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Pronuncia 10/1993

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 555, terzo comma, 456, secondo comma, e 458, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 2 marzo 1992 dal Pretore di Torino, sezione distaccata di Moncalieri, nel procedimento penale a carico di Mujanovic Kasim, iscritta al n. 207 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1992; 2) ordinanza emessa il 27 febbraio 1992 dal Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Hakimi Noureddin, iscritta al n. 233 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 19 novembre 1992 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi: dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 76 della Costituzione, nei confronti dell'art. 555, terzo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede che il decreto di citazione a giudizio debba essere notificato all'imputato straniero, che non conosce la lingua italiana, anche nella traduzione nella lingua da lui compresa; dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Milano, con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, nei confronti del combinato disposto formato dall'art. 456, secondo comma, c.p.p. e dall'art. 458, primo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede che l'avviso contemplato dall'art. 456, secondo comma, c.p.p., comprensivo dell'indicazione del termine entro cui richiedere il giudizio abbreviato, debba essere tradotto nella lingua conosciuta dall'imputato straniero che ignora la lingua italiana. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1993. Il presidente: CASAVOLA Il redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 19 gennaio 1993. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore: Antonio Baldassarre

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CASAVOLA

Massime

SENT. 10/93 A. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - RILEVANZA DELLA QUESTIONE - CONTROLLO DELLA CORTE - LIMITI - NON IRRAGIONEVOLE INDIVIDUAZIONE DA PARTE DEL GIUDICE 'A QUO' DELLA NORMA APPLICABILE - SINDACABILITA' - ESCLUSIONE - FATTISPECIE.

Una volta che il giudice rimettente abbia non irragionevolmente individuato la norma applicabile alla controversia innanzi a lui pendente, esula dai poteri della Corte costituzionale, in sede di riesame della rilevanza, sostituirsi ad esso attraverso l'indicazione di norme diverse che, secondo il suo avviso, sarebbero risolutive del caso dedotto o, comunque, influenti sulla decisione dello stesso. (Nella specie la Corte, riguardo alla questione di legittimita' costituzionale sollevata nei confronti del combinato disposto degli artt. 456, secondo comma, e 458, primo comma, cod.proc.pen., nella parte in cui non prevede che l'avviso comprendente l'indicazione del termine di decadenza stabilito per la richiesta di giudizio abbreviato sia tradotto nella lingua conosciuta dall'imputato straniero che ignora la lingua italiana, ha respinto l'eccezione di inammissibilita' avanzata sul presupposto che, configurando la non comprensione dell'avviso notificato in lingua italiana l'ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore, il giudice 'a quo', invece di promuovere l'incidente di costituzionalita', avrebbe dovuto disporre, in applicazione dell'art. 175 cod.proc.pen., una remissione in termini). - V., nello stesso senso, le sentt. nn. 89/1984; 189/1986 e 125/1987.

SENT. 10/93 B. PROCESSO PENALE - DIRITTO DELL'IMPUTATO AD ESSERE INFORMATO DELLA NATURA E DEI MOTIVI DELL'ACCUSA IN LINGUA A LUI NOTA - GARANZIA APPRESTATA DA CONVENZIONI INTERNAZIONALI - NORME DELLE LEGGI DI ESECUZIONE - NON ABROGABILITA' DELLE STESSE CON DISPOSIZIONI DI LEGGI ORDINARIE.

La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848, stabilisce all'art. 6, terzo comma, lettera a), che "ogni accusato ha diritto (...) a essere informato, nel piu' breve spazio di tempo, nella lingua che egli comprende e in maniera dettagliata, della natura e dei motivi dell'accusa a lui rivolta". Una disposizione del tutto identica e', altresi', contenuta nell'art. 14, terzo comma, lettera a), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, firmato il 19 dicembre 1966 a New York e reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881. Tali norme, introdotte nell'ordinamento italiano con la forza di legge propria degli atti contenenti i relativi ordini di esecuzione, sono tuttora vigenti, non potendo, certo, esser considerate abrogate dalle successive disposizioni del codice di procedura penale, non tanto perche' queste ultime sono vincolate alla direttiva contenuta nell'art. 2 della legge delega del 16 febbraio 1987, n. 81 ("il codice di procedura penale deve (...) adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale"), quanto, piuttosto, perche' si tratta di norme derivanti da una fonte riconducibile a una competenza atipica e, come tali, insuscettibili di abrogazione o di modificazione da parte di disposizioni di legge ordinaria. - V. sentt. nn. 188/1980, 153/1987 e 323/1989.

