Articolo 567 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Manifesta inammissibilita' della questione, essendo previsti dall'ordinamento mezzi ordinari e sufficienti (artt. 496 e segg. cod. proc. pen.) a compiere, nel caso, il richiesto accertamento, e non avendo il pretore per nulla chiarito, contraddicendo oltretutto l'avviso espresso in un precedente provvedimento, i motivi per cui solo l'esame di tutto il fascicolo del pubblico ministero potrebbe consentirgli di decidere sulla proposta eccezione di nullita'. red.: S.P.
Come gia' ritenuto dalla Corte per l'ipotesi di ammissione di prove richieste per la prima volta nel dibattimento, anche nel caso di richiesta, ai sensi dell'art. 495, terzo comma, cod. proc. pen., di ammissione di prove documentali dalle parti private dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento - diversamente dalla disciplina delle altre prove che devono essere richieste, a pena di inammissibilita', almeno sette giorni prima del dibattimento, ai sensi dell'art. 468, primo comma, cod. proc. pen. -, l'eventuale difficolta', per le altre parti, di esaminare tali prove documentali puo' essere agevolmente superata dalla concessione di un termine da parte del giudice, potendosi senz'altro ravvisare in tal caso una di quelle "ragioni di assoluta necessita'" idonee a giustificare la sospensione del dibattimento ai sensi dell'art. 477, secondo comma, cod. proc. pen.. Oltre che per le peculiari caratteristiche della prova testimoniale, che giustificano una diversa disciplina al riguardo rispetto alla prova documentale, una volta garantito per tutte le parti il diritto alla controprova, e' inconsistente il rilievo circa la disparita' di trattamento che deriverebbe dal fatto che, mentre le parti private conoscono il contenuto del fascicolo del pubblico ministero, questi non puo' conoscere la documentazione in possesso delle parti private, anche perche' la preventiva conoscenza da parte dell'imputato del contenuto del fascicolo del pubblico ministero, lungi dal costituire un privilegio, rappresenta una elementare garanzia dell'esercizio del diritto di difesa. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., degli artt. 468, primo comma, 567, secondo comma, e 495, terzo comma, cod. proc. pen.). - S. n. 203/1992. V. anche la seguente massima B. red.: F.S. rev.: S.P.
La diversa disciplina in ordine ai termini di ammissibilita' della richiesta di prova documentale, possibile anche dopo l'apertura del dibattimento, rispetto a quella relativa alla prova testimoniale, che invece deve richiedersi almeno sette giorni prima del dibattimento, e' giustificata dalle peculiari caratteristiche della prova testimoniale, dovendosi in quest'ultima indicare non solo i nomi dei testi, ma anche le circostanze di fatto prospettate, di modo che la controparte, per difendersi adeguatamente, sia posta in grado di reperire e chiedere la citazione a prova contraria di altri testi. - V. la massima precedente. red.: F.S. rev.: S.P.
Come gia' affermato dalla Corte, spetta all'imputato valutare la convenienza per un rito alternativo o per il dibattimento, onde egli non ha che da addebitare a se' medesimo la conseguenza della propria scelta, ed e' in tale valutazione che egli dovra' considerare l'eventualita' che in dibattimento possano emergere fisiologicamente nuove contestazioni, o, come nel caso, nuove prove. Pertanto la previsione di cui all'art. 495, terzo comma, cod. proc. pen., che consente la richiesta di ammissione di prove documentali dalle parti private dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, non viola l'art. 24, secondo comma, Cost., sotto il profilo della impossibilita' per l'imputato di scegliere un rito alternativo (ad es. patteggiamento) ove, di fronte ad un documento a sorpresa, debba ravvisarne la convenienza. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost., degli artt. 468, primo comma, 567, secondo comma, e 495, terzo comma, cod. proc. pen.). - S. nn. 316/1992, 129/1993. red.: F.S. rev.: S.P.
