Articolo 525 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Sono dichiarate inammissibili, per irrisolta alternatività del petitum e per richiesta di improprio avallo interpretativo, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Siracusa in riferimento all'art. 111 Cost. - degli artt. 525, comma 2, 526, comma 1, e 511 cod. proc. pen., se interpretati secondo il diritto vivente nel senso che, ad ogni mutamento della persona fisica di un giudice, la prova possa ritenersi legittimamente assunta solo se i testimoni già sentiti nel dibattimento depongano nuovamente in aula davanti al giudice-persona fisica che deve deliberare sulle medesime circostanze, o se invece ciò debba avvenire solo allorquando non siano violati i principi costituzionali della effettività e della ragionevole durata del processo. Il giudice a quo , nel prospettare, senza farla propria, la possibilità di una diversa lettura delle disposizioni censurate, chiede alla Corte costituzionale, alternativamente, di avallare tale interpretazione attraverso una sentenza di rigetto, ovvero di dichiarare illegittime le disposizioni censurate se interpretate secondo il diritto vivente. In tal modo, egli da un lato formula un petitum in termini di irrisolta alternatività e dall'altro mira a conseguire un avallo alla propria interpretazione asseritamente secundum constitutionem delle disposizioni censurate, il che determina l'inammissibilità delle questioni. ( Precedenti citati: sentenze n. 87 del 2013 e n. 17 del 1994; ordinanze n. 97 del 2017, n. 87 del 2016, n. 33 del 2016, n. 92 del 2015, n. 205 del 2010, n. 318 del 2008, n. 67 del 2007, n. 418 del 2004, n. 73 del 2003, n. 59 del 2002, n. 431 del 2001 e n. 399 del 2001 ).
Nell'ipotesi di ripetizione dell'assunzione della prova testimoniale per il mutamento della persona fisica del giudice nel corso del dibattimento, è formulato l'auspicio che il legislatore adotti rimedi strutturali in grado di ovviare alle incongruità dell'attuale disciplina, così come interpretata dal diritto vivente, in termini tanto di ragionevole durata del processo, quanto di efficiente amministrazione della giustizia penale, assicurando al contempo piena tutela al diritto di difesa dell'imputato. Il che potrebbe avvenire non solo favorendo la concentrazione temporale dei dibattimenti, sì da assicurarne idealmente la conclusione in un'unica udienza o in udienze immediatamente consecutive; ma anche, ove ciò non sia possibile, attraverso la previsione legislativa di ragionevoli deroghe alla regola - desunta dagli artt. 525, comma 2, 526, comma 1, e 511 cod. proc. pen. - dell'identità tra giudice avanti al quale si forma la prova e giudice che decide. ( Precedenti citati: ordinanze n. 205 del 2010, n. 318 del 2008 e n. 67 del 2007 ).
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 525, comma 2, cod. proc. pen., impugnato, in riferimento agli artt. 3, 101 e 111 Cost., nella parte in cui prevede che alla deliberazione debbano concorrere a pena di nullità assoluta i medesimi giudici che hanno partecipato al dibattimento, non è fondata l'eccezione di inammissibilità della questione, formulata dalla difesa erariale, per insufficiente descrizione della fattispecie e difetto di motivazione sulla rilevanza, poiché la descrizione della vicenda processuale, contenuta nell'ordinanza di rimessione, per quanto assai sintetica, è comunque sufficiente a consentire la verifica positiva della rilevanza. Infatti, un'eventuale pronuncia di incostituzionalità eviterebbe al rimettente di dover accogliere l'istanza della difesa di rinnovazione dell'esame dei testi già escussi davanti al precedente giudice.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 525, comma 2, cod. proc. pen., impugnato, in riferimento agli artt. 3, 101 e 111 Cost., nella parte in cui prevede che alla deliberazione debbano concorrere a pena di nullità assoluta i medesimi giudici che hanno partecipato al dibattimento. Premesso che il rimettente si duole, invero, della disciplina delle modalità di rinnovazione del dibattimento dopo il mutamento della persona fisica del giudice, che, nell'interpretazione accolta dalla Cassazione a sezioni unite, impone al nuovo giudice di procedere alla riassunzione della prova dichiarativa ove una parte ne faccia richiesta e sempre che l'atto non risulti impossibile, così escludendo che le prove già acquisite siano legittimamente utilizzabili tramite semplice lettura dei relativi verbali; la norma de qua , nel fissare la regola dell'immutabilità del giudice, attua il principio di immediatezza che postula la tendenziale identità tra