Articolo 71 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
E' manifestamente inammissibile, perché divenuta priva di oggetto, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 71 cod. proc. pen. e dell'art. 159, primo comma, del cod. pen., impugnati, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111 Cost., nella parte in cui prevedono che i processi penali siano sospesi anche nelle ipotesi in cui sia accertata l'irreversibilità dell'incapacità dell'imputato di partecipare coscientemente al processo «con correlativa sospensione della prescrizione». Infatti, la sentenza n. 45 del 2015, successiva all'ordinanza di rimessione, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 159, primo comma, cod. pen. nella parte in cui, ove lo stato mentale dell'imputato sia tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la sospensione della prescrizione quando è accertato che tale stato è irreversibile. Per la declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua dell'art. 159, primo comma, cod. pen., v. la citata sentenza n. 45 del 2015. Sulla manifesta inammissibilità della questione perché divenuta priva di oggetto in seguito alla declaratoria di illegittimità costituzionale, v., ex multis , le citate ordinanze nn. 252/2014 e 83/2014.
Sono restituiti al rimettente gli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, comma 1, cod. proc. pen., impugnato, in riferimento agli artt. 3, 13, 24, secondo comma, 32 e 111 Cost. e agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 5 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, nella parte in cui, in caso di incapacità processuale, permanente ed irreversibile, di un imputato infermo di mente sottoposto a misura di sicurezza provvisoria detentiva, «non consente al giudice di celebrare il processo e di definirlo con una sentenza, ivi compresa quella di assoluzione per non imputabilità ed applicazione di misure di sicurezza, allorché l'imputato sia rappresentato da un curatore speciale». Infatti, successivamente all'ordinanza di rimessione, è entrato in vigore il d.l. 31 marzo 2014, n. 52 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 maggio 2014, n. 81), il quale, all'art. 1, comma 1- quater , stabilisce che «Le misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima. Per la determinazione della pena a tali effetti si applica l'articolo 278 del codice di procedura penale. Per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo non si applica la disposizione di cui al primo periodo». A fronte di tale ius superveniens , spetta pertanto al giudice rimettente la valutazione circa la perdurante rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione sollevata. Sulla restituzione degli atti al giudice a quo , per una nuova valutazione della questione alla luce del mutato quadro normativo, v. le citate ordinanze nn. 75/2014, 35/2013, 316/2012 e 296/2011.
Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 70 e 71 cod. proc. pen., censurati nella parte in cui non comprendono, nella disciplina della sospensione del procedimento penale per incapacità dell'imputato, il caso di persone che siano assolutamente impossibilitate a comparire nel giudizio per infermità non afferenti allo stato mentale. Posto che la «infermità mentale» cui si riferiscono le norme censurate è una situazione completamente diversa dagli impedimenti connessi a patologie «fisiche», l'attuale disciplina dell'impedimento, già fondata sulla sospensione del processo (e dei termini prescrizionali) per un periodo di durata circoscritta (sessanta giorni, oltre il tempo di durata dell'infermità), assicura un bilanciamento non manifestamente irragionevole tra le esigenze di celerità del procedimento e la imprescindibile garanzia del diritto di difesa, favorendo una più celere reazione al superamento della situazione patologica attraverso accertamenti non vincolati nella forma ed attivati solo in caso di allegazione del perdurante impedimento nell'udienza di rinvio. Tutto questo esclude, in radice, la violazione degli artt. 3 e 111 Cost. Mentre, per quel che riguarda l'art. 97 Cost., va ribadito che il principio di buon andamento della pubblica amministrazione è riferibile anche agli uffici giudiziari esclusivamente per quanto attiene alle leggi ordinamentali ed a quelle che regolano il funzionamento amministrativo degli uffici medesimi, mentre è inapplicabile alle norme di esercizio della funzione giurisdizionale. - Sui limiti di applicabilità del principio del buon andamento della pubblica amministrazione (di cui all'art. 97 Cost.) alle norme riguardanti gli uffici giudiziari: ex plurimis , sentenza n. 272 del 2008 e ordinanza n. 84 del 2011
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 71 del codice di procedura penale, censurato, in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui impone al giudice di sospendere il procedimento penale, ove l'imputato non sia in grado di partecipare coscientemente al processo per infermità mentale, anziché di pronunciare sentenza «meramente processuale» e «non produttiva di effetti preclusivi». Invero, analoga questione di costituzionalità, è già stata dichiarata manifestamente inammissibile con l'ordinanza n. 33 del 2003, ove si è rilevato che l'intervento richiesto dal rimettente - e cioè l'introduzione della possibilità della pronuncia di una sentenza dotata di efficacia "meramente processuale" - «oltre a rientrare, quanto a casi e disciplina, nella esclusiva sfera della discrezionalità legislativa», «riverbererebbe i suoi effetti anche sul piano del decorso dei termini di prescrizione del reato», «così vanificando l'eventuale futura "ripresa" del procedimento, ove, in ipotesi risultasse errata la prognosi di irreversibilità della incapacità processuale dell'imputato». - Vedi anche, citata, l'ordinanza n. 298/1991.
