Articolo 441 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
In relazione alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 441 e 441- bis cod. proc. pen., va disattesa l'eccezione di inammissibilità per insufficiente descrizione della fattispecie concreta e difetto di motivazione sulla rilevanza. Dall'ordinanza di rimessione emerge, infatti, che il rimettente è chiamato a svolgere, con rito abbreviato, un processo nei confronti di numerose persone, imputate di vari reati, nel corso del quale il pubblico ministero ha contestato a due degli imputati, sulla base di elementi già risultanti dagli atti, un ulteriore reato connesso ai sensi dell'art. 12, comma 1, lettera b), cod. proc. pen.; iniziativa, questa, che ha incontrato l'opposizione dei difensori, i quali hanno eccepito l'inammissibilità della contestazione suppletiva, non essendo stata nella specie disposta alcuna integrazione probatoria. La rilevanza della questione non viene meno, d'altro canto, per il fatto che il giudice a quo - allo scopo di evitare che nelle more del giudizio di costituzionalità scadessero i termini massimi di custodia cautelare - abbia disposto la separazione del processo relativo al reato oggetto della contestazione suppletiva, la cui ammissibilità resta ancora da stabilire. Infatti, anche dopo la separazione l'esito dello scrutinio di costituzionalità continua a condizionare la sorte dello stesso giudizio principale separato: giacché, se la questione fosse accolta, il rimettente dovrebbe ritenere la contestazione suppletiva validamente effettuata e, quindi, pronunciarsi - sempre nelle forme del giudizio abbreviato - sul merito della stessa nell'ambito di detto processo separato; mentre, in caso contrario, dichiarata inammissibile la nuova contestazione, dovrebbe restituire gli atti al pubblico ministero affinché proceda per il reato connesso nei modi ordinari.
In relazione alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 441 e 441- bis cod. proc. pen., vanno disattese le eccezioni di inammissibilità della difesa erariale relative a singole censure, in quanto attengono, in realtà, a profili di merito.
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 441 e 441- bis cod. proc. pen. Non ricorre, in primo luogo, la prospettata violazione dell'art. 3 Cost., essendo le due ipotesi poste a raffronto - giudizio abbreviato con e senza integrazione probatoria - tra loro non equiparabili ai fini considerati: soltanto nella prima, e non nella seconda, si prospetta l'esigenza di rendere possibile un eventuale adeguamento dell'imputazione a nuove acquisizioni, che il pubblico ministero non aveva potuto in precedenza considerare. D'altro canto, e proprio in tale logica, il vigente assetto normativo consente - se non addirittura impone, anche ad evitare un diverso vulnus costituzionale - di ritenere che, nel caso di integrazione probatoria, la contestazione suppletiva possa derivare solo dalle nuove risultanze di essa, e non anche da quanto era già precedentemente noto alle parti: donde l'insussistenza della stessa ipotizzata esigenza di omologazione, su quest'ultimo versante, della disciplina relativa al giudizio abbreviato rimasto privo di arricchimenti del panorama probatorio. Nessuna violazione dell'art. 112 Cost. appare poi configurabile, per l'assorbente ragione che il pubblico ministero conserva comunque la possibilità di esercitare l'azione penale per il reato connesso, non "tempestivamente" contestato, nei modi ordinari e in un processo separato. Né sussiste lesione dei principi e i connotati del «giusto processo» (art. 111 Cost.) - tantomeno quello della «lealtà processuale delle parti», che il giudice a quo assume insito negli enunciati costituzionali -, in quanto la preclusione in esame risulta anzi coerente con essi, impedendo ad una delle parti di mutare e imporre unilateralmente il tema del giudizio abbreviato. Inconferente è, poi, il riferimento al principio di buon andamento dei pubblici uffici (art. 97 Cost.), trattandosi di principio riferibile all'amministrazione della giustizia solo per quanto attiene all'organizzazione e al funzionamento degli uffici giudiziari e non all'attività giurisdizionale in senso stretto. Infine, non è ravvisabile alcuna violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.), in quanto la disciplina censurata è posta a garanzia dell'imputato; in ogni caso, il diritto di difesa non potrebbe considerarsi compromesso dal mero «aggravio» derivante dallo svolgimento di processi separati per reati in continuazione. Infatti, ciò non impedisce che l'imputato possa esplicare il diritto stesso, con pienezza di garanzie, in tutte le diverse sedi processuali nelle quali vengono esaminati i reati esecutivi del medesimo disegno criminoso, fino ad ottenerne il riconoscimento in sede di esecuzione, nel caso di separate pronunce (art. 671 cod. proc. pen.). Sulle valutazioni dell'imputato in ordine alla convenienza dei riti alternativi al dibattimento, v. citate sentenze n. 333/2009 e n. 265/1994. In senso analogo, sull'art. 97 Cost., v. citate sentenze n. 64/2009 e n. 117/2007, ordinanza n. 408/2008. In senso analogo, sul diritto di difesa, v. citate sentenza n. 64/2009; con riguardo ad altra ipotesi di connessione di procedimenti, sentenza n. 198/1972.