Per costante giurisprudenza costituzionale, e' compito del giudice rimettente di individuare con esattezza l'oggetto della questione, motivare sulla rilevanza, effettuare la scelta interpretativa e quindi proporre il quesito di costituzionalita' in modo non alternativo. Nella specie, invece, il giudice 'a quo' ha proposto, in via alternativa, le questioni relative alle norme che consentono la verbalizzazione delle attivita' dibattimentali in forma riassuntiva, quando si tratti di atti semplici o di ritenuta limitata rilevanza o quando sussiste il consenso delle parti e la verbalizzazione integrale solo in forma manuale anziche' con mezzi fonografici o similari, nonche' alle disposizioni che comunque non impongono che la verbalizzazione sia integrale per tutti i dibattimenti, avanti qualunque giudice o corte, per qualunque imputazione ed imputato; e che precludono al giudicante di integrare le deposizioni gia' assunte e dalle quali si rilevi, in esito al dibattimento e alla discussione finale, l'imperfetta documentazione manuale. E poiche' non puo' essere lasciato alla Corte costituzionale il compito di individuare la norma (o il complesso di norme) dalla quale, nel caso specifico deriverebbe l'inconveniente lamentato, indicativo del denunciato contrasto con i parametri costituzionali invocati e, cioe', il limite per il giudice del dibattimento (nella specie, il Pretore) circa la possibilita' di integrare la prova pur ritenuta necessaria, le questioni cosi' proposte sono manifestamente inammissibili. (Manifesta inammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 507, 140, primo comma, 567, terzo comma, del codice di procedura penale, e 2, primo comma, numero 8, della legge 16 febbraio 1987 n. 81, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 97 della Costituzione ed in relazione alle direttive nn. 1, 2, 8, 66, 73 e 103 della predetta legge di delega). - Nello stesso senso v. le sent. nn. 638/1988, 1091/1988, 1146/1988, 472/1989, 473/1989, 187/1992.
Manifesta infondatezza della questione per essere stata gia' disattesa dalla Corte in quanto dalla direttiva n. 8 dell'art. 2 della legge di delega si evince la preferenza per la verbalizzazione integrale che non costituisce, pero', una regola assoluta, il che, in relazione alla ricorrenza o meno di certi presupposti, rende legittima, in sede di attuazione della delega, la possibilita' di prevedere, come forme tra loro alternative di verbalizzazione quella integrale o quella riassuntiva. - V., nello stesso senso, la sent. n. 529/90 e le O. nn. 77/91 e 284/92.
Manifesta infondatezza della questione in quanto la censura formulata dal giudice 'a quo' in relazione alla possibile disparita' rispetto ad imputati "con difese piu' agguerrite" ed a imputati giudicabili presso sedi giudiziarie gia' fornite di mezzi automatici di riproduzione, costituisce eventualita' di mero fatto che non puo' trovare ingresso in sede di sindacato di costituzionalita' delle leggi. - Nello stesso senso, v. le ordd. nn. 556/87 e 410/90.
Manifesta infondatezza della questione in quanto la scelta circa il metodo di verbalizzazione non e' rimessa all'arbitrio del giudice che e' invece responsabile del buon andamento del processo affinche' si svolga nel modo piu' rispondente alle sue finalita', anche se gli aspetti meramente ordinatori, come quello 'de quo', sono solitamente insuscettibili di riesame, e d'altra parte il ricorso alla forma riassuntiva, o comunque alla scrittura normale, quando sono indisponibili i mezzi di riproduzione come la stenotipia o da altro strumento meccanico, e' imposto dal principio di indefettibilita' della funzione giurisdizionale che non potrebbe certamente essere impedita o sospesa a causa della materiale indisponibilita' di tali strumenti.
Manifesta infondatezza della questione in quanto, qualora si addivenisse all'accoglimento della questione stante l'obbiettiva perdurante indisponibilita' di mezzi di riproduzione automatica, per non esserne stati ancora dotati gli uffici giudiziari, si verrebbe a paralizzare l'esercizio della funzione giurisdizionale presso quegli uffici che ancora non disponessero di tali strumenti; e cio' sarebbe in palese contrasto con il gia' enunciato principio di indefettibilita' della giurisdizione (v. mass. C) che deve essere comunque esercitata, una volta assicurate sufficienti garanzie di difesa, che sono soddisfatte anche con forme di verbalizzazione diverse da quelle realizzate con mezzi meccanici.
Manifesta inammissibilita' della questione in quanto la censura si e' risolta in una generica doglianza di inefficienza degli uffici giudiziari, a causa della mancata dotazione di mezzi necessari per il loro funzionamento.