Pronuncia 90/2014

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 630 e 637, comma 3, del codice di procedura penale, promosso dalla Corte d'appello di Napoli nel procedimento penale a carico di P.G. con ordinanza del 19 marzo 2013, iscritta al n. 198 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2013. Visti l'atto di costituzione di P.G. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 25 marzo 2014 il Giudice relatore Giuseppe Frigo; uditi l'avvocato Carmine Giovine per P.G. e l'avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 630 e 637, comma 3, del codice di procedura penale sollevata, in riferimento all'art. 24, quarto comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Napoli con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 aprile 2014. F.to: Gaetano SILVESTRI, Presidente Giuseppe FRIGO, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2014. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI

Relatore: Giuseppe Frigo

Data deposito: Thu Apr 10 2014 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: SILVESTRI

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Massime

SENT. 90/14. PROCESSO PENALE - REVISIONE DELLE SENTENZE DI CONDANNA IRREVOCABILI - POSSIBILITÀ DI RIMUOVERE LA SENTENZA IN BASE A "DIVERSA VALUTAZIONE" DELLE PROVE ASSUNTE NEL PRECEDENTE GIUDIZIO ALLORCHÉ LA CONDANNA RISULTI FONDATA SU UN "ERRORE DI FATTO" INCONTROVERTIBILMENTE EMERGENTE DA QUELLE STESSE PROVE - MANCATA PREVISIONE - PETITUM CHE CONIUGA CONCETTI ANTITETICI - INAMMISSIBILITÀ.

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 630 e 637, comma 3, cod. proc. pen., impugnati, in riferimento all'art. 24, quarto comma, Cost., nella parte in cui non consentono la revisione delle sentenze di condanna irrevocabili sulla base della sola diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio, allorché la condanna risulti fondata su un errore di fatto «incontrovertibilmente emergente da quelle stesse prove». Nel formulare il petitum , il rimettente coniuga, infatti, due concetti tra loro antinomici: l'errore di fatto (consistente nella falsa percezione da parte del giudice di quanto emerge in modo incontrovertibile dagli atti del giudizio) e l'errore di valutazione (in cui incorre il giudice nell'attribuire alla realtà processuale, esattamente percepita, una determinata valenza probatoria in luogo di un'altra), il primo dei quali esclude l'altro, e viceversa.

Parametri costituzionali

Processo penale - Revisione delle sentenze di condanna irrevocabili - Possibilità di rimuovere la sentenza in base a "diversa valutazione" delle prove assunte nel precedente giudizio allorché la condanna risulti fondata su un "errore di fatto" incontrovertibilmente emergente da quelle stesse prove - Mancata previsione - Petitum che coniuga concetti antitetici - Questione priva di rilevanza nel giudizio a quo - Inammissibilità.

È inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 630 e 637, comma 3, cod. proc. pen., impugnati, in riferimento all'art. 24, quarto comma, Cost., nella parte in cui non consentono la revisione delle sentenze di condanna irrevocabili sulla base della sola diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio, allorché la condanna risulti fondata su un errore di fatto «incontrovertibilmente emergente da quelle stesse prove». Alla luce del tenore complessivo dell'ordinanza di rimessione appare, infatti, evidente che l'obiettivo cui mira il giudice a quo non sia quello di rendere emendabili tout court , in sede di revisione, gli errori di tipo valutativo - prospettiva nella quale l'infondatezza della questione risulterebbe palese alla luce della ratio della regola enunciata dall'art. 637, comma 1, cod. proc. pen. che è di impedire che possano essere rimessi in discussione gli apprezzamenti del materiale probatorio posto a base delle pronunce di condanna, rimanendo altrimenti svuotato il concetto stesso di giudicato, il quale mira ad assicurare una tutela certa e stabile delle situazioni giuridiche - ma quello di rendere emendabili, tramite lo strumento della revisione, gli errori di fatto che abbiano avuto un'influenza decisiva sulla pronuncia di condanna. Nel caso di specie, tuttavia, l'errore addebitato ai giudici del precedente giudizio non è un errore di fatto (come ritiene il rimettente), ma un errore a carattere valutativo, con conseguente irrilevanza della questione. Ciò a prescindere dalla considerazione che gli errori di fatto sono emendabili (e debbono essere quindi dedotti) tramite i mezzi ordinari di impugnazione e, con specifico riferimento a quelli verificatisi nel giudizio di cassazione, attraverso il ricorso straordinario di cui all'art. 625- bis cod. proc. pen., senza che possa ravvisarsi la necessità costituzionale di consentire la deduzione sine die dei medesimi errori "a valle" del giudicato, tramite l'istituto della revisione.

Parametri costituzionali