Pronuncia 215/2002
Sentenza
Collegio
composta dai signori: Presidente: Cesare RUPERTO; Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE,
Epigrafe
ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 64, 503 e 513 del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, con ordinanza del Tribunale di Nocera Inferiore in data 11 gennaio 2001, iscritta al n. 704 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2001. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 10 aprile 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che con ordinanza in data 11 gennaio 2001 il Tribunale di Nocera Inferiore ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 64, 503 e 513 del codice di procedura penale, «nella parte in cui garantisce il diritto al silenzio del coimputato anche rispetto a posizioni altrui e non consente la sua sostanziale equiparazione al testimone, legittimando l'introduzione della contestazione a fini probatori»; che il rimettente premette che nel corso dell'istruzione dibattimentale sono state acquisite dichiarazioni rese nella fase delle indagini da uno degli imputati che aveva poi rifiutato in dibattimento di sottoporsi ad esame; che per effetto delle norme censurate tali dichiarazioni, che costituiscono «elemento fondamentale [&] ai fini dell'individuazione delle responsabilità non soltanto dello stesso [dichiarante], ma anche dei coimputati», non possono essere utilizzate nei confronti degli altri imputati; che a parere del rimettente tale preclusione violerebbe l'art. 111 Cost., il quale garantisce «non tanto e non soltanto» il diritto di difesa, già tutelato dall'art. 24 Cost., ma il metodo dialettico nella formazione della prova, quale strumento per l'accertamento della verità, di modo che appare incompatibile con il precetto costituzionale una disciplina processuale che limita la realizzazione del contraddittorio senza una giustificazione di «rango costituzionale»; che sarebbe altresì violato l'art. 3 Cost., per l'irragionevole disparità di trattamento dell'imputato, cui è consentito «di tacere anche su aspetti della vicenda processuale che non lo riguardano personalmente», nonostante le sue dichiarazioni erga alios siano sostanzialmente indistinguibili dalle dichiarazioni testimoniali, rispetto al teste, cui è imposto sempre l'obbligo di rispondere secondo verità; che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che gli atti siano restituiti al giudice a quo a causa delle profonde modifiche recate al quadro normativo di riferimento dalla legge 1° marzo 2001, n. 63, successiva all'ordinanza di rimessione. Considerato che la questione di legittimità costituzionale sollevata concerne il diritto al silenzio riconosciuto all'imputato che abbia in precedenza reso dichiarazioni eteroaccusatorie e il regime della acquisizione e della utilizzazione in dibattimento di tali dichiarazioni; che successivamente all'ordinanza di rimessione la legge 1° marzo 2001, n. 63 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'art. 111 della Costituzione), ha profondamente inciso sulla disciplina del diritto al silenzio e della formazione della prova in dibattimento; in particolare sono stati modificati gli artt. 64, 197, 210, 500, 503, 513 e 526 cod. proc. pen. ed è stato inserito l'art. 197-bis cod. proc. pen., che individua le ipotesi in cui le persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato assumono l'ufficio di testimone; che, essendo mutate le norme censurate e l'intera disciplina di riferimento, gli atti devono essere restituiti al giudice rimettente perché verifichi se la questione sia tuttora rilevante nel giudizio a quo.
Dispositivo
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Nocera Inferiore. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 2002. F.to: Cesare RUPERTO, Presidente Guido NEPPI MODONA, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2002. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA
Relatore: Guido Neppi Modona
Data deposito:
Tipologia: O
Presidente: RUPERTO
Massime
Processo penale - Istruzione dibattimentale - Diritto al silenzio del coimputato che rifiuti l?esame e abbia reso dichiarazioni eteroaccusatorie nel corso delle indagini preliminari - Mancata equiparazione al testimone, con possibilità di contestazione a fini probatori - Prospettata limitazione, priva di giustificazione, del principio del contraddittorio, con disparità di trattamento rispetto alle dichiarazioni rese da testimoni - Sopravvenuta modifica normativa - Restituzione degli atti al giudice rimettente.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 500
- codice di procedura penale-Art. 503
- codice di procedura penale-Art. 197
- legge-Art.
- codice di procedura penale-Art. 503
- codice di procedura penale-Art. 64
- codice di procedura penale-Art. 513
- codice di procedura penale-Art. 64
- codice di procedura penale-Art. 526
- codice di procedura penale-Art. 210
- codice di procedura penale-Art. 513
- codice di procedura penale-Art. 197 BIS