Articolo 512 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per difetto di motivazione sulla rilevanza, formulata nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 512 cod. proc. pen. Il rimettente ha adeguatamente descritto la fattispecie oggetto del procedimento a quo e ha adeguatamente, e comunque in modo non implausibile, motivato la rilevanza della questione. Per costante giurisprudenza costituzionale, il giudizio di rilevanza è riservato al rimettente, sì che l'intervento della Corte costituzionale deve limitarsi ad accertare l'esistenza di una motivazione sufficiente, non palesemente erronea o contraddittoria, senza spingersi fino a un esame autonomo degli elementi che hanno portato il giudice a quo a determinate conclusioni potendo interferire su tale valutazione solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento. Ciò che conta è, pertanto, la valutazione che il rimettente deve effettuare in ordine alla possibilità che il procedimento pendente possa o meno essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata. ( Precedenti citati: sentenze n. 122 del 2019 e n. 71 del 2015 ).
Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 512 cod. proc. pen., non si può contestare al rimettente di non avere esperito un tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme della norma censurata. Una tale interpretazione, a parere del giudice a quo , è comunque impedita dalla sua formulazione letterale. ( Precedenti citati: sentenze n. 204 del 2016 e n. 95 del 2016 ).
È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 512, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che, alle condizioni ivi stabilite, sia data lettura delle dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari (GIP) in sede di interrogatorio di garanzia dall'imputato di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma 2, lett. b ), che, avendo ricevuto l'avvertimento di cui all'art. 64, comma 3, lett. c), sia stato citato per essere sentito come testimone (c.d. testimone assistito). Essendo l'art. 512 cod. proc. pen. norma di riferimento e residuale in tema di recupero degli atti a contenuto dichiarativo di cui sia impossibile la ripetizione in dibattimento per circostanze sopravvenute, in conformità ai principi di cui all'art. 111, quinto comma, Cost., è irragionevole che tale disposizione non contempli le citate dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità dell'imputato, rese al giudice nel corso delle indagini preliminari da un soggetto giudicato per reato collegato, il quale abbia poi assunto l'ufficio di testimone. Poiché dall'assunzione della qualità di testimone, all'atto della deposizione dibattimentale, discendono l'attribuzione dei relativi obblighi, nonché le modalità di escussione e i correlati adempimenti formali, si impone, infatti, l'applicabilità allo stesso soggetto del regime di acquisizione delle pregresse dichiarazioni dettato dall'art. 512 cod. proc. pen., ove la sua deposizione in dibattimento sia impedita da una impossibilità sopravvenuta di ripetizione. ( Precedenti citati: sentenza n. 440 del 2000; ordinanza n. 355 del 2003 ). Ai fini della disciplina della lettura delle dichiarazioni predibattimentali, per l'assunzione della qualità di testimone - "puro" o "assistito" che sia - non rileva soltanto l'atto della deposizione dibattimentale, ma già l'attribuzione dei relativi obblighi, che discendono dalla citazione o dalla ammissione del giudice e, prima ancora, dall'avvertimento di cui all'art. 64, comma 3, lett. c ), cod. proc. pen., formulato all'imputato di reato connesso o collegato a norma dell'art. 371, comma 2, lett. b ) prima delle sue dichiarazioni sulla responsabilità di altri. ( Precedente citato, rimeditato: ordinanza n. 112 del 2006, secondo cui la qualifica di "testimone assistito" viene assunta dal dichiarante al momento dell'esame dibattimentale, valendo sino a quel momento, ai fini della eventuale lettura delle dichiarazioni in caso di irripetibilità, la posizione che il dichiarante aveva al momento in cui ha reso le suddette dichiarazioni ).
Accolta parzialmente, per violazione dell'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 512, comma 1, cod. proc. pen., rimane assorbita l'ulteriore censura proposta in riferimento all'art. 111 Cost.
Manifesta inammissibilità - per difetto di motivazione sulla rilevanza - della questione di legittimità costituzionale dell'art. 512 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non consente di dare lettura delle dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari da persona che nel corso del dibattimento ha assunto la veste di testimone "assistito", nel caso in cui ne sia divenuta impossibile la ripetizione per fatti o circostanze imprevedibili. Infatti la carente descrizione della fattispecie 'a quo' non consente di valutare se nel caso in esame avrebbe potuto trovare applicazione l'art. 238, comma 3, cod. proc. pen., che prevede l'acquisizione della documentazione di atti di altri procedimenti di cui è divenuta impossibile la ripetizione per fatti o circostanze imprevedibili.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell?art. 512 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all?art. 111, quinto comma, della Costituzione, nella parte in cui consente la lettura degli atti assunti nel corso delle indagini preliminari solo quando ne è divenuta impossibile la ripetizione per fatti o circostanze imprevedibili. Infatti, la disposizione censurata, che disciplina l?oggettiva impossibilità di procedere all?assunzione dell?atto, non è applicabile - contrariamente a quanto ritiene il giudice 'a quo' in base ad erronea interpretazione - alla situazione oggetto del giudizio principale concernente la mera incapacità dedotta dal teste di richiamare alla memoria il contenuto dell?atto assunto durante le indagini preliminari. - Sull?applicabilità dell?art. 512 cod. proc. civ., con riferimento ad una diversa situazione di fatto comportante l?impossibilità di ripetizione per infermità sopravvenuta, v. citata ordinanza n. 20/1995. M.F.
