Articolo 442 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 111 Cost., degli artt. 391- octies e 442, comma 1- bis , del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono, nell'ipotesi di deposito del fascicolo delle investigazioni difensive e richiesta di giudizio abbreviato, un termine processuale per il deposito del predetto fascicolo con la facoltà del pubblico ministero di esercitare il diritto alla controprova, con asserita violazione del contraddittorio nella formazione della prova e della «parità delle armi» da assicurare per esso. L'ordinanza di rimessione omette infatti di fornire taluni dati indispensabili per la verifica della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione proposta. Per un verso, essa non riferisce se il pubblico ministero - a seguito della presentazione "a sorpresa" del fascicolo delle investigazioni difensive, della acquisizione di esso da parte del giudice e della immediata richiesta di giudizio abbreviato da parte del difensore munito di procura - abbia in effetti richiesto, senza poterlo ottenere, un termine per ricercare e dedurre prova di segno contrario, sicché il dubbio di costituzionalità è formulato in maniera del tutto astratta e senza peraltro allegare che delle norme impugnate si dovrebbe fare applicazione nella specie per disattendere una richiesta della parte pubblica. Per altro verso, l'ordinanza di rimessione nulla adduce circa i provvedimenti che, nella situazione descritta, sarebbe stato necessario distintamente e consecutivamente adottare: difetto di informazione e di motivazione, questo, incidente non solo sulla rilevanza, ma anche sulla asserita non manifesta infondatezza della questione. Infine, altri profili di inammissibilità attengono all'oggetto della domanda del rimettente, il quale - nel richiedere addizioni alle norme impugnate, con la previsione, da una parte, di un termine per il difensore ai fini della «presentazione degli elementi di prova a favore del proprio assistito nel caso di proposizione [di richiesta] di giudizio abbreviato» e, dall'altra, della facoltà del pubblico ministero «di richiedere l'ammissione di prova contraria» - non specifica né la natura né la durata del termine che si vorrebbe vedere introdotto, né precisa in che punto della sequenza procedimentale esso si dovrebbe collocare, così avanzando un petitum obiettivamente incerto ed incompleto.
In relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 442, comma 1- bis , cod. proc. pen., richiamato dall'art. 556, comma 1, del medesimo codice, va rigettata l'eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza fondata sul rilievo che il giudice a quo avrebbe omesso di indicare se dagli atti di investigazione difensiva "emergessero fatti capaci di determinare in qualche modo, ove creduti, il giudizio sull'imputazione". Un simile giudizio, infatti, attiene al merito della reiudicanda , laddove, invece, la questione investe il profilo preliminare, di ordine processuale, relativo all'utilizzabilità, ai fini della decisione, del material investigativo prodotto dalla difesa
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 442, comma 1- bis , cod. proc. pen., richiamato dall'art. 556, comma 1, del medesimo codice, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo e quarto comma, Cost. Infatti, l'utilizzabilità, nell'ambito del giudizio abbreviato, anche degli atti di investigazione difensiva unilateralmente assunti (compresi quelli a contenuto dichiarativo) non può ritenersi lesiva del principio di parità delle parti, acquisendo valore le investigazioni del difensore solo come effetto della più generale rilevanza probatoria riconosciuta all'indagine preliminare, al pari di quelle del pubblico ministero. La rinunzia generalizzata al contraddittorio nella formazione della prova - espressa dall'imputato con la richiesta di rito abbreviato - non opera soltanto verso i risultati delle indagini del pubblico ministero, ma anche verso quelli delle proprie. Né può configurarsi una disparità di trattamento tra il giudizio ordinario e il giudizio abbreviato, stante la non comparabilità degli istituti processuali posti a raffronto, di natura disomogenea e non assimilabili. Del pari, va esclusa una incoerenza sistematica rispetto al giudizio abbreviato condizionato, che comunque conserva una sua utilità e significato in rapporto agli elementi probatori che l'imputato non abbia potuto o voluto acquisire tramite lo svolgimento delle investigazione difensive. Sul principio del contraddittorio quale "metodo di conoscenza dei fatti oggetto del giudizio", vedi, citata, sentenza n. 32/2002. Sulla dimensione "oggettiva" del contraddittorio, vedi, citata, sentenza n. 440/2000. Sulla correlazione tra profilo oggettivo e soggettivo del contraddittorio, vedi, citata, sentenza n. 117/2007. Sul principio del contraddittorio inteso, nel momento genetico della prova, quale strumento di salvaguardia del rispetto delle prerogative dell'imputato, vedi, citata, sentenza n. 29/2009. Sulle ragionevoli limitazioni del principio di parità delle parti, vedi, citate, tra le molte, sentenze n. 320 e n. 26/2007. Sulla natura "a prova contratta" del rito abbreviato, vedi, citata, ordinanza n. 182/2001.
