Articolo 476 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 108/1993Depositata il 19/03/1993
Restituzione degli atti al giudice rimettente affinche', alla stregua del 'petitum' che mostra di perseguire, verifichi se, in seguito alle profonde modifiche che il quadro normativo ha subito, in ordine allo specifico tema della prova testimoniale, per effetto delle dichiarazioni di parziale illegittimita' (S. nn. 24 e 255 del 1992) degli artt. 195, quarto comma (con conseguente ammissibilita' della testimonianza indiretta degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni) e 500, terzo comma, cod.proc.pen. (con conseguente possibile acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero) e alla successiva sostituzione dello stesso art. 500 cod.proc.pen. ad opera dell'art. 7 del decreto-legge 7 agosto 1992, n. 306 (conv. con modificazioni in legge 7 agosto 1992, n. 306) in virtu' dei commi quarto e quinto del quale le dichiarazioni utilizzate per le contestazioni nell'esame testimoniale, in presenza di determinate condizioni, sono valutate come prove, la questione sollevata sia tuttora rilevante nel processo 'a quo'. - V. S. nn. 24/1992 e 255/1992 (gia' citate nel testo).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 476, comma 2
- codice di procedura penale-Art. 207, comma 2
Parametri costituzionali
Pronuncia 390/1991Depositata il 31/10/1991
A differenza del corrispondente art. 435 del codice abrogato, l'art. 476 del vigente codice di procedura penale esclude la possibilita' di una contestuale celebrazione del giudizio per i reati consumati in udienza, in quanto e' rimesso alla valutazione discrezionale del P.M. di procedere "a norma di legge" e quindi non si esclude un separato giudizio successivo, sia pure con rito direttissimo o immediato. A seguito di tali modifiche, non sono quindi piu' puntuali e rilevanti le considerazioni svolte dalla Corte, nella sentenza n. 92 del 1967, a giustificazione della norma del suddetto art. 435, che non disponeva, per il giudizio immediato per reato commesso in udienza, la concessione di termini per la difesa. Pertanto, riguardo ai procedimenti penali in cui sia parte offesa o danneggiata un magistrato, allorche' il reato sia commesso in udienza, la inammissibilita' del ricorso ad espedienti dilatori, come l'esigenza di esemplarita', non sono ragioni idonee a giustificare la deroga prevista dall'art. 11, terzo comma, del vigente codice, al criterio dello spostamento della competenza territoriale. - S. n. 92/1967.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 11
- codice di procedura penale-Art. 476
- codice di procedura penale 1930-Art. 435
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.