Articolo 526 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Sono dichiarate inammissibili, per irrisolta alternatività del petitum e per richiesta di improprio avallo interpretativo, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Siracusa in riferimento all'art. 111 Cost. - degli artt. 525, comma 2, 526, comma 1, e 511 cod. proc. pen., se interpretati secondo il diritto vivente nel senso che, ad ogni mutamento della persona fisica di un giudice, la prova possa ritenersi legittimamente assunta solo se i testimoni già sentiti nel dibattimento depongano nuovamente in aula davanti al giudice-persona fisica che deve deliberare sulle medesime circostanze, o se invece ciò debba avvenire solo allorquando non siano violati i principi costituzionali della effettività e della ragionevole durata del processo. Il giudice a quo , nel prospettare, senza farla propria, la possibilità di una diversa lettura delle disposizioni censurate, chiede alla Corte costituzionale, alternativamente, di avallare tale interpretazione attraverso una sentenza di rigetto, ovvero di dichiarare illegittime le disposizioni censurate se interpretate secondo il diritto vivente. In tal modo, egli da un lato formula un petitum in termini di irrisolta alternatività e dall'altro mira a conseguire un avallo alla propria interpretazione asseritamente secundum constitutionem delle disposizioni censurate, il che determina l'inammissibilità delle questioni. ( Precedenti citati: sentenze n. 87 del 2013 e n. 17 del 1994; ordinanze n. 97 del 2017, n. 87 del 2016, n. 33 del 2016, n. 92 del 2015, n. 205 del 2010, n. 318 del 2008, n. 67 del 2007, n. 418 del 2004, n. 73 del 2003, n. 59 del 2002, n. 431 del 2001 e n. 399 del 2001 ).
Nell'ipotesi di ripetizione dell'assunzione della prova testimoniale per il mutamento della persona fisica del giudice nel corso del dibattimento, è formulato l'auspicio che il legislatore adotti rimedi strutturali in grado di ovviare alle incongruità dell'attuale disciplina, così come interpretata dal diritto vivente, in termini tanto di ragionevole durata del processo, quanto di efficiente amministrazione della giustizia penale, assicurando al contempo piena tutela al diritto di difesa dell'imputato. Il che potrebbe avvenire non solo favorendo la concentrazione temporale dei dibattimenti, sì da assicurarne idealmente la conclusione in un'unica udienza o in udienze immediatamente consecutive; ma anche, ove ciò non sia possibile, attraverso la previsione legislativa di ragionevoli deroghe alla regola - desunta dagli artt. 525, comma 2, 526, comma 1, e 511 cod. proc. pen. - dell'identità tra giudice avanti al quale si forma la prova e giudice che decide. ( Precedenti citati: ordinanze n. 205 del 2010, n. 318 del 2008 e n. 67 del 2007 ).
Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., degli artt. 500, 511, comma 2, 511-bis, 514 e 525, comma 2, cod. proc. pen., in quanto, in caso di mutamento della persona fisica del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, impongono, alla stregua dell'interpretazione delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, di disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ove sia richiesta da una delle parti. Premesso, infatti, che, da un lato, il principio di ragionevole durata del processo deve essere contemperato con le esigenze di tutela di altri diritti e interessi costituzionalmente garantiti rilevanti nel processo penale, non prestandosi tale contemperamento, ove risulti, come nel caso di specie, non irragionevolmente realizzato, a censure sul terreno costituzionale, e che, dall?altro, quanto al principio di parità delle parti, quella che chiede la rinnovazione della prova esercita il proprio diritto, garantito dai principî di oralità e immediatezza che connotano il codice di rito, all'assunzione della prova davanti al giudice chiamato a decidere, è erroneo il presupposto interpretativo, dal quale muove una delle ordinanze di remissione, che gli atti assunti dal giudice poi sostituito siano in ogni caso inutilizzabili, anche se divenuti irripetibili, perché non tiene conto di quanto disposto dall'art. 511 cod. proc. pen. in tema di utilizzabilità dei verbali di atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento; quanto, poi, alla minore genuinità della 'nuova' prova in considerazione della perdita dell'«effetto sorpresa» che contraddistingue la prima assunzione, il rimettente sembra non considerare che la prova acquisita davanti al giudice poi sostituito fa legittimamente parte del fascicolo per il dibattimento, ed è quindi anch'essa utilizzabile ai fini della decisione e delle 'contestazioni'. Infine, in ordine all'art. 525, comma 2, cod. proc. pen., che subordinerebbe al consenso delle parti l'utilizzabilità degli atti assunti davanti ad un giudice poi sostituito, diversamente da quanto previsto dall'art. 190-bis cod. proc. pen., la disciplina assunta quale 'tertium comparationis', derogando ai principî di oralità e di immediatezza a cui è ispirato l'ordinamento processuale, oltre a non avere contenuto costituzionalmente vincolato, ha carattere eccezionale e non potrebbe quindi essere estesa oltre i casi espressamente previsti. - Sull?utilizzabilità dei verbali di atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento alla stregua dell?art. 511 cod. proc. pen., vedi sentenza n. 17/1994 e ordinanza n. 399/2001. - Sulla subordinazione al consenso delle parti dell?utilizzabilità degli atti assunti davanti ad un giudice poi sostituito, ai sensi dell?art. 525, comma 2, cod. proc. pen., cfr. ordinanza n. 73/2003.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 511, comma 2, 525 e 526 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, ultimo periodo, della Costituzione, nella parte in cui, secondo l'interpretazione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, non consentono, in caso di mutamento del giudice, la lettura delle dichiarazioni assunte nella precedente istruzione dibattimentale e legittimamente acquisite al fascicolo per il dibattimento, quando l'esame del dichiarante sia stato chiesto anche da una sola delle parti. Infatti la disciplina di cui all'art. 190-bis, cod. proc. pen., come modificato dalla legge 1° marzo 2001, n. 63, assunta dal rimettente a 'tertium comparationis', derogando ai principi di oralità e di immediatezza cui è ispirato l'ordinamento processuale, ha carattere eccezionale e non può essere estesa oltre i casi espressamente previsti. - Questioni sostanzialmente analoghe sono già state dichiarate manifestamente infondate con le citate ordinanze n. 59/2002, n. 431/2001, n. 399/2001.
Restituzione al giudice rimettente degli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 64, 503 e 513 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, nella parte in cui garantisce il diritto al silenzio del coimputato anche rispetto a posizioni altrui e non consente la sua sostanziale equiparazione al testimone, legittimando l'introduzione della contestazione a fini probatori. Infatti successivamente all'ordinanza di rimessione, la legge 1° marzo 2001, n. 63 ha profondamente inciso sulla disciplina del diritto al silenzio e della formazione della prova in dibattimento, in particolare con riferimento alle ipotesi in cui le persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato assumono l'ufficio di testimone, sicché il giudice rimettente deve verificare se la questione sia tuttora rilevante nel giudizio 'a quo'.