Articolo 453 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 455 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, in quanto precluderebbe alla difesa la possibilità di interloquire sulla richiesta di giudizio immediato del pubblico ministero. Infatti, da un lato, diversamente da quanto ritiene il rimettente, i presupposti e la peculiare struttura del giudizio immediato non privano la difesa di esercitare le più opportune iniziative defensionali prima dell'emissione del decreto che dispone tale giudizio; dall'altro, le peculiari esigenze di celerità e di risparmio di risorse processuali che connotano il giudizio immediato, rendono non evocabili i principî del pieno contraddittorio e della parità delle parti. - Sul diritto di difesa in relazione al giudizio immediato, v. citata ordinanza n. 203/2002. - Sui principî del "giusto processo", non evocabili in relazione alle forme introduttive del giudizio, v. citate sentenza n. 115/2001 e ordinanza n. 203/2002.
Manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell?art. 453 cod. proc. pen., sollevata in riferimento agli artt. 3, e 24, secondo comma, Cost. nella parte in cui non prevede che la richiesta di giudizio immediato debba essere preceduta dall?avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen. in quanto l?estensione al giudizio immediato delle modalità del diritto di difesa previste dalla disposizione da ultimo citata si porrebbe in antinomia con i presupposti che giustificano la costruzione di questo rito secondo criteri di massima celerità e semplificazione, senza il filtro dell?udienza preliminare, analogamente agli altri procedimenti speciali ? giudizio direttissimo e decreto penale di condanna ? nei quali, per ragioni diverse, non è previsto l?avviso di conclusione delle indagini. - Cfr. sentenze n. 344/1991 e n. 16/1970 e ordinanze n. 326/1999 e n. 432/1998 e ancora ordinanze n. 276/1995 e n. 482/1992.
La previsione dell'art. 28, comma 4, d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, circa la preclusione della sospensione del processo per messa alla prova nel caso in cui l'imputato chieda il giudizio immediato, appare in contrasto con gli artt. 3, 31, secondo comma, e 24, secondo comma, Cost., per le stesse considerazioni svolte in ordine alla preclusione conseguente a richiesta di giudizio abbreviato, parallelamente contenuta nella citata disposizione. Percio', anche se, riguardo a tale ipotesi, la previsione 'de qua' non e' stata fatta oggetto di apposita impugnativa da parte del giudice 'a quo', anche ad essa, a norma dell'art. 27, legge n. 87 del 1953, deve estendersi la illegittimita' costituzionale. Deve solo aggiungersi che spettera' alla giurisprudenza valutare se l'esigenza del convincimento del giudice in ordine alla responsabilita' penale dell'imputato - che costituisce un presupposto logico essenziale del provvedimento dispositivo della messa alla prova - richieda, in questo caso, che la sospensione non possa intervenire nella fase predibattimentale, occorrendo, viceversa, affinche' possa ritenersi adeguatamente formato quel convincimento, che il giudice tenga conto anche dell'istruzione dibattimentale. Va, infine, rilevato che dalle due dichiarazioni di illegittimita' costituzionale parziale consegue la perdita di efficacia dell'intero comma quarto dell'art. 28. - V. la massima B. red.: G. Conti
Nessuna disposizione del codice di procedura penale consente al giudice del dibattimento un sindacato - la cui eventuale introduzione peraltro non potrebbe non rientrare nella discrezionalita' del legislatore - sulla valutazione di evidenza della prova in base alla quale il giudice delle indagini preliminari abbia ritenuto di disporre il giudizio immediato, ma cio' non gli impedisce (v. massima A) di valutare, all'esito del dibattimento, se il giudice delle indagini preliminari abbia fondatamente ritenuto non definibile il processo allo stato degli atti e rigettato la richiesta di giudizio abbreviato, disponendo, nell'ipotesi di valutazione negativa, la riduzione di pena prevista dall'art. 442 cod.proc.pen., e neppure di pronunciarsi (v. massima B) sull'ammissibilita' del richiesto patteggiamento. (Manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., degli artt. 453, 456 e 458 cod. proc. pen., in parte 'qua'). - sull'integrazione delle prove per il rito abbreviato e sulla necessita' dell'intervento legislativo nella scelta delle soluzioni v. sent. n. 92/1992; - sulla possibilita' dell'applicazione, a dibattimento concluso, della diminuente ex art. 442 cod.proc.pen. v. sent. n. 23/1992.
Qualora, per divergenze tra P.M. e giudice delle indagini preliminari sulle condizioni per poter ritenere soddisfatta l'esigenza posta dall'art. 453 cod.proc.pen., del "previo interrogatorio dell'imputato", (riguardo, come nel caso di specie, all'omessa comparizione dell'imputato in seguito all'invito a presentarsi - secondo il P.M., ma non secondo il giudice, condizione sufficiente - e alla richiesta di autorizzazione all'accompagnamento coattivo - secondo il giudice, ma non secondo il P.M., condizione, invece, conseguentemente necessaria) non risulti possibile accogliere la richiesta di giudizio immediato, non sussiste, potendosi comunque procedere con il rito ordinario, violazione del diritto di difesa, ne' dell'obbligo di promozione dell'azione penale e neppure dei principi della legge di delega. (Non fondatezza, in riferimento agli artt. 24 e 112 Cost., e, in relazione all'art. 2, punto 44, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, all'art. 76 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 453 cod.proc.pen.)
A differenza dal decreto penale, che incide direttamente sugli interessi del condannato, il decreto con il quale il giudice delle indagini preliminari, non ritenendo ricorrere le condizioni per il giudizio immediato, restituisce gli atti al P.M., e' un provvedimento ordinatorio del processo, che lascia al P.M. ampia liberta' di scelte ulteriori. E' quindi del tutto giustificato che riguardo a tale provvedimento non sia prevista la possibilita' - come quella consentita al condannato contro il decreto penale - di una opposizione del P.M.. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 3 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 453 cod.proc.pen.).