Articolo 75 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 75, comma 3, cod. proc. pen., censurato, in riferimento all'art. 103, secondo comma, Cost., nella parte in cui, applicato in conformità all'indirizzo interpretativo delle Sezioni Unite della Corte di cassazione in ordine ai rapporti fra giudizi di competenza del giudice ordinario e quelli devoluti al giudice contabile, comporterebbe la sospensione del processo contabile instaurato dopo la sentenza di primo grado che abbia pronunciato sulla domanda civile proposta dall'amministrazione, deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità per sopravvenuta irrilevanza della questione, essendo ormai passata in giudicato la sentenza penale relativa al medesimo fatto, statuente pure sugli effetti civili, ed essendo, perciò, venuta meno ogni possibilità di sospensione: infatti, sono irrilevanti i successivi sviluppi del giudizio a quo , dopo una valida introduzione del giudizio di costituzionalità.
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 75, comma 3, cod. proc. pen., censurato, in riferimento all'art. 103, secondo comma, Cost., nella parte in cui, applicato in conformità all'indirizzo interpretativo delle Sezioni Unite della Corte di cassazione in ordine ai rapporti fra giudizi di competenza del giudice ordinario e quelli devoluti al giudice contabile, comporterebbe la sospensione del processo contabile instaurato dopo la sentenza di primo grado che abbia pronunciato sulla domanda civile proposta dall'amministrazione, deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità per irrilevanza, perché l'azione di responsabilità erariale sarebbe prescritta: infatti, la questione sulla sospensione del giudizio per pendenza di un processo penale interferente, cui è riferita l'ordinanza di rimessione, è logicamente precedente rispetto a quella relativa alla prescrizione del diritto. - Spetta comunque al giudice rimettente la individuazione dell'ordine logico delle questioni sottoposte al suo giudizio: sul punto v., citata, ex multis , sentenza n. 100/1993.
E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 75, comma 3, cod. proc. pen., censurato, in riferimento all'art. 103, secondo comma, Cost., nella parte in cui, applicato in conformità all'indirizzo interpretativo delle Sezioni Unite della Corte di cassazione in ordine ai rapporti fra giudizi di competenza del giudice ordinario e quelli devoluti al giudice contabile, comporterebbe la sospensione del processo contabile instaurato dopo la sentenza di primo grado che abbia pronunciato sulla domanda civile proposta dall'amministrazione. Infatti, il rimettente, sulla base di una assimilazione del giudizio contabile a quello civile, che fa derivare dal "diritto vivente" della Corte di cassazione, ritiene che il giudizio contabile debba essere sospeso in caso di pronuncia del giudice penale anche sugli effetti civili del reato, ma tale tesi è fondata su un'erronea interpretazione della disposizione censurata, poiché l'art. 75, comma 3, cod. proc. pen. collega l'effetto sospensivo del giudizio civile non alla circostanza che la decisione verta anche sugli effetti civili, ma alla proposizione dell'azione civile, alternativamente, dopo la costituzione di parte civile in sede penale o dopo la sentenza penale di primo grado, indipendentemente dal fatto che statuisca o meno sugli effetti civili. Pertanto il rimettente censura una norma non enucleabile da quella dettata dalla disposizione impugnata e trascura di considerare che non solo non sussiste un "diritto vivente" nel senso della sospensione del processo contabile ma, anzi, sussistono diverse posizioni della Corte dei conti che escludono la riferibilità all'ambito di cognizione della Corte dei conti dell'art. 75 cod. proc. pen..
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. da 74 a 88, da 90 a 95, 154, 187 comma 3, 441, commi 2 e 3, 444, comma 2, 451, comma 3, 491, 505, da 538 a 541, e 543 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 111 della Costituzione, nella parte in cui prevedono "la possibilità di azione civile delle parti private nel processo penale". Infatti il rimettente sottopone a scrutinio trentatré articoli del codice di procedura penale di contenuto eterogeneo - tra cui figurano anche disposizioni che non riguardano affatto la questione - senza che tra esse si ravvisi quella reciproca, intima connessione che sola consente di coinvolgere nello scrutinio un intero complesso normativo. - Sulla possibilità di coinvolgere nello scrutinio di costituzionalità un intero complesso normativo v., da ultimo, sentenza n. 156/2001; ordinanze nn. 81 e 286/2001 qui citate.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 75, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, nella parte in cui tale norma - a differenza di quanto è invece stabilito dall'art. 306 del codice di rito civile in tema di estinzione del processo per rinuncia agli atti del giudizio - non prevede che il trasferimento della azione civile nel processo penale avvenga solo se vi è l'accettazione delle parti costituite, che potrebbero avere interesse alla prosecuzione del giudizio. Infatti la logica sottesa dalla norma del processo civile invocata quale 'tertium comparationis' (e cioè l'esigenza di consentire alla parte non rinunciante di conseguire una pronuncia che accerti l'eventuale infondatezza della domanda proposta nei suoi confronti da chi ha poi formulato la rinuncia), non può valere per l'ipotesi di trasferimento dell'azione civile dalla sede propria a quella penale, posto che in tale evenienza è la stessa azione - e quindi il medesimo "processo" - a proseguire in altra sede: con la conseguenza che l'accertamento di merito sulla fondatezza della domanda viene ad essere compiutamente espletato, addirittura con possibilità difensive maggiori per l'imputato-convenuto. - Sulla garanzia del giudice naturale - impropriamente invocata nel caso di specie - v. citata sentenza n. 152/2001.
E' costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, comma primo, e 24, comma primo, Cost., l'art. 75, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi contenuta non trovi applicazione nel caso di accertato impedimento fisico permanente che non permetta all'imputato di comparire all'udienza, ove questi non consenta che il dibattimento prosegua in sua assenza, in quanto - posto che si palesano forti analogie tra la stasi del processo determinata dalla incapacita' psichica dell'imputato e quella che scaturisce dall'impedimento a comparire dell'imputato, il quale non consenta che il dibattimento prosegua in sua assenza, ambedue le situazioni di paralisi determinano ineluttabilmente la sostanziale sterilizzazione dell'azione civile esercitata nel processo penale; che, nel primo caso, l'art. 71, comma 6, cod. proc. pen. fa salvi i diritti della parte civile, sancendo l'inapplicabilita' dell'art. 75, comma 3, stesso codice e, quindi, consentendo il trasferimento della azione in sede civile senza che il relativo processo venga sospeso; e che una stasi del processo che si accerti di durata indefinita ed indeterminabile non puo' non vulnerare il diritto di azione e di difesa della parte civile - il perturbamento del canone dell'uguaglianza assume nella specie connotazioni di incisivo risalto perche' intimamente correlato ad altro valore costituzionale, quale e' il diritto di agire a tutela dei propri diritti, che nell'ipotesi in esame risulta in egual misura compromesso. - S. n. 330/1994. red.: S. Di Palma