Articolo 456 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost. - l'art. 456, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga l'avviso della facoltà dell'imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. La disposizione censurata dal Tribunale militare di Roma viola il diritto di difesa in quanto, come già affermato in relazione al procedimento per decreto, anche nel giudizio immediato il termine entro cui chiedere i riti alternativi a contenuto premiale (quindici giorni dalla notifica del relativo decreto) è anticipato rispetto al dibattimento, con la conseguenza che, essendo il termine stabilito a pena di decadenza, la mancanza dell'avvertimento può determinare un pregiudizio irreparabile della facoltà di accedere al rito speciale della messa alla prova. Dalla declaratoria di illegittimità costituzionale discende che l'omissione dell'avviso non potrà che integrare una nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. c ), cod. proc. pen. ( Precedenti citati: sentenze n. 201 del 2016 e n. 148 del 2004 ). La sospensione del procedimento con messa alla prova si configura come un istituto di natura sia sostanziale, laddove dà luogo all'estinzione del reato, sia processuale, consistente in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio. ( Precedenti citati: sentenze n. 131 del 2019, n. 91 del 2018, n. 201 del 2016 e n. 240 del 2015 ). La richiesta di riti alternativi costituisce anch'essa una modalità, tra le più qualificanti, di esercizio del diritto di difesa. ( Precedenti citati: sentenze n. 201 del 2016, n. 237 del 2012, n. 219 del 2004, n. 148 del 2004 e n. 497 del 1995 ).
Accolta in parte qua - per violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost. - la questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 456, comma 2, cod. proc. pen., resta assorbita la censura relativa all'art. 3 Cost.
È dichiarata manifestamente inammissibile - per omessa descrizione della fattispecie concreta e difetto di motivazione sulla rilevanza - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 456 cod. proc. pen., censurato dal Tribunale di Bergamo, in riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevede che il decreto di giudizio immediato debba contenere l'avviso della facoltà dell'imputato di chiedere la sospensione del processo con messa alla prova, con la forma e i termini di cui all'art. 458 cod. proc. pen. L'ordinanza di rimessione non contiene alcuna descrizione dei fatti oggetto del giudizio a quo, limitandosi a indicare la disposizione che prevede il reato contestato all'imputato, senza neppure riportare il relativo capo di imputazione; inoltre, annovera, fra quelli contestati, un reato per il quale la sospensione con messa alla prova non è consentita, con la conseguenza che l'imputato del procedimento a quo non può in ogni caso beneficiarne.
Sono dichiarate manifestamente inammissibili - per omessa descrizione delle fattispecie di causa e difetto di motivazione sulla rilevanza, nonché per carente motivazione sulla non manifesta infondatezza - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 456, comma 2, cod. proc. pen., censurato dai Tribunali di Pisa e di Ivrea, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede che il decreto di giudizio immediato debba contenere l'avviso all'imputato che ha facoltà di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova entro 15 giorni dalla notifica del predetto decreto a pena di decadenza, come invece previsto dall'art. 458, comma 1, cod. proc. pen. Difetta la motivazione sulla rilevanza, in quanto entrambe le ordinanze di rimessione non contengono alcuna descrizione dei fatti oggetto dei giudizi principali, limitandosi a indicare numericamente le disposizioni che prevedono i reati contestati all'imputato, senza neppure riportare i relativi capi di imputazione; ed altresì in quanto l'ordinanza del Tribunale di Pisa annovera, tra quelli contestati, un reato per il quale non è applicabile la sospensione con messa alla prova. Inoltre, in punto di non manifesta infondatezza il Tribunale di Ivrea si limita a richiamare genericamente il contenuto della sentenza n. 201 del 2016 (in tema di decreto penale di condanna), senza indicare le ragioni dell'asserita violazione dell'art. 24 Cost., evocato solo indirettamente. ( Precedenti citati: ordinanze n. 210 del 2017, n. 46 del 2017 e n. 237 del 2016, sulla inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza ). Per costante giurisprudenza, nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale non è ammessa la cosiddetta motivazione per relationem [in specie, con generico richiamo al contenuto di una sentenza costituzionale]: dato il principio di autosufficienza dell'ordinanza di rimessione, il giudice a quo deve rendere esplicite le ragioni per le quali ritiene la questione non manifestamente infondata, facendole proprie. ( Precedenti citati: sentenze n. 22 del 2015 e n. 7 del 2014; ordinanze n. 20 del 2014 e n. 175 del 2013 ).
