Articolo 23 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Manifesta infondatezza - in quanto, successivamente all?ordinanza di rimessione, identica questione è stata dichiarata non fondata - della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, dell?art. 23, comma 1, del codice di procedura penale, come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale, n. 70 del 1996, nella parte in cui prevede che il giudice del dibattimento, quando dichiara con sentenza la propria incompetenza per territorio, ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente, anziché direttamente a quest?ultimo, anche in relazione ai delitti, per i quali, ai sensi degli artt. 51, comma 3-bis, e 328, comma 1-bis, cod. proc. pen., le funzioni di pubblico ministero e di giudice per le indagini preliminari e per l?udienza preliminare sono esercitate, rispettivamente, dall?ufficio del pubblico ministero e da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. - V. sentenza n. 104/2001. A.M.M.
La sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 1996, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 23 e 24 cod. proc. pen., nella parte in cui dispongono che, quando il giudice nel dibattimento di primo grado dichiara con sentenza la propria incompetenza ovvero quando il giudice di appello annulla la sentenza di primo grado per incompetenza, venga disposta la trasmissione degli atti al giudice competente anzichè al pubblico ministero presso quest'ultimo, presuppone necessariamente che gli atti vadano restituiti a un pubblico ministero e a un giudice dell'udienza preliminare diversi da quelli che, rispettivamente, avevano esercitato l'azione penale e celebrato l'udienza. Pertanto il principio affermato dalla suddetta sentenza, allorché si proceda per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., è applicabile soltanto quando sia messa in discussione la stessa competenza distrettuale, cioè nell'ipotesi in cui venga ritenuto competente un giudice dell'udienza preliminare di altro distretto. Non è, pertanto, fondata, per erroneità del presupposto interpretativo, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 23, comma 1, e 24, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 1996, impongono al giudice che dichiari nel dibattimento di primo grado la propria incompetenza per territorio, ovvero al giudice di appello che annulli la sentenza di primo grado per incompetenza territoriale, la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente, anziché direttamente a quest'ultimo, anche nei procedimenti per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen.. - Per la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 23 e 24 cod. proc. pen., v. sentenze n. 76/1993, n. 214/1993, n. 70/1996. M.R.
Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma primo del codice di procedura penale - nella parte in cui prevede la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente anche nel caso di reati per i quali, ai sensi del citato art. 51, comma 3-bis, la funzione di pubblico ministero e' attribuita a quello presso il tribunale del capoluogo del distreto nel cui ambito ha sede il giudice competente - sollevata in riferimento agli artt. 112 e 3 della Costituzione. Dei due parametri evocati, il primo e' infatti inconferente - per essere la questione attinente ad un momento successivo all'esercizio dell'azione penale di cui l'art. 112 sancisce l'obbligatorieta' - e il secondo (art. 3) non risulta correttamente invocato, poiche' nessuna seria ragione di ordine costituzionale viene adottata a sostegno della richiesta mirante alla rottura della identita' di regolamento processuale per la fase del giudizio e alla creazione di riti differenziati, ov'e' sovrana la discrezionalita' del legislatore. Precedenti: - sentenze nn. 460/1995 e 280/1995, relativamente all'art. 112 Costituzione. - ordinanza n. 15/2000, sulla discrezionalita' del legislatore in tema di riti differenziati.
Manifesta infondatezza della questione, in quanto - posto che la sentenza n. 76 del 1993 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, primo comma, cod. proc. pen., nella parte in cui dispone che, quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la propria incompetenza per materia, ordina la trasmissione degli atti al giudice competente, anziche' al pubblico ministero presso quest'ultimo; e considerato, pertanto, che il pubblico ministero non puo' non adeguarsi alla predetta decisione del giudice - le situazioni di abuso del processo, qual e' quella da cui trae origine la questione in oggetto, non sono suscettibili di apprezzamento in sede di giudizio di costituzionalita', ma danno luogo a problemi risolvibili soltanto nell'ambito delle leggi di ordinamento giudiziario. - Cfr., pure, O. nn. 255/1995; 182/1992; 253/1991. red.: G. Leo
Manifesta inammissibilita' della questione, in quanto concernente norma gia' dichiarata illegittima nella parte denunziata dal giudice 'a quo'. - S. n. 70/1996. red.: A. M. Marini
Manifesta inammissibilita' della questione, concernendo una norma gia' dichiarata costituzionalmente illegittima 'in parte qua'. - S. n. 70/1996. red.: G. Leo
E' costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l'art. 24 Cost., l'art. 23, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede la trasmissione degli atti al giudice competente anziche' al pubblico ministero presso quest'ultimo, quando il giudice del dibattimento dichiari con sentenza la propria incompetenza per territorio. Premesso che con la sent. n. 76 del 1993 e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 1, nella parte in cui dispone che il giudice, qualora abbia dichiarato con sentenza, nel dibattimento di primo grado, la propria incompetenza, trasmetta gli atti al giudice ritenuto competente, anziche' al pubblico ministero presso quest'ultimo, nel caso di specie, a causa dell'erronea individuazione della competenza territoriale da parte del primo pubblico ministero e del giudice dell'udienza preliminare, uno dei due imputati (quello che aveva eccepito l'incompetenza del giudice 'ratione loci') non ha potuto beneficiare della riduzione di pena stabilita per la richiesta del rito abbreviato: e l'imputato non era tenuto a formulare una richiesta subordinata, perche' dall'errore del giudice non possono derivare limitazioni di sorta al diritto di difesa, valore costituzionale garantito in ogni tipo di processo dall'art. 24 Cost..
E' manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza nel procedimento 'a quo', la questione di costituzionalita' degli artt. 22 e 23 cod. proc. pen., sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 25, primo comma, e 3 Cost., nella parte in cui non prevedono che il giudice del dibattimento possa delibare la questione di incompetenza del giudice della udienza preliminare (nella specie, g.u.p. distrettuale competente ex art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen.), gia' eccepita nell'udienza preliminare e poi riproposta ritualmente in dibattimento. - V. mass. A. red.: G. Conti
Questione concernente norma gia' dichiarata costituzionalmente illegittima. - S. n. 76/1993.
La dichiarazione della incompetenza per materia, sia quando con essa si rilevi una erronea applicazione delle disposizioni preposte al riparto della competenza sia quando invece si riscontri una erronea qualificazione giuridica del fatto, riguarda non soltanto l'individuazione dell'organo chiamato in concreto a esercitare la giurisdizione, ma anche la sostanza stessa dell'azione penale. Quale che sia dunque la fonte di siffatte valutazioni, risulta lesivo del diritto di difesa il precludere all'imputato, in una situazione cosi' modificata, la possibilita' di richiedere rispetto ad essa l'instaurazione di un rito che comporta notevoli benefici (soprattutto in termini sanzionatori) qual'e' il giudizio abbreviato. E poiche' la trasmissione degli atti al giudice competente, anziche' al pubblico ministero presso quest'ultimo, prevista dall'art. 23, primo comma, cod.proc.pen., nel caso in cui il giudice del dibattimento (tribunale, pretore o corte d'assise) dichiari la propria incompetenza per materia, pregiudica appunto tale possibilita', lo stesso articolo - assorbiti gli ulteriori parametri invocati - va dichiarato illegittimo per violazione dell'art. 24 della Costituzione. - Sulla non illegittimita' della preclusione dei riti speciali nei casi di contestazione di reato concorrente o di una circostanza aggravante emergenti dal dibattimento v. sent. n. 593/1990 e ordd. nn. 213/1992, 515/1991, 116/1991 e 11/1991.