Articolo 428 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 33/2010Depositata il 04/02/2010
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 428 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 4 della legge n. 46 del 2006, impugnato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 111, comma secondo, e 112 Cost., nella parte in cui ha soppresso la facoltà del pubblico ministero di proporre appello avverso la sentenza di non luogo a procedere. Identica questione è stata, infatti, già dichiarata non fondata con la sentenza n. 242 del 2009, né risultano addotti argomenti nuovi e diversi rispetto a quelli già precedentemente esaminati. Per la non fondatezza di identica questione, v. la citata sentenza n. 242/2009. Sul principio di parità delle parti nel processo, v. le citate sentenze n. 26/2007, n. 320/2007 e n. 85/2008.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 428
- legge-Art. 4
Parametri costituzionali
Pronuncia 242/2009Depositata il 24/07/2009
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 428 cod.proc.pen., come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, censurato, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 Cost., nella parte in cui non consente al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di non luogo a procedere. Non c'è vulnus al principio di parità delle parti nel processo poiché la sentenza di non luogo a procedere, a differenza di quella di proscioglimento, non è alternativa alla condanna, ma al rinvio a giudizio; inoltre, il potere di appello nei confronti della stessa è stato sottratto ad entrambe le parti ed anche il decreto di rinvio a giudizio non è impugnabile da parte di alcuno. Inoltre, a differenza della sentenza di proscioglimento, la sentenza di non luogo a procedere non è idonea a dispiegare effetti preclusivi irremovibili, anche dopo lo spirare dei termini di impugnazione, visto il potere del pubblico ministero di ottenerne in ogni tempo la revoca quando sopravvengano o si scoprano nuove prove che possono determinare il rinvio a giudizio. Per le stesse ragioni, non è riscontrabile la lamentata disparità di trattamento tra sentenza di non luogo a procedere e proscioglimento, stante l'eterogeneità che le contraddistingue. Insussistente è la violazione dell'art. 3 Cost. anche sotto il profilo della inadeguatezza del rimedio accordato al pubblico ministero (il ricorso per cassazione), posto che la censura in oggetto resta sul piano della mera critica di opportunità, e sotto il profilo della disparità tra procedimenti con udienza preliminare e procedimenti a citazione diretta, dove la domanda di giudizio del pubblico ministero sfocia nell'immediata fissazione dell'udienza dibattimentale, poiché questa differenza di regime è solo la conseguenza del diverso modulo processuale. Non appare violato neppure il principio della ragionevole durata del processo, perché l'effetto negativo indotto dalla eventuale regressione del procedimento appare compensato dalla eliminazione del secondo grado di giudizio. Vanno disattese infine le censure di violazione del principio di obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, dato che il potere di impugnazione del pubblico ministero non costituisce estrinsecazione necessaria dei poteri inerenti all'esercizio dell'azione penale. -V., citate, le sentenze n. 26 e n. 320/2007, che hanno censurato la soppressione del potere di appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento emesse in esito al giudizio ordinario e a quello abbreviato. -Sui poteri del giudice nell'udienza preliminare v., citata, sentenza n. 384/2006. -Sulla eterogeneità della sentenza di non luogo a procedere rispetto a quella di proscioglimento v., citate, ordinanze n. 156 e n.4/2008. -Sulla ragionevole durata del processo v., citate, sentenze n. 64/2009 e n. 298/2008. -Sul fatto che il potere di impugnazione del pubblico ministero non è estrinsecazione necessaria dei poteri inerenti all'esercizio dell'azione penale v., citate, sentenza n. 280/1995 e ordinanze n. 165/2003, n. 347/2002, n. 421/2001 e n. 426/1998; altresì citate sentenze n. 298/2008, n. 26/2007 e n. 206/1997.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 428
- legge-Art. 4
Parametri costituzionali
Pronuncia 156/2008Depositata il 16/05/2008
