Articolo 380 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
La mancata convalida dell'arresto nel termine di legge, con conseguente necessità di liberare l'arrestato, non può essere di ostacolo al promovimento, da parte del giudice della convalida, della questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto le norme che di tale fase regolano presupposti e condizioni. Diversamente, si creerebbe una "zona franca" per la disciplina dell'arresto in flagranza. ( Precedente: S. 137/2020 - mass. 43507 ). (Nel caso di specie, mantengono rilevanza le questioni di legittimità costituzionale - aventi ad oggetto l'art. 380, comma 2, lett. e , cod. proc. pen. - in quanto il provvedimento di liberazione dell'arrestato, imposto al rimettente dall'art. 391, comma 7, ultima parte, cod. proc. pen., non ha comportato l'esaurimento del procedimento di convalida, permanendo l'interesse ad una pronuncia sulla legittimità dell'arresto, il cui esito resta subordinato alla definizione dell'incidente di costituzionalità). ( Precedente: S. 54/1993 - mass. 19308 ).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Firenze in riferimento agli artt. 13 e 3 Cost. - dell'art. 380, comma 2, lett. e) , cod. proc. pen., nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio di chi è colto in flagranza del delitto di tentato furto aggravato dall'uso della violenza sulle cose, salvo che ricorra l'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità. L'arresto obbligatorio previsto dalla disposizione censurata non si risolve in una misura precautelare incompatibile con la Costituzione, in quanto è suscettibile di trasformazione in una misura cautelare coercitiva, ancorché non di tipo carcerario, e ad esso consegue di norma il giudizio direttissimo; né è manifestamente irragionevole, tenuto conto che all'arresto potrà procedersi solo quando non sia possibile desumere, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico, che il danno patrimoniale sarebbe stato di rilevanza minima. Quanto alla possibile operatività - prospettata dal rimettente - dell'esimente della tenuità del fatto ex art. 131- bis cod. pen., essa postula una valutazione, complessiva e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, riservata al giudice della cognizione all'esito del relativo giudizio ed estranea ai profili che vengono in rilievo in sede di convalida dell'arresto e di successiva, eventuale applicazione di una misura cautelare coercitiva. ( Precedente: sentenza n. 54/1993 - mass. 19313 ).
E' manifestamente inammissibile - in ragione della mancata verifica preliminare, da parte del giudice rimettente, della praticabilità di una soluzione interpretativa diversa da quella posta a base del dubbio di legittimità costituzionale e tale da dirimere il fondamento stesso di quel dubbio - la questione di legittimità costituzionale degli artt. 23 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, e 380, comma 2, lettera e) , cod. proc. pen., censurata, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui consentono l'applicazione della misura della custodia cautelare nei confronti degli imputati minorenni in ordine al reato di cui agli artt. 56, 624 e 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, cod. pen., mentre escludono l'applicabilità della stessa misura in riferimento al più grave reato di tentato furto in abitazione, parimenti aggravato dalla violenza sulle cose. Era, infatti, compito del giudice a quo verificare se, nella specie, non fosse possibile interpretare il richiamo all'art. 380, comma 2, lettera e) , cod. proc. pen., contenuto nell'art. 23 del d.P.R. n. 448 del 1988, alla stregua di un rinvio cosiddetto recettizio: vale a dire come richiamo testuale - e normativamente "cristallizzato" - alla disposizione in vigore a quel momento, la quale prevedeva l'arresto obbligatorio (e, dunque, la custodia cautelare per i minorenni) per il delitto di furto, quando ricorresse, fra le altre, taluna delle circostanze aggravanti previste dall'art. 625, primo comma, numeri 1) e 4), seconda ipotesi, cod. pen., nella formulazione all'epoca vigente e suscettibile, dunque, di ricomprendere anche le figure del furto in appartamento e del furto con strappo, ora autonome. - V., citate, ordinanze n. 137/2003, n. 244, n. 64 e n. 34/2006, n. 32/2007.
Riguardo alla questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 380, secondo comma. lett. e) cod.proc.pen. nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio nella flagranza del delitto di furto aggravato da violenza sulle cose, pure nella ipotesi in cui questa abbia cagionato un danno esiguo, va respinta l'eccezione di inammissibilita' per irrilevanza formulata dall'Avvocatura di Stato per avere i giudici 'a quibus' in entrambi i procedimenti in cui l'incidente e' sorto, disposto, contestualmente alla promozione di questo, ai sensi dell'art. 391, settimo comma, ultima parte, cod.proc.pen. (nel testo sostituito dall'art. 25 del d.lgs. n. 12 del 1991) la immediata liberazione dell'arrestata per la impossibilita' di pronunciare, entro le quarantotto ore dall'arresto, la richiesta ordinanza di convalida. Il procedimento di convalida, sospeso con le ordinanze di rimessione, non puo' infatti ritenersi con il provvedimento di liberazione esaurito, ne' di esso i giudici si sono spogliati; e la sua persistenza nonostante la intervenuta liberazione trova ragione nell'interesse generale ad una pronuncia sulla legittimita' dell'arresto, che ha pur sempre determinato una privazione di liberta'.
