Articolo 410 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È dichiarata la manifesta inammissibilità, per aberratio ictus e difetto di rilevanza, delle questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal GIP del Tribunale di Nuoro in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 Cost. - degli artt. 410- bis e 411, comma 1- bis , cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono l'iscrizione nel casellario giudiziale della ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto, e, in via subordinata, dell'art. 411, comma 1- bis , cod. proc. pen., per contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevedono l'impugnabilità dell'ordinanza di archiviazione. Il rimettente, anziché formulare questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett. f ), del t.u. casellario giudiziale, nella parte in cui non prevede l'obbligo di iscrizione dei provvedimenti in questione, censura i predetti articoli del cod. proc. pen., che - tuttavia - nulla dispongono in merito all'iscrizione del provvedimento di archiviazione nel casellario giudiziale. Le ulteriori questioni concernenti la omessa previsione dell'impugnabilità dell'ordinanza di archiviazione sono manifestamente irrilevanti, posto che il giudice a quo deve unicamente decidere sulla richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, sicché dette questioni risultano meramente prospettiche ed eventuali.
E? manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 335, 409 e 410, comma 3, del codice di procedura penale, censurato, in riferimento all?art. 24, comma secondo, della Costituzione, nella parte in cui ? a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione 'ex' art. 410 cod. proc. pen. ? non consente al Giudice per le indagini preliminari di invitare il pubblico ministero che abbia chiesto l?archiviazione di un procedimento penale, formalmente a carico di ignoti, ma dal quale possa evincersi il nome della persona sottoposta ad indagini, ad iscrivere il nome della persona alla quale il reato è attribuito nel registro delle notizie di reato di cui all?art. 335 cod. proc. pen. prima dell?udienza 'ex' art. 409, comma 2, cod. proc. pen., impedendo alla persona sostanzialmente sottoposta ad indagini di essere invitata a partecipare all?udienza di cui all?art. 409, comma 2, cod. proc. pen. e quindi di difendersi all?interno di essa. L?art. 415, comma 2, cod. proc. pen., infatti, espressamente prevede che il giudice «se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata ordina che il nome di questa sia iscritta nel registro delle notizie di reato», sicché, a prescindere dal ?tipo? di archiviazione richiesta dal pubblico ministero, spetta in ogni caso al giudice il potere ? ove nel procedimento non figurino persone formalmente sottoposte alle indagini ? di disporre, nella ipotesi in cui non ritenga di poter accogliere la richiesta di archiviazione, l?iscrizione, nel registro delle notizie di reato, del nominativo del soggetto cui il reato sia a quel momento da attribuire. - Sul potere del giudice di disporre, nella ipotesi in cui non ritenga di poter accogliere la richiesta di archiviazione, l'iscrizione, nel registro delle notizie di reato, del nominativo del soggetto cui il reato sia a quel momento da attribuire, v. la citata ordinanza n. 176/1999.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 410, comma 3, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, 101, 111 e 112 della Costituzione, sull'assunto della superfluità della fissazione di un'apposita udienza in camera di consiglio, prevista nell'ipotesi di opposizione alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, avanzata dalla persona offesa. Infatti la censura piuttosto che essere dedotta quale conseguenza astratta e generale della norma impugnata, appare centrata sulle conseguenze di mero fatto che essa è in grado di generare; e in tale prospettiva appaiono insussistenti tutte le dedotte violazioni. - Per un precedente sostanzialmente identico, v. citata ordinanza n. 408/2001. - Con particolare riguardo al parametro 97 Cost., v. citate ordinanze n. 204/2001 e n. 490/2000. - Con riguardo al parametro 3 Cost., v. citata sentenza n. 88/1991.
Manifesta inammissibilità, in riferimento all'art. 111, secondo e terzo comma, della Costituzione, della questione di legittimità costituzionale dell'art. 410, comma 3, del codice di procedura penale, censurato, in relazione all'art. 409, comma 2, dello stesso codice, "nella parte in cui non prevede che l'udienza camerale, a seguito di opposizione della parte offesa alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, si svolga in contraddittorio con la persona a cui la parte offesa in querela ha attribuito la commissione di reati". Nella specie, la pronuncia additiva richiesta dal rimettente nulla aggiungerebbe (proprio perché si tratta di soggetto non ancora identificato) a quanto il giudice rimettente è chiamato a compiere, trattandosi di procedimento che a causa di un non corretto andamento delle indagini è stato gestito contro ignoti, nel quale, in ossequio al principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione relativamente al giudizio 'a quo', il giudice per le indagini prelimiinari non ha alternative rispetto all'obbligo di fissare immediatamente l'udienza camerale con la sola partecipazione del pubblico ministero ed opponente.
