Articolo 630 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 90/2014Depositata il 10/04/2014
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 630 e 637, comma 3, cod. proc. pen., impugnati, in riferimento all'art. 24, quarto comma, Cost., nella parte in cui non consentono la revisione delle sentenze di condanna irrevocabili sulla base della sola diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio, allorché la condanna risulti fondata su un errore di fatto «incontrovertibilmente emergente da quelle stesse prove». Nel formulare il petitum , il rimettente coniuga, infatti, due concetti tra loro antinomici: l'errore di fatto (consistente nella falsa percezione da parte del giudice di quanto emerge in modo incontrovertibile dagli atti del giudizio) e l'errore di valutazione (in cui incorre il giudice nell'attribuire alla realtà processuale, esattamente percepita, una determinata valenza probatoria in luogo di un'altra), il primo dei quali esclude l'altro, e viceversa.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 630
- codice di procedura penale-Art. 637, comma 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 90/2014Depositata il 10/04/2014
È inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 630 e 637, comma 3, cod. proc. pen., impugnati, in riferimento all'art. 24, quarto comma, Cost., nella parte in cui non consentono la revisione delle sentenze di condanna irrevocabili sulla base della sola diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio, allorché la condanna risulti fondata su un errore di fatto «incontrovertibilmente emergente da quelle stesse prove». Alla luce del tenore complessivo dell'ordinanza di rimessione appare, infatti, evidente che l'obiettivo cui mira il giudice a quo non sia quello di rendere emendabili tout court , in sede di revisione, gli errori di tipo valutativo - prospettiva nella quale l'infondatezza della questione risulterebbe palese alla luce della ratio della regola enunciata dall'art. 637, comma 1, cod. proc. pen. che è di impedire che possano essere rimessi in discussione gli apprezzamenti del materiale probatorio posto a base delle pronunce di condanna, rimanendo altrimenti svuotato il concetto stesso di giudicato, il quale mira ad assicurare una tutela certa e stabile delle situazioni giuridiche - ma quello di rendere emendabili, tramite lo strumento della revisione, gli errori di fatto che abbiano avuto un'influenza decisiva sulla pronuncia di condanna. Nel caso di specie, tuttavia, l'errore addebitato ai giudici del precedente giudizio non è un errore di fatto (come ritiene il rimettente), ma un errore a carattere valutativo, con conseguente irrilevanza della questione. Ciò a prescindere dalla considerazione che gli errori di fatto sono emendabili (e debbono essere quindi dedotti) tramite i mezzi ordinari di impugnazione e, con specifico riferimento a quelli verificatisi nel giudizio di cassazione, attraverso il ricorso straordinario di cui all'art. 625- bis cod. proc. pen., senza che possa ravvisarsi la necessità costituzionale di consentire la deduzione sine die dei medesimi errori "a valle" del giudicato, tramite l'istituto della revisione.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 630
- codice di procedura penale-Art. 637, comma 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 113/2011Depositata il 07/04/2011
E' ammissibile - poiché non ricorre la preclusione alla riproposizione della questione nel medesimo grado di giudizio - la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione e all'art. 46 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dell'art. 630 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la rinnovazione del processo allorché la sentenza o il decreto penale di condanna siano in contrasto con la sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo, ai sensi dell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Tale questione, pur nell'analogia delle finalità perseguite, è infatti sostanzialmente diversa rispetto a quella sollevata dallo stesso giudice a quo nel medesimo giudizio e dichiarata non fondata con sentenza n. 129 del 2008 di questa Corte. Tale diversità si apprezza in relazione a tutti e tre gli elementi che compongono la questione: l'oggetto è più ampio (essendo sottoposto a scrutinio l'art. 630 cod. proc. pen. nella sua interezza, e non la sola disposizione di cui al comma 1, lett. a ), nuovo è il parametro evocato e differenti sono anche le argomentazioni svolte a sostegno della denuncia di incostituzionalità. - Sulla preclusione alla riproposizione della questione nel medesimo grado di giudizio, volta ad evitare un bis in idem che si risolverebbe nella inammissibile impugnazione della precedente decisione della Corte (art. 137, ultimo comma, Cost.), v. le citate sentenze n. 477 del 2002, n. 225 del 1994 e n. 257 del 1991.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 630
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 46
Pronuncia 113/2011Depositata il 07/04/2011