Restituzione degli atti al giudice rimettente affinché verifichi la perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell?art. 512 del codice di procedura penale, censurato, in riferimento agli articoli 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto non prevedeva che il giudice, a richiesta di parte, potesse disporre la lettura e l?acquisizione al fascicolo del dibattimento anche degli atti assunti dai difensori delle parti private quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne fosse divenuta impossibile la ripetizione. Infatti, successivamente all?ordinanza di rimessione la normativa censurata è stata modificata dall?art. 18 della legge 7 dicembre 2000, n. 397, nel senso auspicato dal rimettente. M.F.
Non e' fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 512 cod. proc. pen., impugnato in riferimento all'art. 111 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, nella parte in cui, alla stregua dell'interpretazione indicata dalla sentenza di questa Corte n. 179 del 1994, consente di dare lettura dei verbali delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari da prossimi congiunti dell'imputato che in dibattimento si avvalgano della facolta' di non deporre ai sensi dell'art. 199 cod. proc. pen. L'interpretazione estensiva dell'art. 512 cod. proc. pen. contenuta nella citata sentenza n. 179 del 1994 non e' piu' compatibile con il nuovo quadro normativo determinato dall'entrata in vigore delle modifiche dell'art. 111 Cost. (in particolare, con i commi quarto e quinto di tale disposizione e con il principio del contraddittorio nella formazione della prova nel processo penale cui essi si ispirano). Ne consegue che, poiche' i precetti costituzionali prima ancora che come parametri di legittimita' si pongono come punti di riferimento dell'interpretazione conforme a Costituzione della disciplina sottoposta a scrutinio di costituzionalita', la prospettata questione puo' risolversi in via interpretativa assumendo che, alla luce della nuova formulazione dell'art. 111 Cost., l'art. 512 cod. proc. pen. deve essere interpretato nel senso che non e' consentito dare lettura delle dichiarazioni in precedenza rese dai prossimi congiunti dell'imputato che in dibattimento si avvalgono della facolta' di astenersi dal deporre a norma dell'art. 199 cod. proc. pen., in quanto tale situazione non rientra tra le cause di natura oggettiva di impossibilita' di formazione della prova in contraddittorio previste dalla nuova normativa. Precedenti: - sent. nn. 254 e 255 del 1992 ove e' stato affermato il principio di non dispersione dei mezzi di prova cui si e' ispirata la successiva sent. n. 179 del 1994 (ove l'art. 512 cod. proc. pen. e' stato interpretato estensivamente, sicche' l'esercizio della facolta' del prossimo congiunto dell'imputato di astenersi dal deporre e' stato qualificato come causa di "oggettiva e non prevedibile impossibilita' di ripetizione dell'atto dichiarativo", tale da consentire di dare lettura degli atti assunti anteriormente al dibattimento). L.T.
Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 431, lett. a) e b), 500, 503 e 512 del codice di procedura penale, impugnati, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 101 e 112 della Costituzione, nella parte in cui non consentirebbero l'utilizzazione, ai fini dell'accertamento dei fatti in essi affermati, del verbale contenente la denuncia-querela, in caso di decesso del querelante, in quanto basate su un erroneo presupposto interpretativo, poiche', secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, qualora, per fatti o circostanze imprevedibili, risulti l'impossibilita' di ripetizione del contenuto dell'atto di querela, va applicato l'art. 512 del codice di procedura penale, ritenendo ricompresi, nell'ambito degli atti "assunti" dalla polizia giudiziaria, anche quelli semplicemente "ricevuti" dalla stessa, come nel caso della querela. red.: F. Mangano
Da una piana lettura dell'art. 512 cod. proc. pen. emerge che, ai fini della legittimita' della lettura in dibattimento degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero e dal giudice nel corso dell'udienza preliminare, la norma postula la sola condizione della impossibilita' di ripetizione degli stessi, a motivo di fatti o circostanze imprevedibili, fra i quali nulla autorizza ad escludere un'infermita' del teste (da verificarsi sulla base di accertamenti che spetta al giudice del dibattimento valutare) determinante - come nel caso di specie - una assoluta amnesia sui fatti di causa. Se ne ha conferma, del resto, anche dal coordinamento sistematico dell'art. 512, con il terzo comma dell'art. 195, il quale espressamente prevede lo strumento della testimonianza indiretta (anche della polizia giudiziaria) in caso di infermita' del teste diretto che ne renda impossibile l'esame. Vengono quindi meno le censure di incostituzionalita' avanzate in base all'assunto che nell'ipotesi suddetta la lettura in dibattimento non fosse consentita. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 112 Cost., degli artt. 512 e 514 cod. proc. pen.). - Sulla illegittimita' costituzionale del divieto di testimonianza indiretta per ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, S. n. 24/1992. red.: S.P.