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3, 23, 24 e 27 Cost., nei confronti dell'art. 410, comma 3, cod. proc. pen. - in quanto, in caso di opposizione, da parte della persona che si assume offesa dal reato, alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, obbligando il giudice a fissare, per la discussione, l'udienza in camera di consiglio, previo avviso anche al pubblico ministero e all'indagato ed eventuale nomina di un difensore di ufficio, senza la possibilita' di operare un severo vaglio preventivo, legittimerebbe ingiustificatamente l'opponente a far subire all'indagato una procedura comunque onerosa - e dell'art. 31 delle disp. att. cod. proc. pen., che, a sua volta, nel sancire, in generale, il diritto del difensore di ufficio alla retribuzione, addosserebbe al cittadino interessato l'onere di provvedere al relativo pagamento indipendentemente dall'accertamento di un suo comportamento doloso o colposo. Le su esposte censure, infatti, si pongono in rapporto di reciproca subordinazione logica giacche' l'accoglimento di una di esse priverebbe, alternativamente, di rilievo l'altra, e cio' senza che dall'ordinanza di rimessione sia dato desumere quale sia quella a cui il rimettente attribuisca prevalenza, ne' quindi individuare, tra le sentenze additive simultaneamente invocate, quella che si vuole pronunciata. Cosicche' la questione, risultando prospettata in forma ancipite, non puo' essere decisa nel merito.
Non e' fondata, con riferimento agli artt. 3 e 76 (in relazione all'art. 2, comma 1, direttiva 51, l. 16 febbraio 1987, n. 81) Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 410, comma 1, cod. proc. pen. - nella parte in cui prescrive che nell'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa indichi, a pena di inammissibilita', l'oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova - in quanto, con riferimento al preteso eccesso di delega rispetto alla richiamata direttiva della legge di delegazione (secondo cui la persona offesa dal reato puo' formulare al giudice istanza motivata di fissazione dell'udienza preliminare) - posto che il secondo comma della disposizione impugnata stabilisce che la pronuncia immediata del decreto di archiviazione e' subordinata alla duplice condizione che l'opposizione sia inammissibile e che la notizia di reato sia infondata - una opposizione che non contenga l'oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova non preclude al g.i.p. che non ravvisi, ad un primo esame, l'infondatezza della notizia di reato, di fissare l'udienza in camera di consiglio a norma dell'art. 409, comma 2, cod. proc. pen., cosi' assicurando alla persona offesa la medesima forma di tutela prescritta dalla richiamata direttiva; ed in quanto, con riferimento alla supposta violazione dell'art. 3 Cost., la disciplina apprestata dall'art. 410, commi 1, 2 e 3, cod. proc. pen. e' idonea a tutelare le ragioni della persona 0ffesa sia nel caso in cui questa intenda contrastare carenze e lacune investigative, sia quando l'opposizione sia basata su una valutazione dei fatti ovvero su ragioni di diritto diverse da quelle poste a base della richiesta di archiviazione del p.m.; sicche', dal sistema del codice emerge chiaramente che, in sede di opposizione, la persona offesa, nei casi in cui si trova nella impossibilita' di chiedere la prosecuzione delle indagini preliminari, puo' comunque far valere le ragioni volte a contrastare la richiesta di archiviazione, in accordo del resto con la facolta', riconosciutale in via generale dall'art. 90 cod. proc. pen., di presentare memorie al giudice, con la conseguenza che questo puo' non accogliere la richiesta di archiviazione e fissare l'udienza in camera di consiglio ai sensi dell'art. 409, comma 1, cod. proc. pen., cosi' pervenendo ad un risultato analogo a quello previsto dalla specifica disciplina apprestata dai primi due commi dell'art. 410. - S. n. 88/1991. red.: S. Di Palma
Riguardo alla disciplina dell'archiviazione, con la direttiva n. 50 della legge di delega 16 febbraio 1987, n. 87, e' stata adottata una formula - la "manifesta infondatezza" - identica tanto a quella della precedente delega del 1974 (punti 37 e 41) e del relativo progetto preliminare (art. 379), quanto a quella che, secondo l'interpretazione comune, definiva il grado di infondatezza idoneo a consentire l'archiviazione secondo il codice abrogato. Tra vecchio e nuovo codice, tuttavia, vi e', in materia, una fondamentale differenza. Nel primo, la decisione sull'archiviazione, assunta in base alla sola notizia di reato o a piu' o meno scarni elementi acquisiti nel corso degli atti preliminari all'istruzione, tendeva a stabilire se vi fosse o no un'infondatezza cosi' manifesta da far ritenere superflua o meno, l'istruzione vera e propria. Nel secondo, invece, si tratta di decidere all'esito, e sulla base, di indagini preliminari anche "complete" e talvolta integrate da investigazioni suppletive (artt. 409, 410 e 413). Cio' spiega perche' il legislatore delegato, nel formulare l'art. 408, abbia ritenuto di omettere l'attributo "manifesta" che il delegante aveva adottato senza particolari discussioni sul punto: si e' ritenuto, cioe', verosimilmente, che "l'infondatezza", collocata al termine delle indagini preliminari, recasse gia' in se' il segno dell'inequivocita'. Il vero significato della regola cosi' dettata e', quindi, quello della non equivoca, indubbia superfluita' del processo.