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 438 e 442, comma 1- bis , del codice di procedura penale, sollevata in riferimento all'art. 111 della Costituzione. La questione, infatti, risulta formulata in termini di alternativa irrisolta tra tre diverse soluzioni - invocando, il giudice a quo, una pronuncia che vieti al difensore di depositare il fascicolo delle investigazioni difensive e di chiedere contestualmente il giudizio abbreviato, ovvero che consenta al giudice, nel caso di richiesta del rito alternativo, di dichiarare inutilizzabili gli atti contenuti nel fascicolo del difensore, o, ancora, che permetta al pubblico ministero, nell'ipotesi considerata, di chiedere l'ammissione della prova contraria - e, dunque, in forma ancipite. - In relazione all'inammissibilità delle questioni poste in forma ancipite v. citate, ex plurimis , ordinanze n. 363/2005, n. 192/2004, n. 299 e n. 128/2003.
Restituzione degli atti al giudice 'a quo' perché valuti la perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria 'ex' art. 438, comma 5, cod. proc. pen., l?imputato possa rinnovare la richiesta negli atti introduttivi del dibattimento. Infatti, con sentenza n. 169 del 2003 è stata dichiarata l?illegittimità costituzionale dell?art. 438, comma 6, del codice di procedura penale nel senso prospettato dal giudice rimettente. ? Quali precedenti in termini v. le citate ordinanze n. 47/2004, n. 316 e n. 236/2003. ? Cfr. la richiamata sentenza n. 169/2003.
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 441, commi 1 e 4, e 442, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui escludono rispettivamente il diritto della parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato di richiedere la condanna al pagamento delle spese relative all?azione civile e il potere del giudice, in caso di condanna dell?imputato, di statuire in ordine alle stesse. Il giudice rimettente, infatti, afferma in modo del tutto apodittico ed immotivato la rilevanza della questione nel giudizio 'a quo' posto che non risulta in alcun modo dall?ordinanza che la parte civile abbia richiesto, al termine del giudizio abbreviato, una statuizione, da parte del giudice, limitata alle sole spese di costituzione di parte civile.
Restituzione degli atti al giudice 'a quo' perché valuti la perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria 'ex' art. 438, comma 5, cod. proc. pen., l?imputato possa rinnovare la richiesta negli atti introduttivi del dibattimento. Infatti, con sentenza n. 169 del 2003 è stata dichiarata l?illegittimità costituzionale dell?art. 438, comma 6, del codice di procedura penale nel senso prospettato dal giudice rimettente. ? Cfr. la richiamata sentenza n. 169/2003.
Restituzione degli atti al giudice 'a quo' per la valutazione della persistente rilevanza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui non prevedono che il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare rigetta la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria sia suscettibile di sindacato ad opera del giudice del dibattimento. Successivamente all'ordinanza di rimessione, infatti, la Corte ha dichiarato, con sentenza n. 169 del 2003, l'illegittimità costituzionale dell'art. 438, comma 6, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.
Restituzione degli atti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 458, comma 2, 438, 441 e 442 del codice di procedura penale nonché del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che l'imputato possa riproporre prima della dichiarazione di apertura del dibattimento la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria respinta dal giudice per le indagini preliminari e che il giudice, previo esame degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, se ritiene fondata la richiesta, possa procedere a giudizio abbreviato. Successivamente all'ordinanza di rimessione, infatti, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo ? con la sentenza n. 169 del 2003 ? l'art. 458, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.
E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non si prevede, sulla falsariga del modulo procedimentale individuato dalla sentenza n. 23 del 1992, il potere del giudice del dibattimento di sindacare il rigetto ingiustificato da parte del giudice per le indagini preliminari della richiesta dell'imputato di giudizio abbreviato subordinata a una integrazione probatoria e, all'esito, di applicare, nella eventualità di condanna, la conseguente riduzione di pena. Infatti a seguito delle innovazioni introdotte dalla legge n. 479 del 1999, il giudizio abbreviato non si fonda più sul consenso delle parti, ma viene instaurato sulla base della mera richiesta dell'imputato e, inoltre, al giudice dell'udienza preliminare è attribuito il potere di assumere, anche d'ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione, sicché il rimettente prospetta, riproponendola acriticamente, una soluzione incongrua rispetto alla nuova disciplina del giudizio abbreviato. - Con riguardo alle situazioni nelle quali l'accesso dell'imputato al giudizio abbreviato era impedito dal dissenso ingiustificato del pubblico ministero, si vedano, oltre alla citata sentenza n. 23/1992, le sentenze n. 66/1990, n. 183/1990 e n. 81/1991.