E'manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 438, comma 5, e 441, comma 2, cod. proc. pen., sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., in ragione delle gravi carenze che segnano la descrizione dei fatti avvenuti nel giudizio principale, tali da precludere il necessario controllo della Corte in punto di rilevanza della questione. - Sulla manifesta inammissibilità per mancanza di una descrizione della fattispecie adeguata alla verifica di rilevanza, vedi citata, ordinanza n. 101/2008.
Restituzione degli atti al giudice 'a quo' perché valuti la perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria 'ex' art. 438, comma 5, cod. proc. pen., l?imputato possa rinnovare la richiesta negli atti introduttivi del dibattimento. Infatti, con sentenza n. 169 del 2003 è stata dichiarata l?illegittimità costituzionale dell?art. 438, comma 6, del codice di procedura penale nel senso prospettato dal giudice rimettente. ? Quali precedenti in termini v. le citate ordinanze n. 47/2004, n. 316 e n. 236/2003. ? Cfr. la richiamata sentenza n. 169/2003.
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 441, commi 1 e 4, e 442, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui escludono rispettivamente il diritto della parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato di richiedere la condanna al pagamento delle spese relative all?azione civile e il potere del giudice, in caso di condanna dell?imputato, di statuire in ordine alle stesse. Il giudice rimettente, infatti, afferma in modo del tutto apodittico ed immotivato la rilevanza della questione nel giudizio 'a quo' posto che non risulta in alcun modo dall?ordinanza che la parte civile abbia richiesto, al termine del giudizio abbreviato, una statuizione, da parte del giudice, limitata alle sole spese di costituzione di parte civile.
Restituzione degli atti al giudice 'a quo' perché valuti la perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria 'ex' art. 438, comma 5, cod. proc. pen., l?imputato possa rinnovare la richiesta negli atti introduttivi del dibattimento. Infatti, con sentenza n. 169 del 2003 è stata dichiarata l?illegittimità costituzionale dell?art. 438, comma 6, del codice di procedura penale nel senso prospettato dal giudice rimettente. ? Cfr. la richiamata sentenza n. 169/2003.
Restituzione degli atti al giudice 'a quo' per la valutazione della persistente rilevanza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui non prevedono che il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare rigetta la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria sia suscettibile di sindacato ad opera del giudice del dibattimento. Successivamente all'ordinanza di rimessione, infatti, la Corte ha dichiarato, con sentenza n. 169 del 2003, l'illegittimità costituzionale dell'art. 438, comma 6, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.
Restituzione degli atti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 458, comma 2, 438, 441 e 442 del codice di procedura penale nonché del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che l'imputato possa riproporre prima della dichiarazione di apertura del dibattimento la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria respinta dal giudice per le indagini preliminari e che il giudice, previo esame degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, se ritiene fondata la richiesta, possa procedere a giudizio abbreviato. Successivamente all'ordinanza di rimessione, infatti, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo ? con la sentenza n. 169 del 2003 ? l'art. 458, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. da 74 a 88, da 90 a 95, 154, 187 comma 3, 441, commi 2 e 3, 444, comma 2, 451, comma 3, 491, 505, da 538 a 541, e 543 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 111 della Costituzione, nella parte in cui prevedono "la possibilità di azione civile delle parti private nel processo penale". Infatti il rimettente sottopone a scrutinio trentatré articoli del codice di procedura penale di contenuto eterogeneo - tra cui figurano anche disposizioni che non riguardano affatto la questione - senza che tra esse si ravvisi quella reciproca, intima connessione che sola consente di coinvolgere nello scrutinio un intero complesso normativo. - Sulla possibilità di coinvolgere nello scrutinio di costituzionalità un intero complesso normativo v., da ultimo, sentenza n. 156/2001; ordinanze nn. 81 e 286/2001 qui citate.