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 428 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, e degli artt. 4 e 10 della medesima legge n. 46 del 2006, relativamente alla parte in cui non si prevede, per il pubblico ministero, la possibilità di appellare le sentenze di non luogo a procedere, deve escludersi che incidano sul thema decidendum le pronunce - emesse successivamente alle ordinanze di remissione - che hanno dichiarato parzialmente incostituzionale il comma 2 dell'art. 10 della legge 20 febbraio 2006, n. 46. Infatti, tali dichiarazioni sono correlate a quelle di parziale illegittimità costituzionale di disposizioni a regime (artt. 593 e 443, comma 1, cod.proc.pen.) distinte da quelle oggetto di censura da parte dei giudici a quo . - V., citate, sentenze n. 26 e 320/2007.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 428
- legge-Art. 4
- legge-Art. 4
- legge-Art. 10
Parametri costituzionali
Pronuncia 156/2008Depositata il 16/05/2008
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 428 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 e degli artt. 4 e 10 delle medesima legge n. 46 del 2006, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione, relativamente alla parte in cui non si prevede, per il pubblico ministero, la possibilità di appellare le sentenze di non luogo a procedere. I giudici rimettenti hanno censurato le norme in oggetto sul presupposto che la formula sentenza di proscioglimento impiegata nell'art. 10, comma 2, della legge n. 46 del 2006 abbracci anche le sentenze di non luogo a procedere, non prendendo affatto in esame, anche solo per negarne eventualmente la praticabilità, l'opposta prospettiva interpretativa - peraltro prevalente -, secondo cui la formula sentenza di proscioglimento designa, nella sua accezione tecnica, la sentenza liberatoria pronunciata da un giudice chiamato a decidere sul merito: comprendendo, in specie le (sole) sentenze di non doversi procedere e di assoluzione. D'altro canto, con riguardo all'autonoma questione sollevata nei confronti dello stesso art. 10, nella parte in cui (con asserita irrazionale dilatazione dei tempi processuali) estenderebbe la disciplina transitoria anche agli appelli anteriormente proposti contro le sentenze di non luogo a procedere - l'omesso esame della diversa soluzione ermeneutica equivale a mancato adempimento dell'onere, che grava sul giudice rimettente, di verificare preventivamente se la norma censurata sia suscettibile di interpretazioni alternative, atte ad escludere i dubbi di costituzionalità. - Sull'equiparazione tra sentenze di proscioglimento e sentenze di non luogo a procedere, v., citate, ordinanza n. 4/2008 e sentenza n. 381/1992. - Sull'onere per i giudici rimettenti di verificare soluzioni ermeneutiche conformi a Costituzione, v., citate, sentenza n. 192/2007 e ordinanza n. 32/2007.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 428
- legge-Art. 4
- legge-Art. 4
- legge-Art. 10
Parametri costituzionali
Pronuncia 4/2008Depositata il 18/01/2008
Nel giudizio di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione, avente ad oggetto l'art. 428 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui esclude che il pubblico ministero possa proporre appello avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa in esito all'udienza preliminare, nonché l'art. 10 della medesima legge n. 46 del 2006, nella parte in cui stabilisce, con disposizione transitoria, l'inammissibilità dell'«appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dall'imputato o dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della presente legge», non interferiscono con il thema decidendum le dichiarazioni di parziale incostituzionalità del medesimo art. 10, comma 2 - pronunciate successivamente alle ordinanze di rimessione (sentenze n. 26 e n. 320 del 2007) -, in quanto correlate alla dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di altre disposizioni «a regime» (artt. 593 e 443, comma 1, cod. proc. pen., come novellati dalla legge n. 46 del 2006).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 428
- legge-Art. 4
- legge-Art. 10, comma 2
Parametri costituzionali
Pronuncia 4/2008Depositata il 18/01/2008
La questione di legittimità costituzionale dell'art. 428 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, censurato - in riferimento agli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione, per violazione dei principi di parità delle parti, ragionevole durata del processo e obbligatorietà dell'azione penale, nonché del principio di ragionevolezza -, nella parte in cui esclude che il pubblico ministero possa proporre appello avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa in esito all'udienza preliminare, ed in quanto reso applicabile anche all'appello proposto prima dell'entrata in vigore della legge n. 46 del 2006 dalla disposizione transitoria di cui all'art. 10, comma 2, della legge stessa, è manifestamente inammissibile, dal momento che i giudici rimettenti, muovendo dalla premessa che le sentenze di non luogo a procedere sono ricomprese nella formula «sentenza di proscioglimento», adoperata dalla disposizione transitoria, hanno omesso di prendere in esame una diversa soluzione ermeneutica, conforme all'indirizzo prevalente nella giurisprudenza di legittimità, così venendo meno al dovere di verificare preventivamente se la norma sia suscettibile di interpretazioni alternative, atte ad escludere i dubbi di costituzionalità. - V., ex plurimis , sentenza n. 192/2007; ordinanza n. 32/2007.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 428
