Articolo 208 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Restituzione degli atti ai giudici rimettenti affinche' valutino se, alla stregua della nuova disciplina applicabile a seguito della sentenza n. 361 del 1998, le questioni sollevate siano tuttora rilevanti. Invero, per effetto della predetta pronuncia della Corte, successiva alla emissione delle ordinanze di rinvio - la quale ha inciso sul quadro normativo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7 agosto 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di valutazione delle prove), con la dichiarazione della illegittimita' costituzionale 'in parte qua', tra l'altro, degli artt. 513, comma 2, e 210 cod. proc. pen. -, qualora il coimputato che abbia in precedenza reso dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilita' di altri, in dibattimento rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su tali fatti, si applica la disciplina degli artt. 210 e 513, comma 2, cod. proc. pen., nonche', in mancanza dell'accordo delle parti, il meccanismo delle contestazioni previsto dall'art. 500, commi 2-'bis' e 4, cod. proc. pen.. red.: G. Leo
Occorre restituire gli atti ai giudici rimettenti affinche' verifichino se, alla luce della nuova disciplina applicabile a seguito della sentenza n. 361 del 1998, le questioni sollevate siano tuttora rilevanti. Invero, per effetto della predetta pronuncia della Corte, successiva alla emissione delle ordinanze di rinvio - la quale ha inciso sul quadro normativo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7 agosto 1997, n. 267 con la dichiarazione della illegittimita' costituzionale 'in parte qua', tra l'altro, degli artt. 513, comma 2, ultimo periodo, e 210 cod. proc. pen. -, qualora il coimputato, che abbia in precedenza reso dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilita' di altri, in dibattimento rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su tali fatti, si applica la disciplina degli artt. 210 e 513, comma 2, cod. proc. pen., nonche', in mancanza dell'accordo delle parti, il meccanismo delle contestazioni previsto dall'art. 500, commi 2-'bis' e 4, cod. proc. pen..
Manifesta infondatezza della questione, gia' piu' volte in tal senso decisa, dalla ricostruzione sistematica, effettuata dal giudice rimettente, del giudizio penale come processo a parti contrapposte del tutto analogo a quello civile, non potendo trarsi validi argomenti per una diversa conclusione. - Da ultimo, O. n. 115/1992. red.: S.P.
Questione gia' dichiarata non fondata. - S. n. 221/1991.
Nel vigente codice di procedura penale sono nettamente distinti l'interrogatorio e l'esame dell'imputato. Il primo, regolato dagli artt. 64, 65, 66, 294, 363, 375 e 376, e' reso nella fase delle indagini preliminari ed e' considerato uno strumento di difesa che mira a garantire all'imputato l'esercizio effettivo del relativo diritto. L'esame dell'imputato, previsto nel dibattimento e regolato a sua volta, per i procedimenti innanzi al tribunale e per quelli innanzi al pretore, dagli artt. 567, 208, 503 e 506 cod. proc. pen., e' considerato un mezzo di prova e, per questa sua natura, e' subordinato alla richiesta o al consenso dello stesso imputato perche' possa valutare la convenienza della sua scelta e le conseguenze che ne derivano. Una volta effettuata la richiesta o prestato il consenso, inoltre, l'imputato ha la facolta' di non rispondere a singole domande, ma della mancata risposta si fa menzione nel verbale per l'eventuale apprezzamento da parte del giudice. Secondo la logica del sistema accusatorio, l'iniziativa della prova spetta alle parti: il giudice ha solo un ruolo di controllo e di sussidiarieta', con la facolta' di indicare i temi nuovi e le lacune da colmare.
Le disposizioni degli artt. 567, 208, 503 e 506 cod. proc. pen., secondo le quali l'esame dell'imputato nel dibattimento e' subordinato al suo consenso o alla sua richiesta, ed il giudice puo' rivolgere domande all'imputato solo dopo che sia stato gia' esaminato, non contrastano con la direttiva n. 5 dell'art. 2 della legge di delega. Tale direttiva, infatti, riguarda essenzialmente la fase delle indagini preliminari e pone le regole da osservarsi per l'interrogatorio come strumento di difesa, materia, questa, alla quale (v. massima A) l'esame dell'imputato nel dibattimento e' del tutto estraneo. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 76 Cost., in relazione all'art. 2, n. 5, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 567, 208, 503 e 506 cod. proc. pen.).
Nelle parti in cui prevedono che l'esame dell'imputato nel dibattimento sia subordinato al suo consenso o alla sua richiesta e che il giudice possa rivolgere domande all'imputato solo dopo che sia stato gia' esaminato, gli artt. 567, 208, 503 e 506 cod. proc. pen. non contrastano con le direttive nn. 73 e 69 della legge di delega. Proprio in aderenza a tali direttive - le quali riguardano la materia delle prove - le disposizioni in questione assicurano infatti la lealta' dell'esame dell'imputato, la genuinita' delle risposte, la pertinenza al giudizio, il rispetto della persona. La subordinazione dell'esame dell'imputato alla sua richiesta o al suo consenso assicura inoltre la conservazione del suo stato e della sua posizione in seno al dibattimento e impedisce che egli si trasformi in testimone involontario, fermo restando che non e' tenuto a discolparsi e che l'accusa deve provare la sua colpevolezza. Con la eliminazione della necessita' della richiesta o del consenso dell'imputato, invece si darebbe all'esame una connotazione di coercibilita' e si introdurrebbe nel dibattimento uno spurio strumento inquisitorio, direttamente gestito dal giudice, in netto contrasto proprio con i principi della legge-delega e con la logica del sistema accusatorio. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 76 Cost., in relazione all'art. 2, nn. 69 e 73 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 567, 208, 503 e 506 cod. proc. pen..
La fase delle indagini preliminari e' nettamente distinta dalla fase del dibattimento. Inoltre, sia nell'una che nell'altra rimangono ben distinti il ruolo, i poteri e le facolta' del P.M. e del giudice. Non puo' pertanto ritenersi contrario al principio di eguaglianza che, mentre nella fase delle indagini preliminari sia il P.M. che il giudice possono procedere all'interrogatorio dell'imputato anche senza il suo consenso, nel dibattimento l'esame dell'imputato puo' effettuarsi solo su richiesta o con il consenso dello stesso imputato. (Non fondatezza, in riferimento all'art. 3 Cost., della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 567, 208, 503 e 506 cod. proc. pen., in parte qua).