Articolo 291 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 291 cod. proc. pen., impugnato, in riferimento agli artt. 3, 27, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui - alla luce dell'orientamento espresso da due pronunce della Corte di cassazione, assunto quale "diritto vivente" - «consente al pubblico ministero di presentare a fondamento della richiesta cautelare elementi diversi da quelli utilizzabili dal giudice che procede secondo le disposizioni regolative del procedimento o della fase del procedimento penale di cognizione in corso di svolgimento, e comunque nella parte in cui consente al giudice dibattimentale di utilizzare in funzione decisoria sulla richiesta cautelare elementi diversi da quelli legittimamente acquisiti nel dibattimento». La questione risulta prospettata in termini intrinsecamente contraddittori ed è volta ad ottenere un avallo interpretativo, mediante un utilizzo improprio del giudizio incidentale di legittimità costituzionale. Il giudice a quo, infatti, pur sottoponendo a critica l'indirizzo interpretativo della Corte di cassazione e pur ritenendo ampiamente praticabile una diversa interpretazione della norma censurata, non la adotta in quanto vi sarebbe una «somma probabilità» che il provvedimento su di essa basato venga riformato nei successivi gradi di giurisdizione cautelare. Sulla manifesta inammissibilità della questione per uso improprio dell'incidente di costituzionalità, v., ex plurimis , le ordinanze nn. 161/2015, 205/2014 e 363/2010.
E' manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 291 e 292 cod. proc. pen., sollevata con riferimento agli artt. 24, 111 e 112 Cost.
Non e' fondata, con riferimento agli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 276 cod. proc. pen. - nella parte in cui prevede che, in caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice puo' disporne la sostituzione o il cumulo con altra piu' grave senza dover sentire il difensore sulla richiesta del pubblico ministero - in quanto, in generale, la garanzia della difesa e della parita' fra accusa e difesa comporta che il preventivo contraddittorio tra le ragioni dell'una e dell'altra debba essere garantito anche nel procedimento applicativo di misure cautelari personali coercitive, in tutti i casi in cui esso non contraddica le esigenze della loro concreta esecuzione; ed in quanto, in particolare, nei casi di applicazione iniziale di una misura nuova o di passaggio da una misura meno grave ad una piu' grave, anche a causa della violazione degli obblighi connessi alla misura meno grave, non e' ammissibile la presenza dell'indiziato o dell'imputato nel relativo procedimento, in ragione dell'intrinseca contraddizione che ne deriverebbe rispetto all'esigenza di salvaguardare l'imprevedibilita' della misura medesima, fermo restando che le garanzie della difesa, attraverso l'instaurazione del contraddittorio, sono solo rinviate e possono esplicarsi pienamente con la richiesta di riesame e l'eventuale appello. - S. n. 219/1994. red.: S. Di Palma
Manifesta inammissibilita' della questione, essendo stata la stessa sollevata contestualmente al provvedimento (di sostituzione della misura cautelare) con cui il giudice, avendo definito, senza disporne la sospensione, il procedimento 'de quo', ha esaurito la propria cognizione. red.: S.P.
Manifesta infondatezza della questione in quanto - come gia' rilevato dalla Corte nella decisione di analoga questione - il legislatore delegato, nel dettare la norma oggetto dell'impugnativa, non solo non si e' discostato dalle scelte operate dal legislatore delegante, ma le ha, anzi, coerentemente sviluppate, secondo una linea che, mirando a privilegiare la netta separazione di ruoli tra soggetto richiedente e organo deliberante, indubbiamente consente di prevedere che il 'decisum' sia rigorosamente circoscritto nei confini dal 'petitum'. - Nello stesso senso: S. n. 4/1992.
L'art. 291, comma primo bis, cod. proc. pen., inserito dall'art. 12 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12, dettando una specifica disciplina in merito al procedimento applicativo delle misure cautelari nel corso delle indagini preliminari nel processo a carico di minorenni non produce effetti ulteriori rispetto alla circoscritta sede processuale in cui e' chiamato ad operare, ne' puo' quindi trovare applicazione in giudizi che - come quelli in cui nel caso e' stata sollevata la questione - vertano sull'impugnazione della ordinanza che ha disposto la misura coercitiva. (Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 291, comma primo bis, inserito dall'art. 12, d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 31, 76, 101 e 111 Cost.).
