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Pronuncia 88/1991

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Giovanni CONSO; Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 125 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), in relazione all'art. 2, direttiva n. 50, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 9 agosto 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Macerata nel procedimento penale a carico di Gatti Dario, iscritta al n. 634 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1991 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 125 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), in riferimento all'art. 76 della Costituzione, sollevata dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Macerata con ordinanza del 9 agosto 1990. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1991. Il Presidente: CONSO Il redattore: SPAGNOLI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 15 febbraio 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI

Relatore: Ugo Spagnoli

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CONSO

Massime

SENT. 88/91 A. AZIONE PENALE - ESERCIZIO - OBBLIGATORIETA' - PRESUPPOSTI: PRINCIPI DI LEGALITA' E DI EGUAGLIANZA - REQUISITI: INDIPENDENZA DEL P.M..

Il principio di legalita' (art. 25, secondo comma, Cost.) che rende doverosa la repressione delle condotte violatrici della legge penale, abbisogna, per la sua concretizzazione, della legalita' del procedere; e questa, in un sistema come il nostro, fondato sul principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge (in particolare, alla legge penale), non puo' essere salvaguardata che attraverso l'obbligatorieta' dell'azione penale. Realizzare la legalita' nell'eguaglianza non e' pero' possibile se l'organo cui l'azione e' demandata dipende da altri poteri: sicche' di tali principi e' imprescindibile requisito l'indipendenza del pubblico ministero. - Riguardo all'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale: S. n. 84/1979.

SENT. 88/91 B. PUBBLICO MINISTERO - QUALIFICAZIONE - ORGANO DI GIUSTIZIA, PUR NEL RUOLO DI PARTE - OBBLIGHI CONSEGUENTI.

Il pubblico ministero e', al pari del giudice, soggetto soltanto alla legge (art. 101, secondo comma, Cost.) e si qualifica come un magistrato appartenente all'ordine giudiziario collocato come tale in posizione di istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere, che non fa valere interessi particolari ma agisce esclusivamente a tutela dell'interesse generale all'osservanza della legge. Pertanto, come organo di giustizia e' obbligato a ricevere tutti gli elementi di prova rilevanti per una giusta decisione, ivi compresi gli elementi favorevoli all'imputato, pur operando nel rispetto assoluto dei principi del sistema accusatorio e del ruolo di parte. - S. nn. 190/1970, 96/1975

Norme citate

  • legge-Art. DIRETT.37

SENT. 88/91 C. PROCESSO PENALE - ARCHIVIAZIONE - DISCIPLINA - PROBLEMI - PRINCIPI DA OSSERVARE - NECESSITA' DI EVITARE IL PROCESSO SUPERFLUO SENZA ELUDERE IL PRINCIPIO DI OBBLIGATORIETA' DELL'AZIONE PENALE - CONTROLLI PREORDINATI A TAL FINE.

Il principio di obbligatorieta' dell'azione penale esige che nulla venga sottratto al controllo di legalita' effettuato dal giudice; cio' comporta non solo il rigetto del contrapposto principio di opportunita' che opera, in varia misura, nei sistemi ad azione penale facoltativa; ma, altresi', comporta che in casi dubbi l'azione vada esercitata e non omessa (principio del favor actionis). Azione penale obbligatoria non significa, pero' conseguenzialita' automatica tra notizia di reato e processo, ne' dovere del P.M. di iniziare il processo per qualsiasi notizia criminis. Limite implicito alla stessa obbligatorieta' e' che il processo non debba essere instaurato quando si appalesi oggettivamente superfluo. Conseguentemente il problema dell'archiviazione sta nell'evitare il processo superfluo senza eludere il principio di obbligatorieta' e, a tal fine, col nuovo codice e' stato predisposto un articolato sistema di controllo, non solo gerarchico interno agli uffici del pubblico ministero e affidato al procuratore generale, ma anche uno esterno da parte del giudice (possibilita' per il G.I.P. di chiedere ulteriori indagini o di restituire gli atti per la formulazione dell'imputazione) ed infine altro strumento e' costituito dalla facolta' della parte offesa di opporsi alla richiesta di archiviazione.

Parametri costituzionali

SENT. 88/91 D. PROCESSO PENALE - ARCHIVIAZIONE - REQUISITI - DISCIPLINA - VECCHIO E NUOVO CODICE - DIFFERENZE FONDAMENTALI.

