Articolo 299 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È dichiarata manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal GUP del Tribunale di Cosenza in riferimento agli artt. 13 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 5, par. 1, CEDU, nonché al «principio di ragionevolezza» - dell'art. 299, comma 3- bis , cod. proc. pen., nella parte in cui, secondo il diritto vivente, nei casi di proscioglimento per infermità psichica dell'imputato in stato di custodia cautelare, impone al giudice di sentire il pubblico ministero ai fini della revoca della misura. Il rimettente deve decidere sulla richiesta del pubblico ministero di revocare l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), disposta dallo stesso giudice a carico di un imputato ai sensi degli artt. 300, comma 2, e 312 cod. proc. pen. contestualmente alla sentenza con la quale, in esito a giudizio abbreviato, lo aveva prosciolto per infermità mentale. Ciò costituisce vicenda distinta - seppur, nel caso di specie, contestuale - rispetto alla declaratoria di perdita di efficacia della custodia cautelare per intervenuto proscioglimento, ai sensi dell'art. 300, comma 1, del medesimo codice.
Sono dichiarate manifestamente inammissibili - per omessa delimitazione del thema decidendum - le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 275, commi 4 e 4-bis, 276, comma 1-ter, e 299, comma 4-ter, cod. proc. pen., nonché dell'art. 42, commi 1 e 2, della legge n. 354 del 1975, censurati dal GIP del Tribunale di Lecce in riferimento agli artt. 3 e 117 Cost., in relazione agli artt. 3, commi 1 e 2, 4 e 6, comma 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo. Nel denunciare la possibilità che dallo stato di detenzione cautelare del genitore derivi pregiudizio alla salute e all'armonico sviluppo del figlio minore, il rimettente solleva - ponendoli in rapporto di alternatività non risolta, anziché di subordinazione logica - due gruppi di questioni relativi a disposizioni del tutto diverse, rispettivamente del codice di procedura penale e dell'ordinamento penitenziario, in vista dell'ottenimento di risultati eterogenei, quali, da un lato, la concessione al genitore degli arresti domiciliari e, dall'altro, il trasferimento del medesimo in un carcere vicino al nucleo familiare, con il risultato di lasciare irrisolta la scelta tra i due diversi rimedi e attribuire impropriamente alla Corte costituzionale l'individuazione dell'oggetto del giudizio di costituzionalità. ( Precedenti citati: sentenze n. 22 del 2016 e n. 248 del 2014; ordinanze n. 46 del 2016, n. 18 del 2016, n. 4 del 2016, n. 207 del 2015 e n. 41 del 2015, sulla inammissibilità di questioni prospettate in rapporto di alternatività irrisolta ).
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 299, commi 3-ter e 4-ter, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il giudice (per le indagini preliminari) chiamato a provvedere sulla richiesta di revoca di una misura cautelare personale, allorché non sia in grado di decidere allo stato degli atti disponibili, possa acquisire informazioni e disporre accertamenti diversi e ulteriori rispetto a quelli indicati dalla disposizione censurata. Infatti, la richiesta di introdurre nuovi e ampi poteri di accertamento liberamente attivabili dal giudice per le indagini preliminari - oltre a porsi in contrasto con l'assetto del sistema processuale vigente, impropriamente assimilando la logica del giudizio cautelare a quella nel merito del processo - risulta una soluzione non costituzionalmente necessitata, in una materia - quale quella delle modalità e dei contenuti del contraddittorio - di spettanza del legislatore nel limite, qui non superato, della ragionevolezza. - V. richiamate sentenze n. 89/1998, n. 4/1992, n. 71/1996 e ordinanze n. 412/1999 e n. 440/1997. M.F.