E' errato il presupposto interpretativo - da cui muove il rimettente - secondo il quale l'ordinamento vigente non preveda la nullità del decreto che ha disposto il giudizio immediato, ai sensi dell'art. 456 del codice di procedura penale, nell?ipotesi di mancanza, insufficienza o inesattezza dell?avviso che l?imputato può chiedere il giudizio abbreviato o l?applicazione della pena. L?effettivo esercizio della facoltà di chiedere i riti alternativi costituisce, infatti, una delle più incisive forme di ?intervento? dell?imputato, cioè di partecipazione ?attiva? alle vicende processuali, con la conseguenza che ogni illegittima menomazione di tale facoltà, risolvendosi nella violazione del diritto sancito dall?art. 24, secondo comma, Cost., integra la nullità di ordine generale sanzionata dall?art. 178, comma 1, lettera c), del codice di rito. Non è pertanto fondata, nei termini sopra precisati, la questione di legittimità costituzionale dell?art. 456 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione. ? Sulla richiesta di riti alternativi quale modalità di esercizio del diritto di difesa v., tra molte, le citate sentenze n. 497/1995, n. 76, n. 101 e n. 214/1993, n. 265/1994 e n. 70/1996.
Deve essere ordinata la restituzione ai giudici 'a quibus' (Pretori di Camerino, Brescia, Firenze, S. Maria Capua Vetere - sez. dist. di Aversa) degli atti relativi ai giudizi di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 565, comma 1, 456, comma 1, 3 e 5, 429, comma 1 e 2, 555, comma 2, cod. proc. pen.; dell'art. 565, comma 1, cod. proc. pen.; dell'art. 459 cod. proc. pen. e dell'art. 2 della l. 16 luglio 1997, n. 234; e degli artt. 416 e 555 cod. proc. pen., come modif. dalla l. n. 234 del 1997, e 459 cod. proc. pen., per un riesame della rilevanza delle questioni sollevate alla luce del 'jus superveniens', costituito dalla l. 16 dicembre 1999, n. 479.
Non e' fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 456, comma 2, cod. proc. pen., <
Una corretta interpretazione dell'art. 143 cod.proc.pen. (v. massima precedente) riguardo al diritto - da esso previsto - dell'imputato straniero, non a conoscenza della lingua italiana, all'assistenza gratuita di un interprete, comporta che l'attivita' svolta da quest'ultimo ricomprenda, fra l'altro, la traduzione, in tutti i suoi elementi costitutivi - incluso l'avviso relativo alla facolta' di richiedere il giudizio abbreviato - del decreto di citazione a giudizio, sia se emesso dal giudice per le indagini preliminari (nel procedimento innanzi al tribunale), sia se adottato dal pubblico ministero (nel rito pretorile). Pertanto, non valendo in contrario addurre che nelle disposizioni concernenti il decreto di citazione a giudizio (sia dell'art. 555, terzo comma, sia degli artt. 456, secondo comma, e 458, primo comma, cod.proc.pen.) manchi al riguardo la previsione di un espresso obbligo, cadono le censure di incostituzionalita' avanzate, nei confronti di queste disposizioni, sull'errato presupposto che la regola dettata dall'art. 143, primo comma, cod.proc.pen. sia rigorosamente circoscritta - con le sole eccezioni stabilite dagli artt. 109, secondo comma, e 169, terzo comma - agli atti orali. (Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, delle questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 76 della Costituzione, e, rispettivamente, in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost., dell'art. 555, terzo comma, e del combinato disposto formato dagli artt. 458, primo comma, e 456, secondo comma, cod.proc.pen., nelle parti in cui non prevedono, il primo, che il decreto di citazione a giudizio, e, il secondo, che l'avviso comprensivo dell'indicazione del termine entro cui va richiesto il giudizio abbreviato, siano, nei riguardi dell'imputato straniero che ignora la lingua italiana, notificato e, rispettivamente, tradotto, anche nella lingua da lui conosciuta).
Nessuna disposizione del codice di procedura penale consente al giudice del dibattimento un sindacato - la cui eventuale introduzione peraltro non potrebbe non rientrare nella discrezionalita' del legislatore - sulla valutazione di evidenza della prova in base alla quale il giudice delle indagini preliminari abbia ritenuto di disporre il giudizio immediato, ma cio' non gli impedisce (v. massima A) di valutare, all'esito del dibattimento, se il giudice delle indagini preliminari abbia fondatamente ritenuto non definibile il processo allo stato degli atti e rigettato la richiesta di giudizio abbreviato, disponendo, nell'ipotesi di valutazione negativa, la riduzione di pena prevista dall'art. 442 cod.proc.pen., e neppure di pronunciarsi (v. massima B) sull'ammissibilita' del richiesto patteggiamento. (Manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., degli artt. 453, 456 e 458 cod. proc. pen., in parte 'qua'). - sull'integrazione delle prove per il rito abbreviato e sulla necessita' dell'intervento legislativo nella scelta delle soluzioni v. sent. n. 92/1992; - sulla possibilita' dell'applicazione, a dibattimento concluso, della diminuente ex art. 442 cod.proc.pen. v. sent. n. 23/1992.