Riguardo alla disciplina dell'archiviazione, con la direttiva n. 50 della legge di delega 16 febbraio 1987, n. 87, e' stata adottata una formula - la "manifesta infondatezza" - identica tanto a quella della precedente delega del 1974 (punti 37 e 41) e del relativo progetto preliminare (art. 379), quanto a quella che, secondo l'interpretazione comune, definiva il grado di infondatezza idoneo a consentire l'archiviazione secondo il codice abrogato. Tra vecchio e nuovo codice, tuttavia, vi e', in materia, una fondamentale differenza. Nel primo, la decisione sull'archiviazione, assunta in base alla sola notizia di reato o a piu' o meno scarni elementi acquisiti nel corso degli atti preliminari all'istruzione, tendeva a stabilire se vi fosse o no un'infondatezza cosi' manifesta da far ritenere superflua o meno, l'istruzione vera e propria. Nel secondo, invece, si tratta di decidere all'esito, e sulla base, di indagini preliminari anche "complete" e talvolta integrate da investigazioni suppletive (artt. 409, 410 e 413). Cio' spiega perche' il legislatore delegato, nel formulare l'art. 408, abbia ritenuto di omettere l'attributo "manifesta" che il delegante aveva adottato senza particolari discussioni sul punto: si e' ritenuto, cioe', verosimilmente, che "l'infondatezza", collocata al termine delle indagini preliminari, recasse gia' in se' il segno dell'inequivocita'. Il vero significato della regola cosi' dettata e', quindi, quello della non equivoca, indubbia superfluita' del processo.

SENT. 88/91 E. PROCESSO PENALE - RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE - REQUISITI: INIDONEITA' DEGLI ELEMENTI ACQUISITI A SOSTENERE L'ACCUSA - SOSTANZIALE CONFORMITA' DELLA NORMA DI ATTUAZIONE IMPUGNATA, SE RETTAMENTE INTESA, AI PRINCIPI DELLA LEGGE DI DELEGA - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE NEI SENSI DI CUI IN MOTIVAZIONE.

La regola che l'art. 125 d.lgs 28 luglio 1989, n. 271 (norma di attuazione del nuovo codice di procedura penale) detta per il pubblico ministero, quando deve decidere se iniziare o meno un'azione penale, consiste in una valutazione degli elementi acquisiti non piu' nella chiave dell'esito finale del processo, (come gia' previsto nel testo dell'art. 115 del progetto preliminare) bensi' nella chiave della loro attitudine a giustificare il rinvio a giudizio nel senso, cioe', che la valutazione degli elementi di prova acquisiti durante le indagini preliminari diventa funzionale non alla condanna bensi' alla sostenibilita' dell'accusa. Cosi' come formulata, la norma e', in definitiva, la traduzione in chiave accusatoria del principio di non superfluita' del processo, in quanto il dire che gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l'accusa equivale a dire che, sulla base di essi, l'accusa e' insostenibile e che, quindi, la notizia di reato, e', sul piano processuale, infondata. L'impossibilita' di sostenere la prospettazione accusatoria deve essere quindi chiara e non equivoca, coerentemente all'univocita' dell'infondatezza ("manifesta") che connota la formula usata nell'art. 2, direttiva 50, della legge di delega 16 febbraio 1987, n. 81 (Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 76 Cost, in relazione all'art. 2, n. 50, legge 16 febbraio 1987, n. 81, dell'art. 125, ppnda 28 luglio 1989, n. 271).

Norme citate

  • codice di procedura penale 1988 (disp. att.)-Art. 125

Parametri costituzionali

SENT. 88/91 F. PROCESSO PENALE - ARCHIVIAZIONE - AREA DI OPERATIVITA' - INTERPRETAZIONI TENDENTI AD ALLARGARLA - FINALITA' DI ECONOMIA PROCESSUALE SENZA RISPONDENZA NELLA LEGGE DI DELEGA.

La tendenza ad allargare l'area di operativita' dell'archiviazione - tendenza manifestatasi prima con la redazione dell'art. 115 del progetto preliminare (sul quale ved. massima E) poi con interpretazioni dell'art. 125 delle Norme di attuazione volte a stabilire una sostanziale omogeneita' con quello - e' dipesa essenzialmente da preoccupazioni di deflazione dibattimentale, ma il legislatore delegante non ha mai considerato l'archiviazione in funzione deflattiva, tant'e' che nei lavori parlamentari non esiste traccia di indicazioni tendenti a perseguire, con la sua configurazione, obiettivi di economia processuale, a tal fine essendo stati previsti altri strumenti, quali i riti alternativi ed un largo impiego del procedimento pretorile.

Norme citate

  • codice di procedura penale 1988 (disp. att.)-Art. 275
  • legge-Art.