il giudice che assume le prove e il giudice che decide. In tale ottica, non vi è alcuna irrazionalità nella denunciata disciplina, poiché la parte che chiede la rinnovazione dell'esame del dichiarante esercita il proprio diritto, garantito dal principio di immediatezza, all'assunzione della prova davanti al giudice chiamato a decidere. Né sussiste la dedotta disparità di trattamento rispetto alle ritenute fattispecie similari di cui agli artt. 26, 33- nonies , 42, comma 2, e 238 cod. proc. pen. - concernenti, rispettivamente, l'inosservanza delle disposizioni sulla competenza e sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale, l'astensione e la ricusazione del giudice e l'acquisizione dei verbali di prove provenienti da altro procedimento - nelle quali la conservazione dell'efficacia di prove già acquisite non impedisce, di norma, l'operatività delle regole generali in caso di mutamento del giudice, ivi compresa quella censurata. Del tutto incongrue, poi, sono le argomentazioni a sostegno della prospettata violazione dell'art. 101 Cost., ove non si legge affatto, come vuole il rimettente, che «tutti i giudici sono uguali dinanzi alla legge», ma che i giudici «sono soggetti soltanto alla legge»: principio che non risulta minimamente scalfito dall'applicabilità della disciplina in questione, volta alla tutela del diverso valore dell'immediatezza. Infine, l'asserito contrasto con l'art. 111 Cost. è escluso dal rilievo che il principio di ragionevole durata del processo deve essere contemperato con il complesso delle altre garanzie costituzionali del processo penale, la cui attuazione positiva è insindacabile, ove frutto, come nella specie, di scelte non prive di una valida giustificazione. La ratio della rinnovazione della prova dichiarativa - garantita all'imputato dall'art. 111, terzo comma, Cost. - si fonda sull'opportunità di mantenere un rapporto diretto tra giudice e prova, non assicurato dalla mera lettura dei verbali: vale a dire la diretta percezione, da parte del giudice deliberante, della prova nel momento della sua formazione, così da poterne cogliere tutti i connotati espressivi, anche non verbali, prodotti dal metodo dialettico dell'esame e del controesame, che possono rivelarsi utili nel giudizio di attendibilità del risultato probatorio. La regola del riesame del dichiarante, in presenza di una richiesta di parte, costituisce uno dei profili del diritto alla prova, strumento necessario del diritto di azione e di difesa, e, in pari tempo, uno degli aspetti essenziali del modello processuale accusatorio, espresso dal vigente codice di rito, la cui osservanza è ragionevolmente presidiata dalla nullità assoluta, massima sanzione processuale. Nel senso che, in caso di sostituzione del giudice in corso di dibattimento, la lettura del verbale del precedente esame testimoniale è legittima solo dopo nuovo esame del teste, salvo che questo non abbia luogo, v. le seguenti citate decisioni: ordinanza n. 99/1996 e sentenza n. 17/1994. Per la manifesta infondatezza di analoghe questioni, v. le citate ordinanze n. 318/2008, n. 67/2007, n. 418/2004, n. 73/2003, n. 59/2002, n. 431/2001 e n. 399/2001. Sul diritto della parte all'assunzione della prova davanti al giudice chiamato a decidere, v. le citate ordinanze n. 318/2008, n. 67/2007 e n. 418/2004. Sull'erroneo richiamo, quale tertium comparationis , dell'art. 238 cod. proc. pen., in tema di acquisizione dei verbali di prove provenienti da altro procedimento, il quale non consente affatto - in presenza della richiesta di nuovo esame avanzata da una delle parti - di utilizzare mediante lettura le precedenti dichiarazioni assunte da diverso giudice, v. le citate ordinanze n. 59/2002, n. 431/2001 e n. 399/2001. Sull'applicabilità delle regole valevoli in via generale in caso di mutamento del giudice, ove vi sia stata inosservanza delle disposizioni sulla competenza o sulla composizione monocratica o collegiale del tribunale, v. la citata ordinanza n. 67/2007. Sul principio di soggezione dei giudici soltanto alla legge, v. la citata ordinanza n. 399/2001. Sulla necessità costituzionalmente imposta che il principio di ragionevole durata del processo sia contemperato con il complesso delle altre garanzie costituzionali rilevanti nel processo penale, v. le citate ordinanze n. 318/2008, n. 67/2007, n. 418/2004 e n. 399/2001. Sulla possibilità, per il legislatore, di introdurre presidi normativi volti a prevenire il possibile uso strumentale e dilatorio del diritto della parte ad una nuova audizione del dichiarante, v. le citate ordinanze n. 318/2008 e n. 67/2007.
