Articolo 649 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 149/2022Depositata il 16/06/2022
Il diritto al ne bis in idem trova riconoscimento, a livello interno, negli artt. 24 e 111 Cost. e, a livello internazionale, negli artt. 4, par. 1, Prot. n. 7 CEDU e 50 CDFUE. ( Precedente: S. 200/16 - mass. 39029 ). La garanzia convenzionale del ne bis in idem mira a tutelare l'imputato non solo contro la prospettiva dell'inflizione di una seconda pena, ma ancor prima contro la prospettiva di subire un secondo processo per il medesimo fatto, a prescindere dall'esito del primo. La ratio primaria della garanzia - declinata quale diritto fondamentale della persona - è dunque quella di evitare l'ulteriore sofferenza, e i costi economici, determinati da un nuovo processo in relazione a fatti per i quali quella persona sia già stata giudicata. Il ne bis in idem non si oppone, invece, alla possibilità che l'imputato sia sottoposto, in esito a un medesimo procedimento, a due o più sanzioni distinte per il medesimo fatto (pene detentive, pecuniarie e interdittive), ferma la diversa garanzia rappresentata dalla proporzionalità della pena, fondata sugli artt. 3 e 27 Cost. e sull'art. 49, par. 3, CDFUE. (Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 4 Prot. 7 CEDU - l'art. 649 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall'art. 171- ter della legge n. 633 del 1941, che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l'illecito amministrativo di cui all'art. 174- bis della medesima legge. Il sistema di doppio binario sanzionatorio previsto in materia di protezione del diritto d'autore dagli artt. 171- ter e 174- bis - che puniscono con la reclusione congiunta alla multa e con una sanzione amministrativa pecuniaria, di natura sostanzialmente penale, le medesime condotte illecite - viola il diritto al ne bis in idem, secondo i criteri enucleati dalla Corte EDU, in quanto tra il procedimento penale e quello amministrativo non è ravvisabile una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta, in modo che essi possano ritenersi preordinati ad una risposta coerente e unitaria alla tipologia di illeciti in esame. I due procedimenti perseguono infatti una funzione dissuasiva sovrapponibile e, benché originino dalla medesima condotta, non sono in alcun modo coordinati sotto il profilo probatorio e temporale; né è consentito al giudice penale - ovvero all'autorità amministrativa ove sia già intervenuto il giudicato penale - di tenere conto della sanzione già irrogata, in modo da evitare un trattamento sanzionatorio sproporzionato. La declaratoria di illegittimità costituzionale - limitata, secondo il petitum del rimettente, all'eventualità in cui il processo penale segua quello amministrativo - non è tuttavia idonea ad evitare tutte le possibili violazioni del diritto al ne bis in idem create dalla legge n. 633 del 1941, in particolare nell'ipotesi inversa a quella considerata (in cui il procedimento amministrativo segua il processo penale), né a conferire razionalità complessiva al sistema. Spetta pertanto al legislatore rimodulare la disciplina in esame in modo da assicurare un adeguato coordinamento tra le previsioni procedimentali e sanzionatorie, nel quadro di un'auspicabile rimeditazione complessiva dei vigenti sistemi di doppio binario sanzionatorio alla luce dei principi enunciati dalla Corte EDU, dalla Corte di giustizia UE e dalla Corte costituzionale. ( Precedenti: S. 145/20 - mass. 43533; S. 222/19 - mass. 40891; S. 43/18 - mass. 39971 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4
Pronuncia 136/2021Depositata il 01/07/2021
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per insufficiente descrizione della fattispecie e difetto di motivazione sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte d'appello di Bologna, sez. prima pen., in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 4 Prot. n. 7 CEDU - dell'art. 649 cod. proc. pen., nella parte in cui non preclude un nuovo giudizio nel caso in cui il medesimo soggetto sia già stato giudicato per il medesimo fatto in un procedimento amministrativo conclusosi con una sanzione amministrativa irrevocabile, da considerarsi sostanzialmente penale alla luce dei criteri fissati dalla giurisprudenza CEDU. La prima ordinanza di rimessione non indica né descrive le previsioni normative in forza delle quali è stata irrogata la sanzione amministrativa, non consentendo di verificare i presupposti di applicabilità della garanzia convenzionale del ne bis in idem ; la seconda ordinanza del medesimo giudice - in disparte il profilo della ritenuta definitività della sanzioni amministrative irrogate nella specie - omette invece di chiarire perché le sanzioni amministrative e quella penale detentiva perseguirebbero la stessa finalità, né dà conto delle disposizioni che regolano i rapporti tra i due procedimenti (amministrativo e penale) in materia tributaria, così incorrendo in lacune argomentative che si riverberano sulla rilevanza della questione. ( Precedenti citati: sentenza n. 222 del 2019; ordinanza n. 114 del 2020 ). Per costante giurisprudenza costituzionale, l'omessa o insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo - non emendabile mediante la diretta lettura degli atti, preclusa dal principio di autosufficienza dell'ordinanza di rimessione - determina l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in quanto impedisce di verificare la sua effettiva rilevanza. ( Precedenti citati: ordinanze n. 147 del 2020, n. 108 del 2020, n. 203 del 2019, n. 64 del 2019, n. 191 del 2018, n. 64 del 2018, n. 210 del 2017 e n. 185 del 2013 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4
Pronuncia 114/2020Depositata il 12/06/2020