Parametri costituzionali

  • patto internazionale dei diritti civili e politici-Art.
  • convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art.
  • legge-Art.
  • legge-Art. 2
  • legge-Art.

SENT. 10/93 C. PROCESSO PENALE - DIRITTO DELL'IMPUTATO AD ESSERE INFORMATO DELLA NATURA E DEI MOTIVI DELL'ACCUSA IN LINGUA A LUI NOTA - GARANZIE COSTITUZIONALI - RIFLESSI SULL'INTERPRETAZIONE DELLE NORME DEL CODICE.

Il diritto dell'imputato ad essere immediatamente e dettagliatamente informato nella lingua da lui conosciuta della natura e dei motivi della imputazione contestatagli esprime un contenuto di valore implicito nel riconoscimento costituzionale, a favore di ogni uomo (cittadino o straniero) del diritto inviolabile alla difesa (art. 24, secondo comma, Cost.). Ne consegue che, in ragione della natura di quest'ultimo quale principio fondamentale, ai sensi dell'art. 2 Cost., il giudice e' sottoposto al vincolo interpretativo di conferire alle norme della legge ordinaria (in particolare dell'art. 143 cod.proc.pen.) che al diritto all'esatta comprensione dell'accusa danno esplicita garanzia, un significato espansivo diretto a renderlo, nei limiti del possibile, concreto ed effettivo.

SENT. 10/93 D. PROCESSO PENALE - IMPUTATO STRANIERO NON A CONOSCENZA DELLA LINGUA ITALIANA - DIRITTO ALL'ASSISTENZA DI UN INTERPRETE - NORMATIVA CODICISTICA - AMBITO DI APPLICAZIONE - INTERPRETAZIONE NECESSARIAMENTE ESTENSIVA - FONDAMENTO.

Riguardo al diritto dell'imputato straniero non a conoscenza della lingua italiana all'assistenza gratuita dell'interprete, dal collegamento dell'art. 143, primo comma, cod.proc.pen. - che tale diritto prevede - sia con le norme delle Convenzioni internazionali che esigono che l'imputato sia sollecitamente e dettagliatamente informato dell'accusa nella lingua che comprende, sia con la garanzia del diritto di difesa quale diritto inviolabile assicurata dall'art. 24, in relazione all'art. 2 Cost.; dalla funzione di assistenza all'imputato, e non solo di collaborazione con l'autorita' giudiziaria, che la norma del codice vigente - a differenza dell'art. 326 di quello abrogato - assegna all'interprete; dalla impossibilita', infine, di riconoscere nelle specifiche disposizioni degli artt. 109, secondo comma, e 169, terzo comma, cod.proc.pen. - concernenti, il primo, il diritto del cittadino italiano appartenente a minoranza linguistica, di richiedere la traduzione degli atti a lui indirizzati anche se comprenda la lingua italiana, e, a sua volta, il secondo, l'obbligo di notificare all'estero, tradotto nella lingua dell'imputato straniero, l'invito a dichiarare o ad eleggere domicilio nel territorio dello Stato - dei limiti al significato normativo della generale disposizione dell'art. 143, si e' indotti a ritenere che ad esso debba darsi un'applicazione estensibile a tutte le ipotesi in cui l'imputato, senza l'assistenza dell'interprete, vedrebbe pregiudicato il suo diritto a partecipare effettivamente allo svolgimento del processo, con il conseguente obbligo dell'autorita', in tal caso, di provvedere immediatamente alla nomina dell'interprete, e cio' anche (in virtu' dell'art. 61 e dello stesso art. 143, terzo comma, cod.proc.pen.) nella fase delle indagini preliminari. - V. sent. n. 62/1992 e massime precedenti B e C.

SENT. 10/93 E. PROCESSO PENALE - IMPUTATO STRANIERO NON A CONOSCENZA DELLA LINGUA ITALIANA - DECRETO DI CITAZIONE A GIUDIZIO AVANTI AL PRETORE E DECRETO DI GIUDIZIO IMMEDIATO CONTENENTE L'AVVISO E IL TERMINE PER IL RITO ABBREVIATO - LAMENTATA OMESSA PREVISIONE DELLA TRADUZIONE DI TALI ATTI IN LINGUA A LUI NOTA - ASSERITA VIOLAZIONE DEI DIRITTI DI DIFESA E DEL PRINCIPIO DELLA LEGGE DI DELEGA RELATIVO ALL'OBBLIGO DI ADEGUAMENTO DELLE NORME PROCESSUALI ALLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI RATIFICATE - ESCLUSIONE - RITENUTA NECESSITA' DELLA TRADUZIONE DEGLI ATTI IN QUESTIONE - NON FONDATEZZA NEI SENSI DI CUI IN MOTIVAZIONE.