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 71 del codice di procedura penale, censurato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, nella parte in cui impone al giudice di sospendere il procedimento penale, ove l'imputato non sia in grado di partecipare coscientemente al processo per infermità mentale, anziché di pronunciare sentenza «meramente processuale» e «non produttiva di effetti preclusivi». Invero, analoga questione di costituzionalità è già stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 281 del 1995, nella quale si è affermato che non è «ravvisabile una lesione del diritto di difesa, derivando, anzi, dalla sospensione del processo l'impossibilità che venga pronunciata una decisione di condanna nei confronti di una persona che, non potendo partecipare coscientemente al processo, non è in grado di difendersi», poiché «fra il diritto di essere giudicato (che non esclude che all'esito del giudizio venga pronunciata condanna) e il diritto di autodifendersi deve, infatti, ritenersi prevalente quest'ultimo». Inoltre, con la medesima sentenza la Corte ha ritenuto, che «non appare vulnerato neppure il principio di obbligatorietà dell'azione penale perché, a parte la possibilità per il pubblico ministero di compiere le indagini nei limiti previsti dall'art. 70, terzo comma, del codice di procedura penale, l'esercizio dell'azione penale è solo sospeso a tutela del diritto costituzionalmente tutelato all'autodifesa». Infine, per ciò che concerne la violazione dell'art. 3, la dedotta equiparazione tra due situazioni ontologicamente diverse, quali l'infermità mentale «cronica» e quella «transeunte», appare del tutto corrispondente alla ratio sottesa all'art. 70 cod. proc. pen., posto che in entrambe le ipotesi l'imputato si trova menomato, fino a che perdura immutata l'infermità di mente, nella propria "libertà di autodeterminazione", coessenziale all'esercizio del diritto di difesa, sicché il legislatore ha ritenuto di prevedere la sospensione del procedimento. - In relazione alla tutela della "liberta di autodeterminazione" dell'imputato, v., citata, sentenza n. 281/1995.
Le norme di cui agli articoli 70, 71 e 72 del codice di procedura penale ? censurate in riferimento agli articoli 3 e 24, secondo comma, della Costituzione nella parte in cui limitano gli accertamenti sulla persona dell'imputato e i successivi provvedimenti in ordine alla sospensione del procedimento alle sole ipotesi in cui, per infermità mentale, l'imputato non sia in grado di partecipare coscientemente al processo, e non prevedono invece l'applicazione della disciplina della sospensione del processo a tutti quei casi in cui, per infermità fisica di qualsiasi natura, oltre che psichica, l'imputato non sia in grado di partecipare attivamente, esercitando validamente la propria autodifesa ? appartengono ad un sistema normativo chiaramente volto a prevedere la sospensione del processo ogni volta che ?lo stato mentale? dell'imputato ne impedisca la cosciente partecipazione. Partecipazione che non può intendersi limitata alla consapevolezza dell'imputato circa ciò che accade intorno a lui, ma necessariamente comprende anche la sua possibilità di essere parte attiva nella vicenda e di esprimersi, esercitando il suo diritto di autodifesa: con la conseguenza che il processo non può svolgersi non solo quando una malattia definibile in senso clinico come psichica, ma anche quando qualunque altro stato di infermità renda non sufficienti o non utilizzabili le facoltà mentali (coscienza, pensiero, percezione, espressione) dell'imputato. Non sussiste dunque la denunciata lacuna di tutela del diritto di difesa; e neppure la violazione del principio di eguaglianza, dal momento che il descritto sistema si applica in tutti i casi in cui lo stato mentale dell'imputato ne impedisca la consapevole e attiva partecipazione al processo, senza alcuna ingiustificata disparità di trattamento. Non è, pertanto, fondata la relativa questione di legittimità costituzionale. ? In tema di consapevole partecipazione al processo, ricordata la sentenza n. 341/1999, che ha esteso la norma di cui all'art. 119 del codice di procedura penale, che prevede il diritto dell'imputato all'assistenza di un interprete. ? A proposito di infermità mentale, non più necessariamente sopravvenuta nel processo, citata la sentenza n. 340/1992.
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui - nel caso di incapacità irreversibile dell'imputato di partecipare in modo cosciente al procedimento - prevede che questo sia sospeso e non invece che sia dichiarata l'improcedibilità dell'azione penale. Infatti le condizioni di procedibilità rientrano quanto a casi e disciplina, nella esclusiva sfera della discrezionalità legislativa, trattandosi di norme che fanno eccezione alla opposta e generale regola della azione penale incondizionata.
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 71 cod. proc. pen., sollevata con riferimento agli artt. 3, 97 e 112 Cost., in quanto la medesima questione, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 112 Cost., e' gia' stata dichiarata inammissibile con la sent. n. 354 del 1996, a nulla rilevando l'ulteriore parametro, art. 97 Cost., erroneamente indicato dal giudice 'a quo'. - S. n. 354/1996.
E' manifestamente inammissibile, per omessa motivazione sulla rilevanza, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 71 e 72 cod. proc. pen., sollevata con riferimento all'art. 3 Cost.. - S. nn. 23/1979, 340/1992, 281/1995.
Sono inammissibili: a) - le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 425 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede, quanto meno nell'ipotesi in cui sia in corso di applicazione una misura cautelare e l'imputato versi in condizioni di incapacita' a partecipare al procedimento, la possibilita' di emettere sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilita', e dell'art. 71, stesso codice, nella parte in cui stabilisce la necessita' di pronunciare ordinanza di sospensione del procedimento anche nell'ipotesi in cui, pur potendosi prevedere in dibattimento la emissione di sentenza di proscioglimento per difetto di imputabilita', il giudice della udienza preliminare debba disporre il rinvio a giudizio, sollevate con riferimento all'art. 3 Cost.; b) - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 425 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che, nel caso di persona non imputabile al momento del fatto e incapace di partecipare coscientemente al processo, non debba emettersi sentenza di non luogo a procedere allorche' risulti evidente la materiale attribuibilita' del fatto all'imputato, sollevata con riferimento agli artt. 24 e 112 Cost., in quanto la parcellizzazione delle ipotesi prospettate (a prescindere da seri dubbi di legittimita' delle soluzioni avanzate) dimostra l'impossibilita' di risolvere sul piano costituzionale una gamma quanto mai variegata di possibili opzioni, che soltanto il legislatore e' abilitato a compiere. - S. nn. 41/1993, 71/1996. red.: S. Di Palma