Articolo 552 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Sono dichiarate manifestamente inammissibili - per insufficiente descrizione della fattispecie concreta e in particolare di quella processuale - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 552, comma 1, lett. f ), cod. proc. pen., censurato dal Tribunale di Bari, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111 Cost., nella parte in cui non prevede l'avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può formulare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi degli artt. 168-bis e seg. cod. pen. e 464- bis e seg. cod. proc. pen. L'ordinanza di rimessione omette di descrivere i fatti di causa, limitandosi a indicare la disposizione che prevede il reato contestato agli imputati, senza neppure riportare il capo di imputazione; né precisa lo stato in cui si trovava il giudizio a quo - ciò che impedisce il necessario controllo in punto di rilevanza - in quanto non specifica se nell'udienza in cui sono state sollevate le questioni fosse già stata dichiarata l'apertura del dibattimento e se gli imputati avessero manifestato la volontà di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, solo in tal caso configurandosi l'interesse ad eccepire la nullità del decreto di citazione a giudizio che non contenga l'avvertimento relativo a tale facoltà. ( Precedenti citati: ordinanze n. 7 del 2018, n. 210 del 2017 e n. 237 del 2016 ).
Sono dichiarate manifestamente inammissibili - per difetto di motivazione sulla rilevanza - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 552, comma 1, lett. f), cod. proc. pen. censurato dai Tribunali di Spoleto e di Pistoia, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede che all'imputato venga dato avviso anche della facoltà di richiedere tempestivamente la sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464-bis cod. proc. pen. L'ordinanza del Tribunale di Spoleto non contiene alcuna descrizione dei fatti oggetto del giudizio a quo, limitandosi ad indicare, con il solo numero, le disposizioni che prevedono i reati contestati agli imputati. Entrambe le ordinanze, inoltre, non hanno specificato se nell'udienza in cui sono state sollevate le questioni fosse già stata dichiarata l'apertura del dibattimento (circostanza questa che, se sussistente, avrebbe precluso agli imputati la possibilità di chiedere la sospensione) e se gli imputati avessero manifestato la volontà di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, cosicché l'insufficiente descrizione della fattispecie processuale impedisce il necessario controllo in punto di rilevanza. ( Precedenti citati: ordinanze n. 210 del 2017, n. 46 del 2017 e n. 237 del 2016 ).
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 415-bis, comma 3, e 552, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono alcun obbligo del pubblico ministero di compiere gli atti di indagini richiesti dall'indagato, alcun obbligo del pubblico ministero di provvedere con atto motivato in caso di rigetto della richiesta, alcun rimedio contro l'inerzia del pubblico ministero nonché la nullità del decreto di citazione a giudizio che sia nondimeno emesso. La previsione, al denunciato art. 415- bis, di un'ulteriore garanzia per l'indagato appare, infatti, modulata secondo scelte legislative che non incontrano alcun limite in soluzioni costituzionalmente obbligate, quanto a necessità di estensione della garanzia medesima; né l'interrogatorio, quale strumento di garanzia all'apice dell'indagine espletata, ha possibilità di comparazione alcuna con qualsivoglia atto di indagine richiesto dall'indagato. Il diritto di difesa, d'altra parte ? garantito, oltre tutto, nella fase delle indagini preliminari, anche dalla parallela investigazione difensiva ?, è conformato diversamente nelle varie fasi del processo, in ragione della differenza strutturale esistente tra la raccolta degli elementi necessari per la determinazione dell'esercizio dell'azione penale e l'attività di formazione della prova, propria della fase dibattimentale.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 409, comma 5, 415-bis e 552, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 24, 101 e 112 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, nei reati a citazione diretta ? in esito a richiesta di archiviazione, avanzata dal pubblico ministero oltre la scadenza dei termini delle indagini preliminari e non accolta dal giudice ?, il pubblico ministero, a seguito della richiesta di formulazione della imputazione, debba provvedere a tale adempimento senza il previo invio all?indagato dell?avviso di conclusione delle indagini di cui all?art. 415-bis del codice di procedura penale, per l?avvenuta scadenza del termine delle stesse. A differenza, infatti, di quanto erroneamente presupposto dal giudice 'a quo', la lettera della legge è chiara nell?affermare ? come già osservato nell'ordinanza n. 460 del 2002 relativamente ad identica questione sollevata dal medesimo giudice e dichiarata manifestamente infondata ? che l?avviso di cui all?art. 415-bis del codice di rito deve essere notificato all?indagato soltanto nell?ipotesi in cui il pubblico ministero non debba ?formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411?; l?esigenza di assicurare una fase di ?contraddittorio? in ordine alla completezza delle indagini ? cui è preordinato l?avviso in questione ? in tanto si giustifica, infatti, in quanto ?il pubblico ministero intenda coltivare una prospettiva di esercizio dell?azione penale?, trovando, invece, il contraddittorio ? nella diversa ipotesi di esercizio dell?azione penale conseguente all?ordine di formulare l?imputazione a seguito di richiesta di archiviazione non accolta ? necessariamente sede nella udienza in camera di consiglio, che il giudice, in quel caso, è tenuto a fissare.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 409, comma 5, 415-bis e 552, comma 2, del codice di procedura penale, censurato, in riferimento agli artt. 24, 101 e 112 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, nei reati a citazione diretta - in esito a richiesta di archiviazione, avanzata dal pubblico ministero oltre la scadenza dei termini di indagine e non accolta dal giudice delle indagini preliminari - il pubblico ministero, richiesto di formulare dal giudice l'imputazione, debba provvedere a tale adempimento ed alla successiva emissione del decreto che dispone il giudizio senza il previo invio, all'indagato, dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen., per l'avvenuta scadenza del termine delle stesse. La lettera della legge è chiara nell'affermare che l'avviso in questione - la cui funzione è chiaramente quella di assicurare una fase di "contraddittorio" tra indagato e pubblico ministero, in ordine alla completezza delle indagini - deve essere notificato soltanto nell'ipotesi in cui il pubblico ministero non debba «formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli artt. 408 e 411» del codice di rito e cioè quando intenda coltivare una prospettiva di esercizio dell'azione penale che giustifichi detta fase e uno specifico 'ius ad loquendum' dell'indagato. Nella specie, invece, il contraddittorio stesso trova necessariamente sede nella udienza in camera di consiglio che il giudice è tenuto a fissare, per cui, ove la citazione diretta sia imposta dal giudice, va esclusa qualsiasi nullità derivante dal mancato avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis e, conseguentemente, la lesione dei parametri invocati.