- legge-Art. 4
Parametri costituzionali
Pronuncia 381/1992Depositata il 29/07/1992
La mancata previsione, nell'art. 428 cod. proc. pen., della facolta', per la persona offesa costituitasi parte civile, di proporre appello avverso le sentenze di non luogo a procedere per il reato di diffamazione commesso con il mezzo della stampa, non comporta violazione della legge di delega. Il legislatore delegante, infatti, pur prestando particolare attenzione alla protezione giuridica dei beni dell'onore e della dignita' della persona, quando sono coinvolti in un processo penale, e attribuendo alla parte civile il potere di appellare le sentenze per l'imputazione di ingiuria o diffamazione (dir. 85), ha circoscritto tale potere, con la citata direttiva, alle sole sentenze "di condanna e di proscioglimento" in senso stretto, senza estenderlo alle sentenze di non luogo a procedere. Come si evince, fra l'altro, sia dalla collocazione della norma dopo la disciplina del giudizio (direttive 68-82) - con chiaro collegamento fra la facolta' di impugnativa e gli epiloghi decisori del giudizio - sia dall'uso, riguardo alle sentenze di proscioglimento, della formula "di non doversi procedere", volutamente diversa da quella di "non luogo a procedere" utilizzabile all'esito dell'udienza preliminare. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 76 Cost. - in relazione alla direttiva n. 85 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 - della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 428 cod. proc. pen., in parte qua). - V. S. n. 68/1991, in seguito alla quale, per effetto della illegittimita' costituzionale, con essa dichiarata, dell'obbligo - gia' previsto dall'art. 233, secondo comma, cod. proc. pen. - di procedere, per i reati di diffamazione commessi con il mezzo della stampa, a giudizio direttissimo, la questione in oggetto e' sorta.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 428
Parametri costituzionali
- legge-Art. 2
- Costituzione-Art. 76
Pronuncia 381/1992Depositata il 29/07/1992
Di fronte al principio di eguaglianza non puo' dirsi arbitraria ne' ingiustificata - riguardo alla facolta' della persona offesa costituita parte civile, nei processi per i reati di ingiuria o diffamazione, di proporre appello - la diversita' di regime fra le sentenze di condanna e di proscioglimento, contro le quali l'appello e' ammesso, e le sentenze di non luogo a procedere, per le quali l'appello e' invece precluso. E cio' sia che tale diversita' di regime sia vista nell'ambito dei giudizi innanzi al tribunale, a seconda che si concludano con gli uni, o con l'altro tipo di pronuncia, sia che venga vista nel confronto fra sentenze di non luogo a procedere pronunciate in tribunale e sentenze (necessariamente di condanna o proscioglimento) pronunciate dal pretore. Atteso che, la sentenza di non luogo a procedere, pronunciabile all'esito dell'udienza preliminare, risponde a criteri processuali e si basa esclusivamente sull'evidenza probatoria, prescindendo dal compiuto esame del merito dell'ipotesi accusatoria, mentre, nei procedimenti innanzi al pretore, l'assenza di un'area di decisioni che sfugga al potere di impugnativa della parte privata non e' un privilegio che il legislatore ha accordato agli imputati delle diffamazioni meno gravi rispetto a quelle commesse con il mezzo della stampa, ma solo una conseguenza del diverso tipo di procedimento che, disegnato con maggior snellezza di forme, consente la citazione dell'imputato in pubblica udienza senza passare attraverso il filtro dell'udienza preliminare. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 3 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 428 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede, per la persona offesa costituita parte civile, la facolta' di proporre appello avverso le sentenze di non luogo a procedere per il reato di diffamazione commesso con il mezzo della stampa). - V. massima precedente.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 428
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.