La questione di legittimita' costituzionale sollevata nei confronti dell'art. 380, secondo comma, lett. e), cod. proc. pen. nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di furto aggravato da violenza sulle cose (art. 625, primo comma, numero 2, prima ipotesi, cod. pen.) anche nella ipotesi in cui questa abbia cagionato un danno esiguo, non merita analitiche considerazioni sotto il profilo del principio di eguaglianza, invocato dai giudici rimettenti in base all'assunto che la mancata esclusione, in tal caso, dell'obbligatorieta' dell'arresto comporta un'ingiustificata parificazione con le ipotesi piu' gravi dello stesso art. 625, n. 2, e al tempo stesso un'ingiustificata differenziazione rispetto sia ad altre ipotesi di furto aggravato per le quali l'arresto e' solo facoltativo, sia rispetto all'esclusione dell'obbligatorieta' dell'arresto prevista per i delitti in materia di sostanze stupefacenti qualora i fatti siano di lieve entita'. Invero, quando una norma e' astrattamente applicabile ad una pluralita' di situazioni, i margini di discrezionalita' che vanno riconosciuti al legislatore sono tali da non consentire, in via generale, un raffronto tra le varie fattispecie che conduca a ritenere vulnerato il canone di cui all'art. 3 Cost..
La fattispecie di furto (consumato o tentato) aggravato dalla violenza sulle cose, ma attenuato dall'esiguita' del danno, non puo' ricondursi alla caratterizzazione dei casi rispetto ai quali il legislatore delegato nel formulare l'art. 380, secondo comma, cod. proc. pen. ha ritenuto sussistenti le speciali esigenze per la tutela della collettivita' per le quali il legislatore delegante ammette la previsione dell'arresto obbligatorio (v. massima D); tali esigenze sono state individuate nella salvaguardia dell'ordine costituzionale (lett. a, i ed l), della sicurezza ed incolumita' pubblica (lett. b, g, h ed e, prima ipotesi) o della liberta', incolumita' e sicurezza individuale, se attentate con mezzi di violenza personale (lett. d e f), o in caso di forme di criminalita' organizzata (lett. l) o di delitti concernenti associazioni di tipo mafioso (lett. m). Allo stato, invece, la gravita' del delitto 'de quo' e' rilevabile solo dall'astratta previsione della pena in quanto, nella realta', la concreta comminazione si e' attenuata essendo possibile il bilanciamento tra aggravanti ed attenuanti o anche la prevalenza delle generiche sulle aggravanti del furto, in secondo luogo l'attenuante di cui all'art. 62, n. 4 cod. pen. rientra tra i fattori dei quali si deve tener conto per la determinazione della pena sia per l'applicazione delle misure cautelari sia della sottoposizione delle fattispecie delittuose al regime dell'arresto obbligatorio o facoltativo, in terzo luogo l'applicazione di tale diminuente e' stata ampliata con la l. n. 19/1990 (art. 2), infine non va nemmeno sottovalutata l'eccezionalita', nell'ottica del legislatore delegante, dell'istituto dell'arresto obbligatorio. Tutti questi fattori (attenuazione della gravita' del delitto di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen., maggior rilevanza delle attenuanti del danno lieve e l'eccezionalita' dell'arresto obbligatorio in flagranza) convergono dunque a far escludere che, nell'intenzione del legislatore delegante, la misura dell'arresto obbligatorio in flagranza possa essere prevista per la fattispecie in esame. Conseguentemente l'art. 380, secondo comma, lett. c), cod. proc. pen. deve essere dichiarato incostituzionale, per violazione dell'art. 76 Cost., nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante di cui all'art. 625, primo comma, n. 2, prima ipotesi del codice penale ma, concorre la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4 dello stesso codice. ____________ N.B.: Massima redatta con riferimento al testo della decisione cosi' come modificato dalla ordinanza di correzione n. 301/1993.
La dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 380, secondo comma, lettera e) del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di furto aggravato, ai sensi dell'art. 625, primo comma, numero 2, prima ipotesi, nel caso in cui ricorra la circostanza attenuante prevista dall'art. 62, numero 4, dello stesso codice, comporta come conseguenza l'inserimento di tale fattispecie tra i casi di arresto facoltativo con la conseguenza della sottrazione al privato di ogni potere coercitivo, tale fatto, peraltro, non sarebbe di impedimento per il legislatore, ove lo ritenesse, di prevedere espressamente, nell'art. 383, la specifica attribuzione al privato del potere di arrestare chi fosse colto nella flagranza del furto aggravato in questione; del resto, un problema analogo, ma che il legislatore non ha ritenuto degno di considerazione, potrebbe porsi anche per il caso del furto con destrezza.
Secondo il diritto vivente formatosi per effetto della soluzione adottata dalle Sezioni unite della Cassazione (sent. 23 marzo 1992, n. 3394) il porto d'arma giocattolo priva di tappo rosso in luogo pubblico o aperto al pubblico non costituisce reato. Cade quindi la censura di incostituzionalita' formulata nei confronti dell'art. 380, secondo comma, lett. g), cod. proc. pen. in relazione all'art. 5, ultimo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, sul presupposto - che l'interpretazione fornita dal giudice cui e' demandata la funzione nomofilattica elimina - che per il porto di una pluralita' di armi giocatolo prive di tappo rosso incorporato nella canna, in quanto equiparato al porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di piu' armi da sparo, fosse obbligatorio l'arresto in flagranza. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 380, secondo comma, lett. g, cod. proc. pen., in relazione all'art. 5, ult. comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.). - Riguardo alla valutazione della pericolosita' delle armi giocattolo: S. nn. 171/1986 e 285/1991.