Non e' fondata, con riferimento agli artt. 3, 24, comma secondo, e 76 Cost., in relazione all'art. 2, n. 59, l. 16 febbraio 1987, n. 81, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 299, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui limiterebbe il potere del giudice di provvedere d'ufficio, nel corso delle indagini preliminari, alla revoca o alla sostituzione delle misure cautelari quando assume l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare, o quando e' richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell'assunzione di incidente probatorio (nella specie, il G.I.P., investito di una richiesta di modifica della misura cautelare degli arresti domiciliari, con la quale l'indagato chiedeva di essere autorizzato ad assentarsi dal domicilio per esigenze di lavoro, aveva accertato che dall'istanza e dalla documentazione ad essa allegata era emersa una situazione che avrebbe imposto la revoca della misura per essere venute meno le esigenze cautelari), in quanto la disposizione impugnata deve essere interpretata, conformemente a Costituzione, nel senso che, se il potere di intervento d'ufficio e' riconosciuto nelle situazioni, tassativamente previste dall'art. 299, comma 3, in cui il G.I.P. risulti investito del procedimento per l'esercizio di poteri attinenti alla sua competenza funzionale, ma estranei alla materia "de libertate" (e cioe': proroga del termine per le indagini preliminari e assunzione dell'incidente probatorio), a maggior ragione si deve ritenere che il giudice sia abilitato ad intervenire "in bonam partem" senza limiti derivanti dallo specifico petitum, quando sia comunque investito della competenza funzionale in materia cautelare da una richiesta dell'imputato; con la precisazione che tale interpretazione non estende le ipotesi, tassativamente previste dalla legge, in cui il giudice e' abilitato a provvedere d'ufficio "de libertate", ma si limita a riconoscere un potere di intervento "pro libertate" quando il giudice e' gia' investito di una domanda cautelare. - S. n. 4/1992; O. nn. 435/1993 e 340/1995. red.: S. Di Palma
E' inammissibile la questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 25, primo comma, Cost., del combinato disposto degli artt. 34, 279 e 299 cod. proc. pen. - nella parte in cui attribuisce la competenza a pronunciarsi sui provvedimenti cautelari concernenti la liberta' personale dell'imputato al giudice del dibattimento, anziche' ad un diverso ed autonomo giudice - in quanto, cosi' come prospettata e indipendentemente da ogni valutazione nel merito, la questione implica o prefigura una molteplicita' di scelte, rimesse al legislatore. Difatti non sarebbe l'unica, ne' sarebbe necessitata, la soluzione adombrata dal tribunale rimettente, di una permanente competenza per le misure coercitive rimessa al giudice per le indagini preliminari, quale giudice piu' idoneo in ragione di una asserita connotazione inquisitoria del giudizio cautelare. - V. massima A. red. G. Leo
Non e' fondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 299 cod. proc. pen., "nella parte in cui", secondo l'interpretazione che il giudice 'a quo' considera diritto vivente, "preclude, nel giudizio di revoca delle misure coercitive, di valutare nuovamente, dopo il decreto di rinvio a giudizio, la persistenza dei gravi indizi di colpevolezza", in quanto - posto che, con sentenza n. 71 del 1996, la Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle norme che, nel riesame o nell'appello in materia di misure cautelari, non prevedono la possibilita' di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza quando sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio - tale decisione si riflette anche sulla revoca e sulla sostituzione delle misure cautelari, non avendo piu' il decreto che dispone il giudizio il valore di una definitiva valutazione dell'esistenza di gravi indizi, tale da fondare la previsione di una probabile condanna. - Cfr., oltre alla sentenza n. 71/1996, citata nella massima che precede, le O. nn. 123/1996, 212/1996 e 314/1996. red.: G. Leo
E' manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 27, comma secondo, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 299 cod. proc. pen. - nella parte in cui prevede che l'imputato di delitto per cui sia preveduta pena edittale minima non inferiore alla durata della custodia cautelare sofferta, nei confronti del quale si sia gia' formato il giudicato sulla colpevolezza, possa chiedere, e che il giudice adito, anche in sede di appello proposto ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen., debba disporre, la revoca o la sostituzione della misura della custodia cautelare per l'accertata carenza o attenuazione delle esigenze prevedute dall'art. 274 cod. proc. pen. - in quanto, all'infuori del giudizio di rinvio, vale il principio, piu' volte espresso dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui non si e' in presenza di una condanna allorche' e' stata accertata soltanto la responsabilita' dell'imputato ma non e' stata ancora applicata la pena relativa; e, pertanto, risulta non corretto il presupposto interpretativo da cui muove il giudice 'a quo'. red.: S. Di Palma
Manifesta inammissibilita', per difetto di rilevanza, della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 299, comma 4- 'ter', cod. proc. pen., sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 101 Cost., con la quale il giudice rimettente lamenta la mancanza di una norma che preveda la possibilita' di integrare, con iniziativa d'ufficio, il materiale probatorio utile ai fini della decisione incidentale in tema di liberta' personale che egli e' chiamato a prendere. Posto che i poteri attribuiti al giudice dalla norma denunziata, non riguardano il merito dell'indagine e del processo, risultando delimitati nel contenuto all'interno del potere acquisitivo 'ex officio', mentre l'incremento dell'ambito applicativo della stessa e' esplicitamente richiesto, con riguardo ad elementi concernenti la valutazione della persistente sussistenza delle esigenze cautelari, deve rilevarsi che la questione non e' sorretta da alcuna indicazione circa la natura o la tipologia degli elementi, la cui mancanza precluderebbe al rimettente una adeguata decisione in luogo dell'alternativa tra accoglimento e reiezione di meri enunciati di parte. La prospettazione dell'ordinanza e' infatti priva di indicazioni circa l'ambito ed il contenuto degli elementi, probatori e informativi, diversi da quelli gia' utilizzabili ovvero forniti dalle parti, che si assumono mancanti e necessari ai fini della valutazione circa le esigenze cautelari, ed e' quindi inidonea a dare ingresso al controllo di costituzionalita' della norma impugnata. - V., da ultimo, S. n. 179/1996 e O. n. 168/1996. red.: A.M. Marini
E' costituzionalmente illegittimo, in via conseguenziale ex art. 27 l. 11 marzo 1953, n. 87, l'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio abbreviato e disporre l'applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice per le indagini preliminari che abbia disposto la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale, in quanto anche in tali casi la pronuncia del giudice ha effetti pregiudicanti, influenti sull'imparzialita' del giudizio di merito, posto che essa comporta una decisione sull'esistenza delle condizioni legittimanti la cautela personale relative all'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273, comma 1) e delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) e, quindi, un'anticipazione, sia pure allo stato degli atti disponibili, della decisione sul merito della causa (vedi massima "A"). red.: S. Di Palma
Non e' fondata, con riferimento agli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 276 cod. proc. pen. - nella parte in cui prevede che, in caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice puo' disporne la sostituzione o il cumulo con altra piu' grave senza dover sentire il difensore sulla richiesta del pubblico ministero - in quanto, in generale, la garanzia della difesa e della parita' fra accusa e difesa comporta che il preventivo contraddittorio tra le ragioni dell'una e dell'altra debba essere garantito anche nel procedimento applicativo di misure cautelari personali coercitive, in tutti i casi in cui esso non contraddica le esigenze della loro concreta esecuzione; ed in quanto, in particolare, nei casi di applicazione iniziale di una misura nuova o di passaggio da una misura meno grave ad una piu' grave, anche a causa della violazione degli obblighi connessi alla misura meno grave, non e' ammissibile la presenza dell'indiziato o dell'imputato nel relativo procedimento, in ragione dell'intrinseca contraddizione che ne deriverebbe rispetto all'esigenza di salvaguardare l'imprevedibilita' della misura medesima, fermo restando che le garanzie della difesa, attraverso l'instaurazione del contraddittorio, sono solo rinviate e possono esplicarsi pienamente con la richiesta di riesame e l'eventuale appello. - S. n. 219/1994. red.: S. Di Palma