Articolo 458 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 438, comma 6, e 458, comma 2, cod. proc. pen., il provvedimento con il quale il Presidente della sezione procedente del Tribunale di Lecce ha disposto la prosecuzione del giudizio a quo nonostante la pendenza dell'incidente di costituzionalità non elide la perdurante rilevanza delle questioni prospettate, che deve essere valutata al momento dell'ordinanza di rimessione. Dall'art. 18 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale si desume un principio generale di autonomia del giudizio incidentale di costituzionalità, che come tale non risente delle vicende di fatto successive all'ordinanza di rimessione; la rilevanza delle questioni deve pertanto essere vagliata ex ante , con riferimento al momento della loro prospettazione, e permane anche nell'ipotesi patologica in cui il giudice procedente - revocando l'ordinanza di sospensione del processo a quo durante lo svolgimento dell'incidente di costituzionalità - abbia successivamente ritenuto di poter decidere a prescindere dalla decisione della Corte costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 84 del 2021 e n. 270 del 2020 ).
Sono dichiarate inammissibili, per erroneità delle premesse interpretative, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Lecce in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost. - degli artt. 438, comma 6, e 458, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che, nel caso in cui il GIP rigetti la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, l'imputato possa tempestivamente, nella fase dedicata alle questioni preliminari, riproporre la richiesta di rito alternativo al giudice del dibattimento, e che questo possa sindacare la decisione del GIP ed ammettere il rito chiesto dall'imputato. Le modifiche apportate alle disposizioni censurate, rispettivamente, dalle leggi n. 33 del 2019 e n. 103 del 2017, hanno lasciato inalterato il loro contenuto precettivo in relazione alle parti non modificate, assicurando così la perdurante efficacia, senza soluzione di continuità, della sentenza n. 169 del 2003. La lacuna denunciata dal rimettente è pertanto insussistente, giacché l'imputato che si sia visto rigettare la richiesta di giudizio abbreviato condizionato - in sede di udienza preliminare, ovvero dopo la notifica del decreto di giudizio immediato - ben può riproporla al giudice del dibattimento prima della dichiarazione di apertura. Una diversa soluzione ermeneutica, del resto, non solo sarebbe incompatibile con gli artt. 3 e 24 Cost., ma si scontrerebbe con l'art. 136 Cost., violando il giudicato costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 169 del 2003 e n. 922 del 1988; ordinanze n. 125 del 2020 e n. 105 del 2020 ).
Sono costituzionalmente illegittimi, per violazione dell'art. 3, comma 1, Cost., l'art. 458 del cod. proc. pen. e l'art. 1, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, nella parte in cui prevedono che, nel processo minorile, nel caso di giudizio abbreviato richiesto dall'imputato in seguito a un decreto di giudizio immediato, la composizione dell'organo giudicante sia quella monocratica del giudice per le indagini preliminari e non quella collegiale prevista dall'art. 50- bis , comma 2, del r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario). Poiché il giudizio abbreviato minorile è sostitutivo sia dell'udienza preliminare, sia del dibattimento, i suoi esiti possono essere i più diversi e tutti richiedono la valutazione del giudice collegiale e degli esperti che lo compongono, al fine di garantire decisioni attente alla personalità del minore e alle sue esigenze formative ed educative. È dunque manifestamente incongruo, anche con riguardo ai valori costituzionali sottesi alla tutela del minore, che sia il giudice monocratico delle indagini preliminari a celebrare il giudizio abbreviato, che di regola è svolto dal giudice collegiale dell'udienza preliminare. Poiché la funzione del primo è uguale a quella svolta dal secondo, la diversa composizione dell'organo giudicante è priva di ragioni che possano giustificare il sacrificio dell'interesse del minore, non potendosi far dipendere la diversità di composizione da mere evenienze processuali e, soprattutto, dalla determinazione discrezionale del pubblico ministero di esercitare l'azione penale con la richiesta di giudizio immediato, anziché con la richiesta di rinvio a giudizio. (Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura). Sull'art. 25 del cod. proc. pen. e sull'irrilevanza di questioni che tendono a rimettere in discussione la competenza attribuita nel caso concreto dalla Cassazione, v. le sentenze nn. 408/2005, 294/1995, 25/1989 e le ordinanze nn. 306/2013 e 222/1997. Sull'art. 31 Cost. quale disposizione che esprime un principio che richiede l'adozione di un sistema di giustizia minorile caratterizzato dalla specializzazione del giudice, dalla prevalente esigenza rieducativa, nonché dalla necessità di valutazioni, da parte dello stesso giudice, fondate su prognosi individualizzate in funzione del recupero del minore, v. le citate sentenze nn. 222/1983 e 143/1996. Sull'interesse del minore nel procedimento penale minorile, adeguatamente tutelato dalla particolare composizione del giudice specializzato (magistrati ed esperti), v. la sentenza n. 310/2008. Sui possibili diversi esiti del giudizio abbreviato, che può essere adottato sia nell'udienza preliminare sia in seguito a un giudizio immediato, v. la citata sentenza n. 125/1995.
Restituzione degli atti al giudice 'a quo' per la valutazione della persistente rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, del codice di procedura penale, come richiamato dall'art. 446, comma 1, dello stesso codice, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui non prevede che anche il termine per chiedere l'applicazione della pena decorra dall'ultima notificazione, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio immediato. Successivamente all'ordinanza di rimessione, infatti, la legge 12 giugno 2003, n. 134 ha introdotto numerose modifiche all'istituto dell'applicazione della pena, prevedendo, all'art. 5, comma 1, anche una specifica disciplina transitoria.
Manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, in quanto non consenta all'imputato, qualora venga rigettata la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, di riproporre richiesta di giudizio abbreviato "allo stato degli atti" ai sensi dell'art. 438, comma 1, del codice di procedura penale, una volta che sia decorso il termine di quindici giorni dalla notifica del decreto che dispone il giudizio immediato, stabilito a pena di decadenza dall'art. 458, comma 1, del codice di procedura penale. La formulazione della norma denunciata non pone, infatti, ostacoli a che l'imputato proponga una richiesta gradata di giudizio abbreviato "semplice" contestualmente a quella di giudizio abbreviato "condizionata", ovvero presenti la richiesta successivamente, prima della scadenza del termine stabilito a pena di decadenza dal comma 1. Né queste possibilità escludono la facoltà dell'imputato, che ritenga imprescindibile l'integrazione probatoria richiesta, di operare la diversa scelta di rinnovare la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria al giudice del dibattimento. - In tema di facoltà di scelta, ai fini dell'accesso al giudizio abbreviato, della strategia processuale più consona ai propri interessi, avvalendosi dell'assistenza della difesa tecnica, citata la sentenza n. 120/2002. - Circa il riconoscimento della possibilità di ottenere dal giudice del dibattimento il riesame nel merito del provvedimento che ha negato l'accesso al giudizio abbreviato con integrazione probatoria, citata la sentenza n. 169/2003.
Restituzione degli atti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 458, comma 2, 438, 441 e 442 del codice di procedura penale nonché del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che l'imputato possa riproporre prima della dichiarazione di apertura del dibattimento la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria respinta dal giudice per le indagini preliminari e che il giudice, previo esame degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, se ritiene fondata la richiesta, possa procedere a giudizio abbreviato. Successivamente all'ordinanza di rimessione, infatti, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo ? con la sentenza n. 169 del 2003 ? l'art. 458, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.
Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 438, comma 6, e 458, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato. Infatti la mancata previsione di un sindacato giurisdizionale sul rigetto della richiesta del rito abbreviato limita irragionevolmente il diritto di difesa, mentre d'altro canto non vi è alcun ostacolo nel quadro normativo vigente e che detta previsione sia introdotta, ed anzi risultando conforme alle finalità di economia processuale che cannotano il giudizio abbreviato quale rito alternativo al dibattimento, e coerente con il principio enunciato dall'art. 111, secondo comma, ultimo periodo, Cost. - Sul giudizio abbreviato, v. citate sent. 23/1992, 54/2002, 115/2001, 66/1990, 183/1990 e 81/1991.
Manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, del codice di procedura penale e del combinato disposto degli artt. 458, comma 1, e 556, comma 1, dello stesso codice, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui tali disposizioni, nel caso in cui venga emesso decreto di giudizio immediato, non consentono all'imputato di formulare richiesta di giudizio abbreviato fino all'apertura del dibattimento di primo grado. Infatti tale disciplina - che appare coerente con i caratteri di celerità e di economia processuale propri del giudizio abbreviato, evitando un'inutile attivazione della fase dibattimentale - non pregiudica l'effettività della difesa e la scelta consapevole del rito da parte dell'imputato, cui giova in ogni caso anche la decorrenza del termine secondo quanto statuito nella decisione di illegittimità costituzionale dello stesso art. 458, comma 1, del codice di procedura penale. - V. sentenza n. 120/2002, cui è fatto diretto richiamo, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, cod. proc. pen.
Restituzione al giudice rimettente degli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 111, terzo comma, della Costituzione, in quanto il termine ivi previsto ai fini della presentazione della richiesta di giudizio abbreviato a seguito della notificazione del decreto di giudizio immediato, sarebbe incongruo rispetto all'esigenza di assicurare all'imputato il tempo necessario per predisporre la difesa. Infatti, successivamente all'ordinanza di rimessione, con la sentenza n. 120 del 2002, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma censurata «nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anziché dall'ultima notificazione, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero della data fissata per il giudizio immediato», e di conseguenza, essendo mutata la disciplina censurata proprio in relazione a un aspetto che attiene all'esercizio del diritto alla difesa tecnica, si impone il riesame della rilevanza della questione.
È costituzionalmente illegittimo l'art. 458, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anziché dall'ultima notificazione, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio immediato. Infatti il diritto di difesa, inteso come effettiva possibilità di ricorrere all'assistenza tecnica del difensore, risulta violato da una disciplina - quale quella censurata - congegnata in maniera tale che il termine stabilito a pena di decadenza per presentare richiesta di giudizio abbreviato può scadere senza che il difensore abbia potuto illustrare al proprio assistito le opzioni difensive rispettivamente collegate al giudizio abbreviato e alla celebrazione del dibattimento. - La questione decisa è sostanzialmente nuova, in quanto si inserisce su di un contesto normativo segnato dalle profonde modifiche apportate alla disciplina del giudizio abbreviato dalla legge n. 479 del 1999 (v. al riguardo citata sentenza n. 115 del 2001). Non soccorrono pertanto le precedenti pronunce sul medesimo comma 1 dell'art. 458 cod. proc. pen. (citate sentenze n. 122/1997, ordinanze nn. 36/1994, 335/1991, 225/1991 e 588/1990). - In tema di difesa tecnica, cfr. citate sentenze n. 80/1984, n. 125/1979, n. 212/1997, n. 216/1996. - Con specifico riguardo al giudizio abbreviato, v. citata ordinanza n. 182/2001. - Con riferimento al termine per dedurre eccezioni di nullità, v. citata sentenza n. 162/1975 e in relazione al termine per proporre richiesta di riesame, decorrente dalla conoscenza del provvedimento da parte dell'imputato, anziché dalla notifica dell'atto al difensore, la citata sentenza n. 80/1984.