Non puo' sostenersi che l'essere il giudice delle indagini preliminari, tenuto, in forza dell'art. 291, comma primo bis, cod. proc. pen., inserito dall'art. 12 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12, a negare l'erogazione di altra misura cautelare meno grave, anche se la ritenga necessaria, di quella richiesta, nei confronti di imputati minori, dal pubblico ministero, generi irragionevolmente , in contrasto con il principio di eguaglianza, conseguenze identiche per situazioni fra loro divergenti, come quella di chi "abbisogna di misura", rispetto a quella di chi "non ne abbisogna affatto", giacche' cio' accadrebbe ugualmente in tutti i casi in cui il pubblico ministero, malgrado l'esistenza di pericula in libertate, non ritenesse di formulare alcuna richiesta di misura cautelare. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 3, primo e secondo comma, Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 291, comma primo bis, cod. proc. pen., inserito dall'art. 12 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12).
Le misure restrittive, pur se applicate nei procedimenti a carico di minorenni, mantengono inalterata la loro esclusiva funzione cautelare, restando quindi del tutto estranea al tema la possibilita' di un loro impiego con finalita' di "sostegno" che l'ordinamento ha invece espressamente riservato all'intervento di specifici organi amministrativi. Pertanto proprio il voler far assumere alle misure cautelari una funzione educativa o, meglio, "rieducativa" finirebbe ineluttabilmente per porsi in palese contrasto con la Costituzione, risultando per questa via vulnerato il principio di presunzione di non colpevolezza che non ammette graduazioni di sorta in funzione della maggiore o minore eta' degli imputati. (Non fondatezza, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 31, secondo comma, Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 291, comma primo bis, del codice di procedura penale, inserito dall'art. 12 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12).
La disposizione dell'art. 291, comma primo bis, cod. proc. pen., inserito dall'art. 12 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12, per cui il giudice delle indagini preliminari puo' solo applicare la misura cautelare richiesta in via esclusiva dal pubblico ministero, o rimettere in liberta' il minore, non vulnera il principio del contraddittorio, nel senso che il difensore deve limitarsi a chiedere o la remissione in liberta' del suo assistito o riportarsi alle richieste del pubblico ministero, essendo inutile evidenziare l'opportunita' dell'applicazione di altre misure, in quanto alla difesa e' consentito dedurre quanto ritenga necessario od opportuno ai fini dell'esercizio del relativo diritto, restando invece del tutto inconferenti i profili di mero fatto riguardanti il concreto e variabile atteggiarsi di ogni singola "strategia" defensionale. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 24 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 291, comma primo bis, del codice di procedura penale, inserito dall'art. 12 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12).
Quando il pubblico ministero formula al giudice, a norma dell'art. 291, comma primo bis (come introdotto dall'art. 12 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12) richiesta di provvedere esclusivamente in ordine alla misura indicata, traccia i confini del devoluto all'interno del quale il giudice stesso e' chiamato ad operare le proprie scelte secondo gli ordinari parametri delibativi (v. massima C), cosicche' l'onere di motivazione non subisce limiti diversi da quelli propri del tipo di decisione che il giudice deve adottare. Peraltro, ove il giudice ritenesse di dover respingere la richiesta, reputando la misura indicata dal pubblico ministero eccessiva rispetto a quella adeguata al fine di salvaguardare le esigenze cautelari, l'onere di motivazione puo' dirsi soddisfatto quando il giudice concretamente "indichi" nel provvedimento reiettivo quale misura reputi adeguata al caso di specie, cosi' da permettere al pubblico ministero una nuova domanda cautelare alimentata proprio dagli apprezzamenti compiuti dall'organo giurisdizionale. (Non fondatezza, in riferimento agli artt. 13, comma secondo, e 111, comma primo, Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 291, comma primo bis, del codice di procedura penale, inserito dall'art. 12 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12).