Articolo 409 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 409, comma 5, cod. proc. pen., impugnato, in riferimento agli artt. 111 e 112 Cost., nella parte in cui - alla luce dell'interpretazione della giurisprudenza di legittimità, qualificabile secondo il rimettente come «diritto vivente» - prevede che, ove il pubblico ministero ometta di formulare l'imputazione ordinata dal giudice per le indagini preliminari e insista nel chiedere l'archiviazione della notizia di reato, il giudice sia obbligato ad adottare tale provvedimento. Il rimettente eleva al rango di «diritto vivente» un indirizzo interpretativo espresso da due pronunce di sezioni singole della Corte di cassazione, ampiamente divaricate sul piano temporale e in contrasto con il carattere vincolante, in più occasioni affermato anche dalla giurisprudenza costituzionale, delle prescrizioni impartite dal giudice ex art. 409, commi 4 e 5, cod. proc. pen. Inoltre, la questione appare sollevata all'improprio fine di ottenere un avallo interpretativo, in quanto il rimettente ha già fatto applicazione nel procedimento a quo , in relazione a due precedenti richieste di archiviazione, della norma censurata in un'interpretazione diversa dal supposto «diritto vivente» e ritenuta «costituzionalmente orientata». La questione è, per altro verso, anche prematura, non essendosi il rimettente preventivamente avvalso dello strumento che, in base alla sua stessa ricostruzione dell'asserito «diritto vivente», gli sarebbe offerto per evitare di archiviare la notizia di reato, ovvero la sollecitazione dell'avocazione delle indagini da parte del Procuratore generale. Infine, il petitum risulta indeterminato, in quanto il rimettente non precisa quale dovrebbe essere il rimedio processuale alla denunciata situazione di «stallo» tra i molti astrattamente ipotizzabili, la scelta dei quali è peraltro riservata alla discrezionalità del legislatore. - Sulla inammissibilità della questione nel caso di inesistenza del «diritto vivente» oggetto di censura o di sua inesatta ricostruzione da parte del giudice a quo , v., ex plurimis , le seguenti citate decisioni: sentenza n. 320/2009; ordinanze nn. 90/2009, 251/2006 e 64/2006. - Sul carattere vincolante per l'organo dell'accusa delle prescrizioni impartite dal giudice per le indagini preliminari ai sensi dell'art. 409, commi 4 e 5, cod. proc. pen., v. le seguenti citate decisioni: sentenze nn. 130/1993 e 263/1991; ordinanze nn. 182/1992 e 253/1991. - Sulla manifesta inammissibilità delle questioni proposte con finalità di avallo interpretativo, v., ex plurimis , le citate ordinanze nn. 26/2012, 139/2011 e 219/2010. - Sulla manifesta inammissibilità delle questioni premature, v., ex plurimis , le citate ordinanze nn. 176/2011, 277/2010 e 96/2010. - Sulla manifesta inammissibilità della questione nel caso di indeterminatezza del petitum , v., ex plurimis , ordinanze nn. 195/2013 e 170/2012. - Sulla pluralità di scelte riservate alla discrezionalità del legislatore circa i rimedi all'inadempienza del pubblico ministero all'ordine di svolgere ulteriori indagini impartito ai sensi dell'art. 409, comma 4, cod. proc. pen., v. la citata ordinanza n. 122/1992.
