Articolo 585 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 259/2016Depositata il 05/12/2016
Sono dichiarate manifestamente inammissibili - per difetto di rilevanza - le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 548, comma 3, e 585, comma 2, lett. d ), cod. proc. pen., come modificati dagli artt. 10, comma 5, e 11, comma 1, della legge n. 67 del 2014, censurati dal Tribunale ordinario di Prato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., in quanto non prevedono, ai fini della decorrenza dei termini per l'impugnazione, la notifica dell'avviso di deposito della sentenza con il relativo estratto all'imputato dichiarato assente. Il tribunale rimettente, giudice di primo grado, non deve (né spiega perché dovrebbe) fare applicazione delle disposizioni censurate, le quali rientrano nel sistema delle impugnazioni, mirando a rendere effettivo l'esercizio del relativo diritto, sicché è al giudice dell'impugnazione che spetta valutare gli effetti della mancata previsione della notifica dell'avviso sull'esercizio del diritto dell'imputato assente di impugnare la sentenza. Inoltre, la comparizione in udienza dell'imputato dichiarato assente era ancora possibile nella fase processuale in cui l'ordinanza di rimessione è stata pronunciata, e, sotto tale profilo, le questioni appaiono meramente eventuali, e irrilevanti in quanto premature. Sono manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza le questioni aventi ad oggetto norme di cui il rimettente non deve fare applicazione nel giudizio a quo . ( Precedenti citati: sentenze n. 76 del 2016 e n. 36 del 2016; ordinanze n. 92 del 2016 e n. 264 del 2015 ). Sono manifestamente inammissibili per irrilevanza le questioni meramente eventuali o premature. (Precedenti citati: sentenza n. 60 del 2014; ordinanze n. 161 del 2015, n. 96 del 2014, n. 26 del 2012, n. 176 del 2011, n. 363 del 2010 e n. 96 del 2010) .
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 548, comma 3
- legge-Art. 10, comma 5
- codice di procedura penale-Art. 585, comma 2
- legge-Art. 11, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 206/1997Depositata il 27/06/1997
Non e' fondata, con riferimento agli artt. 3 e 112 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 585, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., nella parte in cui prevede, per il pubblico ministero, quale termine per proporre appello avverso le sentenze di non luogo a procedere pronunciate a norma dell'art. 425 stesso codice, quello di (soli) quindici giorni decorrente, nel caso di specie, trattandosi di impugnazione proposta dal procuratore generale, dalla comunicazione della sentenza, alla stregua del disposto dell'art. 585, comma 2, lett. d), cod. proc. pen., in quanto, con riferimento all'art. 112 Cost. - posto che "il potere di appello del p.m. non puo' riportarsi all'obbligo di esercitare l'azione penale come se di tale obbligo esso fosse, nel caso in cui la sentenza di primo grado abbia disatteso in tutto o in parte le regioni dell'accusa, una proiezione necessaria ed ineludibile" (sent. n. 280 del 1995), tanto piu' quando vengano censurate, anziche' l'assenza del potere di impugnazione, le concrete modalita' del suo esercizio - il parametro costituzionale evocato non appare pertinente, anche perche' il risultato divisato dal giudice rimettente, circoscritto, in funzione del parametro medesimo, alla sola impugnazione del p.m., viene a compromettere l'osservanza del principio della parita' delle parti, considerato che pure l'imputato e' legittimato (nei limiti indicati dall'art. 428, comma 1, lett. b), cod, proc. pen.) a proporre appello nei confronti delle sentenze di non luogo a procedere pronunciate a conclusione dell'udienza preliminare; ed in quanto, con riferimento all'art. 3 Cost. ed in relazione alla disciplina delle impugnazioni delle sentenze pronunciate in esito a giudizio abbreviato (assoggettate, secondo "diritto vivente", nonostante siano anch'esse pronunciate a seguito di procedimento in camera di consiglio, al regime dei termini di cui all'art. 585, comma 1, lett. b) e lett. c) - posto che il legislatore del 1988, mosso dalla esigenza di evitare i tempi morti del processo, ha costruito un regime dei termini per l'impugnazione che risulta molto semplificato (tre fasce di termini: quindici, trenta e quarantacinque giorni, stabiliti in relazione ai diversi tipi ed alla diversa struttura dei provvedimenti), nella logica connaturata al sistema del codice vigente che prevede, in aderenza alle nuove modalita' di redazione e pubblicazione della sentenza (artt. 544 e 545 cod. proc. pen.), la concentrazione dell'impugnazione in un unico atto, comprendente sia la dichiarazione sia i motivi - la comparazione tra le due tipologie di sentenza (quella di condanna o di assoluzione pronunciata in esito a giudizio abbreviato e quella di non luogo a procedere pronunciata all'esito dell'udienza preliminare) non puo' certo condurre alla conclusione che la diversita' di regime, quanto ai termini per impugnare, sia priva di ragionevolezza, considerando che la prima, pur se emessa in camera di consiglio e' una sentenza pronunciata in giudizio e contrassegnata (esperiti o rinunciati i mezzi di impugnazione) dall'attributo della irrevocabilita' con conseguente assoggettamento del divieto del 'ne bis in idem', mentre la seconda non e' mai in grado di divenire irrevocabile e, come tale, e' sottratta al detto divieto, restando, invece, designata da un mero effetto preclusivo, rimovibile, alle condizioni di cui all'art. 434 cod. proc. pen., attraverso l'utilizzazione della revoca della sentenza stessa, sicche' e' proprio la diversa natura degli effetti a rendere non irragionevoli le diverse cadenze temporali stabilite dalla legge per i due tipi di sentenze. - S. nn. 81/1991, 280/1995, 71/1996, 94/1997. red.: S. Di Palma
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 585, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 326/1994Depositata il 20/07/1994
Come la Corte costituzionale ha gia' rilevato, secondo la giurisprudenza della Cassazione, costituente ormai sul punto "diritto vivente", in conseguenza della riduzione (da trenta a quindici giorni) del termine - previsto dall'art. 544, secondo comma, cod. proc. pen. - per il deposito dei motivi della sentenza dibattimentale non motivata contestualmente alla pronuncia del dispositivo, operata dall'art. 6 del d.l. n. 60 del 1991 (convertito in legge n. 133 del 1991), pur in mancanza di un coordinamento formale, anche la disposizione dell'art. 548, secondo comma, st. cod. deve intendersi nel senso che l'avviso del deposito dei motivi - che esso disciplina - va comunicato all'imputato presente alla lettura del dispositivo non soltanto quando i motivi siano stati depositati oltre il trentesimo giorno - come e' tuttora scritto nel testo dell'articolo - ma anche quando siano stati depositati fra il quindicesimo e il trentesimo giorno. E poiche', di conseguenza, anche in tale ipotesi, il termine di trenta giorni per l'impugnazione della sentenza, stabilito dall'art. 585 st. cod., decorre dal giorno in cui e' stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito, va respinta la censura di violazione dell'art. 24 e, sotto il profilo della irrazionale disciplina uniforme di situazioni differenti, dell'art. 3 Cost., formulata sul non piu' sussistente presupposto che anche nella fattispecie in questione il termine di trenta giorni per la impugnazione della sentenza dovesse farsi decorrere dal quindicesimo giorno dalla lettura del dispositivo. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 585, secondo comma, lett. c), cod. proc. pen.). - Cfr. Corte costituzionale S. n. 364/1993, e Corte di cassazione, Sez. V, 8 febbraio 1993, e Sez. I, 4 dicembre 1992. red.: S.P.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 585, comma 2
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.