Le norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) - nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, specificamente istituita per dare a esse interpretazione e applicazione (art. 32, paragrafo 1, della Convenzione) - integrano, quali «norme interposte», il parametro costituzionale espresso dall'art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli «obblighi internazionali». Pertanto, ove si profili un eventuale contrasto fra una norma interna e una norma della CEDU, il giudice comune deve verificare anzitutto la praticabilità di una interpretazione della prima in senso conforme alla Convenzione, avvalendosi di ogni strumento ermeneutico a sua disposizione; e, ove tale verifica dia esito negativo - non potendo a ciò rimediare tramite la semplice non applicazione della norma interna contrastante - egli deve denunciare la rilevata incompatibilità, proponendo questione di legittimità costituzionale in riferimento all'indicato parametro. A sua volta, la Corte costituzionale, investita dello scrutinio, pur non potendo sindacare l'interpretazione della CEDU data dalla Corte europea, resta legittimata a verificare se la norma della Convenzione - la quale si colloca pur sempre a un livello sub-costituzionale - si ponga eventualmente in conflitto con altre norme della Costituzione: ipotesi nella quale dovrà essere esclusa la idoneità della norma convenzionale a integrare il parametro considerato. - Sulla integrazione da parte delle norme della CEDU, quali «norme interposte», dell'art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli «obblighi internazionali», v. le citate sentenze n. 1 del 2011; n. 196, n. 187 e n. 138 del 2010; n. 317 e n. 311 del 2009; n. 39 del 2008; n. 348 e 349 del 2007; mentre per la perdurante validità di tale ricostruzione anche dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, v. la citata sentenza n. 80 del 2011.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 630
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 46
Pronuncia 113/2011Depositata il 07/04/2011
E' costituzionalmente illegittimo, per la violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione e dell'art. 46 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, l'art. 630 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede un diverso caso di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna al fine di conseguire la riapertura del processo, quando ciò sia necessario, ai sensi dell'art. 46, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo. L'obbligo di conformarsi alle sentenze definitive della Corte europea dei diritti dell'uomo, sancito a carico delle Parti contraenti, comporta infatti anche l'impegno degli Stati contraenti a permettere la riapertura dei processi, su richiesta dell'interessato, quante volte essa appaia necessaria ai fini della restitutio in integrum in favore del medesimo, nel caso di violazione delle garanzie riconosciute dalla Convenzione, particolarmente in tema di equo processo. Né può ritenersi contraria a Costituzione - pur nella indubbia rilevanza dei valori della certezza e della stabilità della cosa giudicata -la previsione del venir meno dei relativi effetti preclusivi in presenza di compromissioni di particolare pregnanza, accertate dalla Corte di Strasburgo, delle garanzie attinenti a diritti fondamentali della persona: garanzie che, con particolare riguardo alle previsioni dell'art. 6 della Convenzione, trovano del resto ampio riscontro nel vigente testo dell'art. 111 Cost.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 630
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 46
Pronuncia 129/2008Depositata il 30/04/2008
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen., censurato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui esclude dai casi di revisione l'impossibilità di conciliare i fatti posti a fondamento della sentenza, o del decreto penale di condanna, con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo, ex art. 6 della CEDU. Infatti, non è condivisibile la premessa da cui prende le mosse il rimettente, ossia che siano assimilabili i casi disciplinati dall'articolo censurato - che fa riferimento al contrasto tra i fatti stabiliti da due diverse sentenze - e la situazione in esame, intendendo per "fatto" anche l'accertamento da parte del giudice sopranazionale della invalidità della prova assunta nel processo interno: poiché nella logica codicistica, il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen. non può essere inteso in termini di contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle due decisioni, ma deve essere inteso in termini di oggettiva incompatibilità tra i "fatti" su cui si fondano le diverse sentenze, altrimenti la revisione si trasformerebbe in un improprio strumento di controllo della "correttezza" di giudizi ormai irrevocabilmente conclusi.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 630, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 129/2008Depositata il 30/04/2008
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen., censurato, in riferimento all'art. 10 Cost., nella parte in cui esclude dai casi di revisione l'impossibilità di conciliare i fatti posti a fondamento della sentenza, o del decreto penale di condanna, con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo, ex art. 6 della CEDU. Il rimettente parte dall'assunto secondo cui alcune fra le garanzie fondamentali enunciate dalla CEDU - fra le quali il principio di presunzione di innocenza - coincidono con altrettante norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, che trovano adattamento automatico nell'ordinamento interno; peraltro, premesso che la presunzione di non colpevolezza accompagna lo status del processando ed impedisce sfavorevoli anticipazioni del giudizio di responsabilità ma si dissolve necessariamente allorché il processo è giunto al proprio epilogo, mentre la revisione mira a riparare un ipotetico errore di giudizio alla luce di fatti nuovi e non a rifare un processo iniquo, l'art. 10 Cost. si riferisce alle norme consuetudinarie, e la norma invocata dal rimettente, in quanto pattizia, esula dal suo campo di applicazione e non può avere, rispetto ad esso, funzione integratrice. - Sul fatto che la presunzione di non colpevolezza non si pone in contrasto con l'esigenza di salvaguardare il giudicato v., citate, sentenza n. 413/1999 (recte : ordinanza) , sentenze n. 294/1995 e n. 74/1980, nonché le ordinanze n. 501 e n. 14/2000. - Sull'espressione "norme di diritto internazionale generalmente riconosciute" di cui all'art. 10 Cost., v., citate, da ultimo, sentenze n. 349 e n. 348/2007.