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 511, 514 e 525, comma 2, cod. proc. pen., censurati, in riferimento agli artt. 3, 25, 101 e 111 Cost., nella parte in cui, secondo l'interpretazione delle sezioni unite della Corte di cassazione, non prevedono che "nel caso di mutamento totale o parziale del giudicante, le dichiarazioni assunte nella precedente istruzione dibattimentale, quando l'esame del dichiarante possa avere luogo e sia stato chiesto da una delle parti, siano utilizzabili per la decisione mediante semplice lettura, dopo l'applicazione degli artt. 190 e 190- bis cod. proc. pen.". Identica questione è stata già dichiarata manifestamente infondata e non vengono aggiunti profili nuovi o diversi di censura. - Sulla medesima questione, v., citata, ordinanza n. 67/2007. - V., citata, sentenza Corte di cassazione, Sezioni unite, 15 gennaio 1999, n. 2. - Sulla discrezionalità legislativa nel definire la disciplina del processo, v., citate, ex plurimis , sentenze n. 379/2005 e n. 180/2004; ordinanze n. 389 e n. 215/2005 e n. 265/2004. - Sui principi di immediatezza e di non dispersione dei mezzi di prova v., citate, ordinanze n. 418/2004 e n. 399/2001. - Sul principio della ragionevole durata del processo e la necessità che vada contemperato con il complesso delle altre garanzie costituzionali rilevanti nel processo penale, v. citate, ordinanze n. 418/2004 e n. 399/2001. - Sulla non invocabilità quale tertium comparationis della previsione dell'art. 190- bis cod. proc. pen., v., citate, ordinanze n. 418/2004 e n. 73/2003.
Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 511, 514 e 525, comma 2, cod. proc. pen., censurati, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 27, 101 e 111 Cost., nella parte in cui, secondo l'interpretazione delle sezioni unite della Corte di cassazione, non prevedono che, nel caso di mutamento totale o parziale dell'organo giudicante, le dichiarazioni assunte innanzi a giudice diverso siano utilizzabili per la decisione mediante lettura a prescindere dal consenso o dal dissenso delle parti. La disciplina censurata non può, in primis , essere considerata manifestamente irrazionale ed arbitraria, in quanto deve essere correlata al principio di immediatezza, che postula l'identità fra il giudice che acquisisce le prove e quello che decide; inoltre, non determina una lesione del principio di non dispersione dei mezzi di prova, in quanto in nessun caso la prova dichiarativa precedentemente assunta va dispersa, essendo sempre possibile acquisirla tramite lettura del relativo verbale, con l'unica differenza che, qualora l'esame del dichiarante sia possibile e sia stato richiesto, la lettura dovrà seguire tale esame. Deve escludersi, altresì, la violazione sia del principio di ragionevole durata del processo, che va contemperato, secondo il canone della ragionevolezza, con il complesso delle altre garanzie costituzionali rilevanti nel processo penale, sia del principio di eguaglianza, poiché le fattispecie richiamate dai rimettenti non possono essere utilmente invocate quali tertia comparationis . - V., citata, sentenza Corte di cassazione, Sezioni unite, 15 gennaio 1999, n. 2. - Sul fatto che i verbali delle prove assunte da giudice poi sostituito confluiscono nel fascicolo per il dibattimento v., citate, sentenza n. 17/1994 e ordinanza n. 99/1996. - Sulla discrezionalità legislativa nel definire la disciplina del processo, v., citate, ex plurimis , sentenze n. 379/2005 e n. 180/2004; ordinanze n. 389 e n. 215/2005 e n. 265/2004. - Sui principi di immediatezza e di non dispersione dei mezzi di prova v., citate, ordinanze n. 418/2004; n. 431 e n. 399/2001. - Sulla non invocabilità quale tertium comparationis della previsione dell'art. 190- bis cod. proc. pen., v., citate, ordinanze n. 418/2004 e n. 73/2003.
E? manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 111 Cost., degli artt. 511, comma 2, 525 e 526 cod. proc. pen., per la lamentata irragionevole diversità del regime della ripetizione delle prove orali già assunte nell'ipotesi di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale rispetto alla disciplina dei casi previsti dall'art. 190-bis cod. proc. pen., nonché per contrasto con il principio di ragionevole durata del processo, in quanto l?ordinanza di rimessione è del tutto priva della descrizione della fattispecie oggetto del giudizio 'a quo' e non contiene alcuna motivazione in ordine alla rilevanza.
Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., degli artt. 500, 511, comma 2, 511-bis, 514 e 525, comma 2, cod. proc. pen., in quanto, in caso di mutamento della persona fisica del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, impongono, alla stregua dell'interpretazione delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, di disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ove sia richiesta da una delle parti. Premesso, infatti, che, da un lato, il principio di ragionevole durata del processo deve essere contemperato con le esigenze di tutela di altri diritti e interessi costituzionalmente garantiti rilevanti nel processo penale, non prestandosi tale contemperamento, ove risulti, come nel caso di specie, non irragionevolmente realizzato, a censure sul terreno costituzionale, e che, dall?altro, quanto al principio di parità delle parti, quella che chiede la rinnovazione della prova esercita il proprio diritto, garantito dai principî di oralità e immediatezza che connotano il codice di rito, all'assunzione della prova davanti al giudice chiamato a decidere, è erroneo il presupposto interpretativo, dal quale muove una delle ordinanze di remissione, che gli atti assunti dal giudice poi sostituito siano in ogni caso inutilizzabili, anche se divenuti irripetibili, perché non tiene conto di quanto disposto dall'art. 511 cod. proc. pen. in tema di utilizzabilità dei verbali di atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento; quanto, poi, alla minore genuinità della 'nuova' prova in considerazione della perdita dell'«effetto sorpresa» che contraddistingue la prima assunzione, il rimettente sembra non considerare che la prova acquisita davanti al giudice poi sostituito fa legittimamente parte del fascicolo per il dibattimento, ed è quindi anch'essa utilizzabile ai fini della decisione e delle 'contestazioni'. Infine, in ordine all'art. 525, comma 2, cod. proc. pen., che subordinerebbe al consenso delle parti l'utilizzabilità degli atti assunti davanti ad un giudice poi sostituito, diversamente da quanto previsto dall'art. 190-bis cod. proc. pen., la disciplina assunta quale 'tertium comparationis', derogando ai principî di oralità e di immediatezza a cui è ispirato l'ordinamento processuale, oltre a non avere contenuto costituzionalmente vincolato, ha carattere eccezionale e non potrebbe quindi essere estesa oltre i casi espressamente previsti. - Sull?utilizzabilità dei verbali di atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento alla stregua dell?art. 511 cod. proc. pen., vedi sentenza n. 17/1994 e ordinanza n. 399/2001. - Sulla subordinazione al consenso delle parti dell?utilizzabilità degli atti assunti davanti ad un giudice poi sostituito, ai sensi dell?art. 525, comma 2, cod. proc. pen., cfr. ordinanza n. 73/2003.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 511, comma 2, 525 e 526 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, ultimo periodo, della Costituzione, nella parte in cui, secondo l'interpretazione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, non consentono, in caso di mutamento del giudice, la lettura delle dichiarazioni assunte nella precedente istruzione dibattimentale e legittimamente acquisite al fascicolo per il dibattimento, quando l'esame del dichiarante sia stato chiesto anche da una sola delle parti. Infatti la disciplina di cui all'art. 190-bis, cod. proc. pen., come modificato dalla legge 1° marzo 2001, n. 63, assunta dal rimettente a 'tertium comparationis', derogando ai principi di oralità e di immediatezza cui è ispirato l'ordinamento processuale, ha carattere eccezionale e non può essere estesa oltre i casi espressamente previsti. - Questioni sostanzialmente analoghe sono già state dichiarate manifestamente infondate con le citate ordinanze n. 59/2002, n. 431/2001, n. 399/2001.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 238, 511, 511-bis, 514 e 525 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 97, 101 e 111 della Costituzione, nella parte in cui in caso di rinnovazione del dibattimento per essere il giudice persona fisica diversa da quella davanti alla quale si era svolta l'istruttoria dibattimentale, non consente la lettura degli atti dibattimentali assunti ma impone di disporre la rinnovazione dell'esame dei testimoni quando questo possa aver luogo e sia stato richiesto da una delle parti. Infatti analoghe questioni sollevate in riferimento agli stessi parametri e sulla base di argomentazioni sostanzialmente coincidenti sono già state dichiarate manifestamente infondate e non sussiste motivo di discostarsi dalle considerazioni e dalle conclusioni raggiunte. - V. ordinanze n. 399/2001 e n. 431/2001.