rappresentare una lacuna, è espressione della inderogabilità, in linea di principio, della riservatezza della sfera di comunicazioni del supremo garante dell'equilibrio tra poteri dello Stato, essendo l'unica eccezione a tale principio quella prevista allo scopo di accertare i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione di cui all'art. 90 Cost., laddove possono essere utilizzate anche le intercettazioni telefoniche previa deliberazione del Comitato parlamentare di cui all'art. 12 l. cost. n. 1 del 1953 e solo dopo che la Corte costituzionale abbia sospeso il Presidente dalla carica; previsione questa la quale implica che per tutte le altre fattispecie non sia possibile ipotizzare un livello di tutela inferiore. Nessuna rilevanza assume in proposito il carattere meramente casuale dell'intercettazione, atteso che il livello di salvaguardia non può abbassarsi in seguito a circostanze del tutto causali e imprevedibili, cosicché, in tal caso, il divieto di intercettazione impone all'autorità giudiziaria di non aggravare il vulnus alla riservatezza concretizzatosi nella captazione delle comunicazioni, adottando tutte le misure necessarie e utili per impedire la diffusione del contenuto delle intercettazioni, e, in particolare, l'obbligo di distruggere nel più breve tempo le registrazioni casualmente effettuate attraverso la procedura prevista dall'art. 271, comma 3, c.p.p. la quale nel caso di intercettazioni inutilizzabili per ragioni di ordine sostanziale, come quelle oggetto del presente conflitto, deve avvenire sotto il controllo del giudice e con l'esclusione della procedura camerale "partecipata", venendo altrimenti vanificato l'obiettivo di tutela di principi e diritti di rilievo costituzionale. - Sul dovere del giudice di attribuire ad ogni disposizione normativa il significato più aderente alle norme costituzionali, sollevando questione di costituzionalità solo laddove ciò non sia possibile v. cit. sent. n. 356 del 1996. - Sul necessario fondamento costituzionale delle prerogative costituzionali e sulla impossibilità per il legislatore ordinario di ampliare tali previsioni, v. citate sent. n. 262 del 2009, n. 24 del 2004, n. 148 del 1983. - Riguardo alla esistenza della c.d. immunità della sede quale applicazione e svolgimento delle norme costituzionali che garantiscono l'indipendenza riconosciuta agli organi costituzionali, v. citata sentenza n, 231 del 1975. - In relazione alla responsabilità del Presidente della Repubblica per il reati extrafunzionali, v. citata, la sentenza n. 154 del 2004. - In relazione alle intercettazioni telefoniche "indirette" si vedano le citate sentenze n. 114 e n. 113 del 2010, n. 390 del 2007, nonché le ordinanze n. 171 del 2011 e n. 263 del 2010. - Riguardo alla procedura regolata dall'art. 269, commi 2 e 3 c.p.p. e alla adozione del rito camerale in contraddittorio da esso previsto per la distruzione della documentazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche, si veda la citata sentenza n. 463 del 1994. - Sulla necessità dell'udienza camerale nel contraddittorio tra le parti per la distruzione di documenti, supporti o atti recanti dati illegittimamente acquisiti inerenti comunicazioni telefoniche o telematiche in ipotesi in cui tali documenti costituiscano corpo del reato, si veda la sentenza cit., n. 173 del 2009.

Parametri costituzionali