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost. - dell'art. 409 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che, anche nel caso di formulazione dell'imputazione su ordine del giudice, in seguito al rigetto della richiesta di archiviazione, il pubblico ministero debba notificare alla persona sottoposta alle indagini l'avviso previsto dall'art. 415- bis cod. proc. pen. La funzione del predetto avviso é quella di assicurare una fase di "contraddittorio" tra indagato e pubblico ministero in ordine alla completezza delle indagini; pertanto, l'espletamento di quella fase e la garanzia di uno specifico ius ad loquendum dell'indagato in tanto si giustificano, in quanto il pubblico ministero intenda coltivare una prospettiva di esercizio dell'azione penale. Quando ricorre un'ipotesi di esercizio dell'azione penale conseguente all'ordine di formulare l'imputazione a seguito di richiesta di archiviazione non accolta, il contraddittorio sull'eventuale incompletezza delle indagini trova necessariamente sede nell'udienza in camera di consiglio, che il giudice è tenuto a fissare ove la domanda di "inazione" del pubblico ministero non possa trovare accoglimento, sicché, nessuna lesione al diritto di difesa può prospettarsi in tale situazione, in quanto esso è congruamente assicurato nella sede camerale che precede l'ordine di formulare l'imputazione. Altresì, non può ritenersi che la presentazione della richiesta di archiviazione, sulla quale può innestarsi la vicenda procedimentale destinata a sfociare nell'"imputazione coatta", sia accompagnata da una discovery di minore portata rispetto a quella che caratterizza la notificazione dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari, posto che diverse disposizioni normative assicurano anche in questo caso una piena ostensione della "documentazione relativa alle indagini espletate" (artt. 408, comma 1, e 415- bis , comma 2, cod. proc. pen.); e neppure può assumersi che sia ingiustificatamente compresso lo ius ad loquendum dell'indagato, che é comunque assicurato dalla disciplina generale del procedimento in camera di consiglio (art. 409, comma 2, cod. proc. pen.). Infine, la mancanza di una contestazione del fatto di reato analoga a quella prevista dall'art. 415- bis cod. proc. pen. non può considerarsi lesiva del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, adeguatamente salvaguardati dall'accesso completo agli atti di indagine e dallo ius ad loquendum riconosciuti all'indagato, l'uno e l'altro strumentali al contraddittorio garantito dinanzi al giudice nella "sede camerale che precede l'ordine di formulare l'imputazione". D'altra parte, l'assenza di una contestazione del fatto di reato si ricollega alle caratteristiche del procedimento che prende avvio dalla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, sicché l'opzione legislativa in questione rientra nell'ampia discrezionalità che, con il solo limite dell'irragionevolezza, va riconosciuta al legislatore nella conformazione degli istituti processuali. - Per l'affermazione che l'udienza in camera di consiglio, fissata ove la richiesta di archiviazione non possa essere accolta, assicura congruamente il diritto di difesa, v. la menzionata ordinanza n. 460/2002. - Per il principio in base al quale la discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali incontra "il solo limite della irragionevolezza delle scelte compiute", si veda la menzionata ordinanza n. 290/2011. - Per la considerazione secondo cui "la previsione di una ulteriore garanzia per l'indagato, attraverso l'art. 415- bis cod. proc. pen. appare modulata secondo scelte legislative che non incontrano alcun limite in soluzioni costituzionalmente obbligate, quanto a necessità di estensione della garanzia medesima", si veda la menzionata ordinanza n. 287/2003.
E? manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 335, 409 e 410, comma 3, del codice di procedura penale, censurato, in riferimento all?art. 24, comma secondo, della Costituzione, nella parte in cui ? a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione 'ex' art. 410 cod. proc. pen. ? non consente al Giudice per le indagini preliminari di invitare il pubblico ministero che abbia chiesto l?archiviazione di un procedimento penale, formalmente a carico di ignoti, ma dal quale possa evincersi il nome della persona sottoposta ad indagini, ad iscrivere il nome della persona alla quale il reato è attribuito nel registro delle notizie di reato di cui all?art. 335 cod. proc. pen. prima dell?udienza 'ex' art. 409, comma 2, cod. proc. pen., impedendo alla persona sostanzialmente sottoposta ad indagini di essere invitata a partecipare all?udienza di cui all?art. 409, comma 2, cod. proc. pen. e quindi di difendersi all?interno di essa. L?art. 415, comma 2, cod. proc. pen., infatti, espressamente prevede che il giudice «se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata ordina che il nome di questa sia iscritta nel registro delle notizie di reato», sicché, a prescindere dal ?tipo? di archiviazione richiesta dal pubblico ministero, spetta in ogni caso al giudice il potere ? ove nel procedimento non figurino persone formalmente sottoposte alle indagini ? di disporre, nella ipotesi in cui non ritenga di poter accogliere la richiesta di archiviazione, l?iscrizione, nel registro delle notizie di reato, del nominativo del soggetto cui il reato sia a quel momento da attribuire. - Sul potere del giudice di disporre, nella ipotesi in cui non ritenga di poter accogliere la richiesta di archiviazione, l'iscrizione, nel registro delle notizie di reato, del nominativo del soggetto cui il reato sia a quel momento da attribuire, v. la citata ordinanza n. 176/1999.
E? manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell?art. 409, comma 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che ? nel caso di formulazione dell?imputazione su ordine del giudice, a seguito di rigetto della richiesta di archiviazione ? il pubblico ministero, prima di provvedere a tale adempimento, debba notificare all?indagato l?avviso di conclusione delle indagini preliminari, di cui all?art. 415-bis del medesimo codice. Premesso che, come già affermato dalla Corte, la funzione dell?avviso di conclusione delle indagini, di cui all?art. 415-bis cod. proc. pen., è chiaramente quella di consentire una «fase di contraddittorio» tra l?indagato ed il pubblico ministero, in ordine alla completezza delle indagini, con conseguente espressa limitazione dell?obbligo di notificazione dell?avviso ai casi in cui il pubblico ministero non debba formulare richiesta di archiviazione, allorquando l?esercizio dell?azione penale consegua all?ordine del giudice di formulare l?imputazione, previsto dall?art. 409, comma 5, cod. proc. pen. nel caso di mancato accoglimento dell?anzidetta richiesta di archiviazione, il contraddittorio sulla eventuale incompletezza delle indagini si esplica necessariamente nell?udienza in camera di consiglio che, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, il giudice è tenuto a fissare ove non accolga la richiesta di archiviazione del pubblico ministero, sicché deve escludersi la prospettata violazione degli artt. 3 e 24 Cost. - Sulla funzione dell?avviso di conclusione delle indagini, v. le citate ordinanze nn. 460/2002 e 491/2002.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 409, comma 5, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione nella parte in cui prevede che il giudice fissi con decreto l'udienza preliminare, osservando in quanto applicabili le disposizioni degli artt. 418 e 419 cod. proc. pen. anche nel caso in cui i reato per cui è stata ordinata la formulazione dell'imputazione sia compreso tra quelli per cui si deve procedere con citazione diretta a giudizio ovvero nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero debba formulare l'imputazione con citazione diretta a giudizio nel caso in cui l'ordine di formulare l'imputazione riguardi un reato compreso tra quelli per cui si deve procedere con citazione diretta. Infatti, benché l'assetto normativo sia stato incrinato sul piano meramente formale a seguito della riforma del giudice unico, il dedotto mancato coordinamento tra la norma censurata e la previsione di reati a citazione diretta è del tutto privo di conseguenza, sicché risulta errata la premessa interpretativa posta a base della questione sollevata.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 409, comma 5, 415-bis e 552, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 24, 101 e 112 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, nei reati a citazione diretta ? in esito a richiesta di archiviazione, avanzata dal pubblico ministero oltre la scadenza dei termini delle indagini preliminari e non accolta dal giudice ?, il pubblico ministero, a seguito della richiesta di formulazione della imputazione, debba provvedere a tale adempimento senza il previo invio all?indagato dell?avviso di conclusione delle indagini di cui all?art. 415-bis del codice di procedura penale, per l?avvenuta scadenza del termine delle stesse. A differenza, infatti, di quanto erroneamente presupposto dal giudice 'a quo', la lettera della legge è chiara nell?affermare ? come già osservato nell'ordinanza n. 460 del 2002 relativamente ad identica questione sollevata dal medesimo giudice e dichiarata manifestamente infondata ? che l?avviso di cui all?art. 415-bis del codice di rito deve essere notificato all?indagato soltanto nell?ipotesi in cui il pubblico ministero non debba ?formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411?; l?esigenza di assicurare una fase di ?contraddittorio? in ordine alla completezza delle indagini ? cui è preordinato l?avviso in questione ? in tanto si giustifica, infatti, in quanto ?il pubblico ministero intenda coltivare una prospettiva di esercizio dell?azione penale?, trovando, invece, il contraddittorio ? nella diversa ipotesi di esercizio dell?azione penale conseguente all?ordine di formulare l?imputazione a seguito di richiesta di archiviazione non accolta ? necessariamente sede nella udienza in camera di consiglio, che il giudice, in quel caso, è tenuto a fissare.