Articolo 495 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Non e' fondata, con riferimento agli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 495, comma 2, cod. proc. pen. (nella parte in cui non consente alla parte civile, ma solo all'imputato ed al P.M., il diritto all'ammissione delle prove indicate a carico dell'imputato sui fatti oggetto della prova a discarico), in quanto: con riferimento all'art. 3, comma primo, Cost., la non equiparabilita' tra parti principali e necessarie del processo penale (P.M. ed imputato) e parte civile, la cui presenza e' solo eventuale, nonche' tra gli interessi di cui ciascuna e' rispettivamente portatrice giustifica il diverso trattamento in ordine all'ammissione delle prove 'ex' art. 495, comma 2; con riferimento all'art. 24, comma secondo, Cost., la disposizione impugnata non preclude affatto alla parte civile di presentare anch'essa le proprie richieste. red.: S. Di Palma
Come gia' ritenuto dalla Corte per l'ipotesi di ammissione di prove richieste per la prima volta nel dibattimento, anche nel caso di richiesta, ai sensi dell'art. 495, terzo comma, cod. proc. pen., di ammissione di prove documentali dalle parti private dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento - diversamente dalla disciplina delle altre prove che devono essere richieste, a pena di inammissibilita', almeno sette giorni prima del dibattimento, ai sensi dell'art. 468, primo comma, cod. proc. pen. -, l'eventuale difficolta', per le altre parti, di esaminare tali prove documentali puo' essere agevolmente superata dalla concessione di un termine da parte del giudice, potendosi senz'altro ravvisare in tal caso una di quelle "ragioni di assoluta necessita'" idonee a giustificare la sospensione del dibattimento ai sensi dell'art. 477, secondo comma, cod. proc. pen.. Oltre che per le peculiari caratteristiche della prova testimoniale, che giustificano una diversa disciplina al riguardo rispetto alla prova documentale, una volta garantito per tutte le parti il diritto alla controprova, e' inconsistente il rilievo circa la disparita' di trattamento che deriverebbe dal fatto che, mentre le parti private conoscono il contenuto del fascicolo del pubblico ministero, questi non puo' conoscere la documentazione in possesso delle parti private, anche perche' la preventiva conoscenza da parte dell'imputato del contenuto del fascicolo del pubblico ministero, lungi dal costituire un privilegio, rappresenta una elementare garanzia dell'esercizio del diritto di difesa. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., degli artt. 468, primo comma, 567, secondo comma, e 495, terzo comma, cod. proc. pen.). - S. n. 203/1992. V. anche la seguente massima B. red.: F.S. rev.: S.P.
La diversa disciplina in ordine ai termini di ammissibilita' della richiesta di prova documentale, possibile anche dopo l'apertura del dibattimento, rispetto a quella relativa alla prova testimoniale, che invece deve richiedersi almeno sette giorni prima del dibattimento, e' giustificata dalle peculiari caratteristiche della prova testimoniale, dovendosi in quest'ultima indicare non solo i nomi dei testi, ma anche le circostanze di fatto prospettate, di modo che la controparte, per difendersi adeguatamente, sia posta in grado di reperire e chiedere la citazione a prova contraria di altri testi. - V. la massima precedente. red.: F.S. rev.: S.P.
Come gia' affermato dalla Corte, spetta all'imputato valutare la convenienza per un rito alternativo o per il dibattimento, onde egli non ha che da addebitare a se' medesimo la conseguenza della propria scelta, ed e' in tale valutazione che egli dovra' considerare l'eventualita' che in dibattimento possano emergere fisiologicamente nuove contestazioni, o, come nel caso, nuove prove. Pertanto la previsione di cui all'art. 495, terzo comma, cod. proc. pen., che consente la richiesta di ammissione di prove documentali dalle parti private dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, non viola l'art. 24, secondo comma, Cost., sotto il profilo della impossibilita' per l'imputato di scegliere un rito alternativo (ad es. patteggiamento) ove, di fronte ad un documento a sorpresa, debba ravvisarne la convenienza. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost., degli artt. 468, primo comma, 567, secondo comma, e 495, terzo comma, cod. proc. pen.). - S. nn. 316/1992, 129/1993. red.: F.S. rev.: S.P.
Manifesta inammissibilita' della questione per la impossibilita', per la Corte, stante la incertezza che si riscontra nella prospettazione del 'thema decidendum' e del 'petitum', di verificarne la rilevanza, nonche' di stabilire quale tipo di intervento le si chiede di operare e quale disciplina, in concreto, dovrebbe risultarne, ed inoltre per la evidente contraddizione in cui il giudice remittente incorre nel lamentare l'obbligo di "ridocumentazione" che le norme impugnate comporterebbero ai fini della prova del reato, laddove, secondo la sua stessa prospettazione, nel fascicolo del dibattimento non e' contenuta alcuna documentazione di accertamenti precedentemente compiuti.