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, perché identiche ad altre già dichiarate inammissibili, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Rovigo in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 4 Prot. n. 7 CEDU e all'art. 50 CDFUE - dell'art. 649 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell'imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell'ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della CEDU e dei relativi Protocolli. Il rimettente è incorso nelle medesime carenze argomentative evidenziate dalla sentenza n. 222 del 2019 che, con riferimento ad identiche questioni, ha ritenuto inammissibile, per insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza e sulla rilevanza, la censura di contrasto della norma impugnata con il divieto convenzionale del bis in idem . Le censure relative alla lesione dell'art. 3 Cost. risultano - analogamente a quelle esaminate nella sentenza n. 222 del 2019 - meramente ancillari rispetto a quelle prospettate in riferimento agli altri parametri, sicché la declaratoria di manifesta inammissibilità di queste ultime non può che riverberarsi sulle prime. ( Precedente citato: sentenza n. 222 del 2019 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 117
- Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4
- carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea di Nizza-Art. 50
Pronuncia 222/2019Depositata il 24/10/2019
Sono dichiarate inammissibili, per insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza e sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Bergamo in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU e, implicitamente, all'art. 50 CDFUE - dell'art. 649 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti di imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell'ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della CEDU e dei relativi Protocolli. L'ordinanza di rimessione non chiarisce adeguatamente le ragioni per le quali non sarebbero soddisfatte le condizioni di ammissibilità di un "doppio binario" procedimentale e sanzionatorio per l'omesso versamento di IVA (reato oggetto del giudizio a quo ), così come enunciate dalla giurisprudenza europea evocata. Infatti, tanto la Corte EDU, quanto la CGUE non affermano che la mera sottoposizione di un imputato a un processo penale per il medesimo fatto per il quale egli sia già stato definitivamente sanzionato in via amministrativa integri, sempre e necessariamente, una violazione del ne bis in idem , ma enunciano le condizioni in presenza delle quali detta violazione debba essere esclusa. La carente motivazione sulla asserita incompatibilità tra la disposizione censurata e il ne bis in idem , alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza europea, si riverbera sulle censure di irragionevolezza, declinate come ancillari rispetto alla prima. ( Precedente citato: sentenza n. 43 del 2018 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 117
- Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 50
Pronuncia 54/2018Depositata il 08/03/2018
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per carente e incerta motivazione dell'ordinanza di rimessione, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Lecce in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. e in relazione all'art. 4 del Protocollo addizionale n. 7 alla CEDU - degli artt. 3, comma 1, della legge n. 898 del 1996 e 649 cod. proc. pen. che prevedono, rispettivamente, il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria [in caso di operazioni commerciali fittizie a danno dei fondi agricoli europei] e il divieto di sottoporre lo stesso imputato, condannato o prosciolto con sentenza irrevocabile, a un secondo procedimento penale per il medesimo fatto, solo in caso di giudizi formalmente qualificati come penali. Il rimettente, nel denunciare che le due norme censurate violerebbero il principio convenzionale nell'accezione precisata dalla Corte EDU, secondo cui il divieto di bis in idem impedirebbe che la stessa persona sia sottoposta ad un secondo giudizio in relazione al medesimo fatto inteso come dato fenomenico, indipendentemente dalla qualificazione dello stesso come reato o come illecito amministrativo, oblitera del tutto la differenza tra la tutela del divieto suddetto nell'ambito della CEDU e nell'ambito dell'Unione europea, trascurando di esaminare i principi di diritto UE applicabili al caso di specie (peraltro, non del tutto coincidenti con quelli sviluppati dalla Corte EDU); in tal modo, omette passaggi motivazionali indispensabili per un'adeguata prospettazione delle questioni di legittimità costituzionale. Risulta, inoltre, omessa qualsiasi motivazione sui presupposti per cui la Corte EDU riconosce la natura sostanzialmente penale alla sanzione amministrativa prevista dalla norma censurata, ed è insufficiente la stessa descrizione della fattispecie in esame; né, infine, è presa in alcuna considerazione la circostanza che il procedimento penale concluso, per lo stesso fatto storico, con la dichiarata prescrizione del reato, ha riguardato una persona fisica, mentre quello di cui è investito - opposizione alla sanzione ammnistrativa pecuniaria - riguarda la società di cui la medesima persona fisica è legale rappresentante. Secondo la giurisprudenza costituzionale, la motivazione carente, insufficiente e confusa dell'ordinanza di rimessione determina la manifesta inammissibilità delle questioni sollevate, quando i vizi siano particolarmente gravi. ( Precedente citato: ordinanza n. 373 del 2004 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
- legge-Art. 3, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4
Pronuncia 54/2018Depositata il 08/03/2018
Affermata la manifesta inammissibilità - per carente e incerta motivazione dell'ordinanza di rimessione - delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge n. 898 del 1996 e dell'art. 649 cod. proc. pen., sono assorbite le ulteriori eccezioni di inammissibilità delle questioni sollevate [circa l'irrilevanza delle medesime questioni e la mancata sussistenza del presupposto per l'applicazione del parametro convenzionale evocato].