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 409, comma 5, 415-bis e 552, comma 2, del codice di procedura penale, censurato, in riferimento agli artt. 24, 101 e 112 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, nei reati a citazione diretta - in esito a richiesta di archiviazione, avanzata dal pubblico ministero oltre la scadenza dei termini di indagine e non accolta dal giudice delle indagini preliminari - il pubblico ministero, richiesto di formulare dal giudice l'imputazione, debba provvedere a tale adempimento ed alla successiva emissione del decreto che dispone il giudizio senza il previo invio, all'indagato, dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen., per l'avvenuta scadenza del termine delle stesse. La lettera della legge è chiara nell'affermare che l'avviso in questione - la cui funzione è chiaramente quella di assicurare una fase di "contraddittorio" tra indagato e pubblico ministero, in ordine alla completezza delle indagini - deve essere notificato soltanto nell'ipotesi in cui il pubblico ministero non debba «formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli artt. 408 e 411» del codice di rito e cioè quando intenda coltivare una prospettiva di esercizio dell'azione penale che giustifichi detta fase e uno specifico 'ius ad loquendum' dell'indagato. Nella specie, invece, il contraddittorio stesso trova necessariamente sede nella udienza in camera di consiglio che il giudice è tenuto a fissare, per cui, ove la citazione diretta sia imposta dal giudice, va esclusa qualsiasi nullità derivante dal mancato avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis e, conseguentemente, la lesione dei parametri invocati.
Manifesta inammissibilità, in riferimento all'art. 111, secondo e terzo comma, della Costituzione, della questione di legittimità costituzionale dell'art. 410, comma 3, del codice di procedura penale, censurato, in relazione all'art. 409, comma 2, dello stesso codice, "nella parte in cui non prevede che l'udienza camerale, a seguito di opposizione della parte offesa alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, si svolga in contraddittorio con la persona a cui la parte offesa in querela ha attribuito la commissione di reati". Nella specie, la pronuncia additiva richiesta dal rimettente nulla aggiungerebbe (proprio perché si tratta di soggetto non ancora identificato) a quanto il giudice rimettente è chiamato a compiere, trattandosi di procedimento che a causa di un non corretto andamento delle indagini è stato gestito contro ignoti, nel quale, in ossequio al principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione relativamente al giudizio 'a quo', il giudice per le indagini prelimiinari non ha alternative rispetto all'obbligo di fissare immediatamente l'udienza camerale con la sola partecipazione del pubblico ministero ed opponente.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 409, comma 5, del codice di procedura penale e dell'art. 27, commi 1 e 2, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 488, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 31, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non consente al p.m. di richiedere al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e al giudice per le indagini preliminari di fissare udienza in camera di consiglio per valutare la ricorrenza o no di quel beneficio, nel caso di archiviazione non accolta. Infatti - posto che le preoccupazioni del rimettente appaiono prive di rilievo costituzionale, in quanto l'uscita anticipata del minorenne dal processo è comunque assicurata, ed in tempi brevi, dalla possibilità di pronunciare, anche d'ufficio, sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto nell'udienza preliminare - la disciplina censurata rientra nella sfera delle scelte discrezionali del legislatore in materia di distribuzione delle competenze tra giudice per le indagini preliminari e giudice dell'udienza preliminare, non suscettibile di essere sindacate, sempreché non risultino esercitate arbitrariamente.
E' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 112 Cost., dell'art. 409 cod. proc. pen., censurato in quanto, ad avviso del giudice 'a quo', non avrebbe previsto che il giudice per le indagini preliminari possa ordinare al pubblico ministero, quando il pubblico ministero non vi abbia gia' provveduto, di iscrivere nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen., il nome della persona da considerarsi indiziata. Non puo' in alcun modo revocarsi in dubbio, infatti, che, a prescindere dal "tipo" di archiviazione richiesta dal pubblico ministero, spetti in ogni caso al giudice il potere - ove nel procedimento non figurino persone formalmente sottoposte alle indagini - di disporre, nella ipotesi in cui non ritenga di poter accogliere la richiesta di archiviazione, l'iscrizione, nel registro delle notizie di reato, del nominativo del soggetto cui il reato sia a quel momento da attribuire.