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 630, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 129/2008Depositata il 30/04/2008
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen., censurato, in riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost., nella parte in cui esclude dai casi di revisione l'impossibilità di conciliare i fatti posti a fondamento della sentenza, o del decreto penale di condanna, con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo, ex art. 6 della CEDU. Il rimettente ritiene che il principio della finalità rieducativa della pena presupponga istanze etiche che trovano contrappunto in regole processuali non inique: in realtà, se si assegnasse alle regole del giusto processo una funzione strumentale alla rieducazione, si assisterebbe ad una paradossale eterogenesi dei fini, che vanificherebbe la stessa presunzione di non colpevolezza, poiché "giusto processo" e "giusta pena" sono termini di un binomio non confondibili; d'altra parte, se fosse vero l'assunto del giudice a quo, si dovrebbe ipotizzare, come soluzione costituzionalmente imposta, quella di prevedere, sempre e comunque, la revisione in tutti i casi in cui si sia realizzata una invalidità in rito che ne abbia contaminato l'equità e ciò è in contrasto con l'esigenza dello stare decisis che scaturisce dalle preclusioni processuali. - Sulla finalità rieducativa della pena si veda, fra le altre, la sentenza n. 313/1990, citata. - Sulla tematica dei rimedi "revocatori" v., citata, sentenza n. 395/2000.
Parametri costituzionali
Pronuncia 129/2008Depositata il 30/04/2008
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen., censurato, in riferimento agli artt. 3, 10 e 27, terzo comma, Cost., nella parte in cui esclude dai casi di revisione l'impossibilità di conciliare i fatti posti a fondamento della sentenza, o del decreto penale di condanna, con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo, ex art. 6 della CEDU. La questione nasce dall'assenza, nell'ordinamento italiano, di un apposito rimedio destinato ad attuare l'obbligo dello Stato di conformarsi alle sentenze definitive della Corte Edu, nei casi in cui sia stata accertata la violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e sia il Comitato dei Ministri che l'Assemblea del Consiglio d'Europa hanno reiteratamente stigmatizzato l'inerzia dello Stato italiano; la Corte non può quindi esimersi dal rivolgere al legislatore un pressante invito ad adottare i provvedimenti ritenuti più idonei per consentire all'ordinamento di adeguarsi alle sentenze della Corte Edu che abbiano riscontrato, nei processi penali, violazioni dei principi sanciti dall'art. 6 della CEDU.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 630, comma 1
Pronuncia 395/2000Depositata il 28/07/2000
Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Costituzione, degli articoli 629, 630 e seguenti del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevedono e non disciplinano la revisione delle decisioni (penali) della Corte di cassazione per errore di fatto (materiale e meramente percettivo) nella lettura degli atti interni al giudizio"; in quanto le norme denunciate non possono trovare applicazione nel processo 'a quo', non essendo stata in questo formulata richiesta di revisione da nessuno dei soggetti legittimati a proporla ai sensi dell'art. 632 del codice di rito ne' come tale potendo essere interpretata la richiesta di "revoca" che l'istante ha rivolto alla Corte di cassazione nelle forme del procedimento di correzione di errore materiale 'ex' articolo 130, e non nelle forme, ed alla autorita', di cui all'articolo 633 stesso codice. Spetta, peraltro, alla stessa Corte di cassazione, nel compiuto svolgimento della propria funzione di interpretazione adeguatrice del sistema, individuare all'interno di esso, ed eventualmente proprio nell'ambito dell'istituto previsto dal citato art. 130, lo strumento piu' idoneo a porre rimedio all'evidenziato tipo di errore percettivo (a purgare il quale, nel giudizio civile di cassazione, soccorrono ora gli artt. 391-bis e 395 del codice di procedura civile) ed a garantire cosi' il diritto della parte a fruire del controllo di legittimita' e l'effettivita' del giudizio di cassazione. - Sentenze nn. 36/1991, 17/1986 sulla rilevanza dell'errore di fatto percettivo nel giudizio civile di legittimita'; - sentenza n. 129/1995 sulla non apponibilita' di termini alla proponibilita' dell'istanza di correzione di errore materiale; - sentenze nn. 294/1995, 21/1982 e 136/1972 sulla inammissibilita' di richieste che mirino alla introduzione di un mezzo straordinario di impugnazione delle sentenze della Corte di cassazione.
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.