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
- legge-Art. 3, comma 1
Pronuncia 43/2018Depositata il 02/03/2018
Non è accolta l'eccezione d'inammissibilità, per difetto di rilevanza, nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. pen., censurato nella parte in cui non prevede il divieto di un secondo giudizio nei confronti di un imputato al quale, per gli stessi fatti, sia già stata irrogata nell'ambito di un processo amministrativo una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU. Il giudice a quo ha affermato motivatamente che la sanzione tributaria non è più soggetta a impugnazione, e tanto basta per ritenere che sussistono, sotto tale profilo, le condizioni perché operi il divieto di bis in idem.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
Pronuncia 43/2018Depositata il 02/03/2018
Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. pen., non è accolta la richiesta di restituzione degli atti , formulata perché il rimettente rivaluti la rilevanza della questione in ragione della causa di non punibilità introdotta dall'art. 11 del d.lgs. n. 158 del 2015, che ha sostituito l'art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000. Il citato art. 11 non costituisce ius superveniens, in quanto anteriore all'ordinanza di rimessione, sicché non vi sono i presupposti di una restituzione degli atti; in ogni caso, la descrizione dei fatti esposta dal rimettente consente di escludere la sussistenza della causa di non punibilità suddetta.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
Pronuncia 43/2018Depositata il 02/03/2018
È ammissibile la questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. pen, censurato nella parte in cui non prevede il divieto di un secondo giudizio nei confronti di un imputato al quale, per gli stessi fatti, sia già stata irrogata nell'ambito di un processo amministrativo una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU . Il rimettente per un verso ha motivatamente e convincentemente esclusa la possibilità di un'interpretazione costituzionalmente conforme della norma censurata; per un altro verso ha correttamente interpretato la normativa interposta - art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU - in forza della giurisprudenza europea allora in essere, secondo cui il ne bis in idem convenzionale opera, nel rapporto tra accertamento tributario e accertamento penale, ogni qual volta sia stato definito uno dei relativi procedimenti. ( Precedenti citati: sentenze n. 253 del 2017, n. 200 del 2016, n. 102 del 2016, n. 36 del 2016 e n. 221 del 2015 ). Le disposizioni della CEDU e dei suoi protocolli addizionali vivono nel significato loro attribuito dalla giurisprudenza della Corte EDU, che introduce un vincolo conformativo a carico dei poteri interpretativi del giudice nazionale quando può considerarsi consolidata. ( Precedenti citati: sentenze n. 49 del 2015, n. 349 del 2007 e n. 348 del 2007 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
Parametri costituzionali
- Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4
Pronuncia 43/2018Depositata il 02/03/2018
È ordinata la restituzione degli atti al Tribunale di Monza, perché rivaluti, alla stregua della mutata giurisprudenza convenzionale, la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. pen., censurato in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 4 del Prot. n. 7 della CEDU, nella parte in cui non prevede l'applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell'imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell'ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della CEDU e dei relativi Protocolli. La sentenza della Corte EDU 15 novembre 2016, A e B contro Norvegia, ha enunciato il principio di diritto secondo cui il ne bis in idem non opera quando i procedimenti sono avvinti da un legame materiale e temporale sufficientemente stretto, modificando la precedente giurisprudenza, per la quale il divieto di bis in idem era sostanzialmente inderogabile e di natura esclusivamente processuale. Per effetto di tale sentenza si è passati dal divieto imposto agli Stati aderenti di configurare per lo stesso fatto illecito due procedimenti che si concludono indipendentemente l'uno dall'altro, alla facoltà di coordinarli nel tempo e nell'oggetto, in modo che essi possano reputarsi nella sostanza come preordinati a un'unica, prevedibile e non sproporzionata risposta punitiva, avuto specialmente riguardo all'entità della pena (in senso convenzionale) complessivamente irrogata. La nuova regola espressa dalla Corte EDU, 15 novembre 2016, A e B contro Norvegia, considerata diritto vivente, rende meno probabile l'applicazione del divieto convenzionale di bis in idem alle ipotesi di duplicazione dei procedimenti sanzionatori per il medesimo fatto, senza però escludere che tale applicazione si imponga di nuovo, sia nell'ambito degli illeciti tributari, sia in altri settori dell'ordinamento, ogni volta che venga a mancare l'adeguato legame temporale e materiale tra essi. Resta perciò attuale l'invito al legislatore a stabilire quali soluzioni debbano adottarsi per porre rimedio alle frizioni che il sistema del c.d. doppio binario genera tra l'ordinamento nazionale e la CEDU. ( Precedenti citati: sentenza n. 102 del 2016; ordinanza n. 150 del 2012 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 649
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.