Una corretta interpretazione dell'art. 143 cod.proc.pen. (v. massima precedente) riguardo al diritto - da esso previsto - dell'imputato straniero, non a conoscenza della lingua italiana, all'assistenza gratuita di un interprete, comporta che l'attivita' svolta da quest'ultimo ricomprenda, fra l'altro, la traduzione, in tutti i suoi elementi costitutivi - incluso l'avviso relativo alla facolta' di richiedere il giudizio abbreviato - del decreto di citazione a giudizio, sia se emesso dal giudice per le indagini preliminari (nel procedimento innanzi al tribunale), sia se adottato dal pubblico ministero (nel rito pretorile). Pertanto, non valendo in contrario addurre che nelle disposizioni concernenti il decreto di citazione a giudizio (sia dell'art. 555, terzo comma, sia degli artt. 456, secondo comma, e 458, primo comma, cod.proc.pen.) manchi al riguardo la previsione di un espresso obbligo, cadono le censure di incostituzionalita' avanzate, nei confronti di queste disposizioni, sull'errato presupposto che la regola dettata dall'art. 143, primo comma, cod.proc.pen. sia rigorosamente circoscritta - con le sole eccezioni stabilite dagli artt. 109, secondo comma, e 169, terzo comma - agli atti orali. (Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, delle questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 76 della Costituzione, e, rispettivamente, in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost., dell'art. 555, terzo comma, e del combinato disposto formato dagli artt. 458, primo comma, e 456, secondo comma, cod.proc.pen., nelle parti in cui non prevedono, il primo, che il decreto di citazione a giudizio, e, il secondo, che l'avviso comprensivo dell'indicazione del termine entro cui va richiesto il giudizio abbreviato, siano, nei riguardi dell'imputato straniero che ignora la lingua italiana, notificato e, rispettivamente, tradotto, anche nella lingua da lui conosciuta).

Parametri costituzionali

SENT. 10/93 F. PROCESSO PENALE - IMPUTATO STRANIERO NON A CONOSCENZA DELLA LINGUA ITALIANA - DECRETO DI GIUDIZIO IMMEDIATO - TERMINE PER RICHIEDERE IL GIUDIZIO ABBREVIATO - DECORRENZA DALLA DATA DI NOTIFICAZIONE DEL DECRETO DI CITAZIONE ALL'IMPUTATO ANZICHE', SE POSTERIORE A QUESTA, DALLA DATA DI NOTIFICAZIONE DELL'AVVISO AL DIFENSORE - VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA, DENUNCIATA IN SUBORDINE ALL'ESITO DELLA QUESTIONE GIA' SOLLEVATA PER LA NON PREVISTA TRADUZIONE, IN LINGUA NOTA ALL'IMPUTATO, DELLA INDICAZIONE, NEL DECRETO DI CITAZIONE, DI TALE TERMINE - SUPERAMENTO DELLA QUESTIONE (IN SEGUITO ALLA DECISIONE INTERPRETATIVA ADOTTATA SU QUELLA PRINCIPALE).

Poiche', alla luce dell'interpretazione da darsi all'art. 143, primo comma, cod.proc.pen. circa il diritto dell'imputato straniero che ignori la lingua italiana all'assistenza di un interprete, anche l'avviso, di cui all'art. 458 cod.proc.pen., contenente l'indicazione del termine entro cui richiedere il giudizio abbreviato, deve essere tradotto (v. massima precedente) in lingua a lui nota, non ha piu' ragion d'essere la questione proposta, in via subordinata, nei confronti dello stesso art. 458, primo comma, in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui prevede che il termine di decadenza di sette giorni, prescritto per la richiesta del giudizio abbreviato, decorra dalla data della notificazione del decreto di citazione all'imputato anziche', per l'imputato straniero che non conosce la lingua italiana, dalla data della notifica dell'avviso al difensore, quando questa si perfezioni successivamente.

Parametri costituzionali