Articolo 72 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 72, comma 2, cod. proc. pen., non è accolta l'eccezione di inammissibilità per omessa sperimentazione di una interpretazione costituzionalmente conforme della disposizione censurata. Il rimettente ha ritenuto preclusa dal testo normativo un'interpretazione che gli consenta di revocare l'ordinanza di sospensione del procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniale, qualora si accerti che l'incapacità del proposto è irreversibile. ( Precedente citato: sentenza n. 42 del 2017 e n. 39 del 2004 ).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 72, comma 2, cod. proc. pen., censurato dal Tribunale di Napoli - in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. - nella parte in cui non prevede che, nel procedimento di applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, l'ordinanza di sospensione disposta per infermità di mente del proposto sia revocata qualora si accerti che l'incapacità della persona è irreversibile. È errato ritenere che nel procedimento relativo alle misure di prevenzione patrimoniali - destinate a sottrarre definitivamente beni patrimoniali al "circuito economico" connotato da condizionamenti criminali, a prescindere dalla pericolosità attuale del proposto - l'incapacità della persona abbia effetti equivalenti a quelli che produce nel procedimento relativo alle misure di prevenzione personali, che incidono sul bene supremo della libertà personale. In tale secondo procedimento è necessario che l'esercizio del diritto di difesa, e di "autodifesa", da parte del proposto sia consapevole e attivo, cosa che non avverrebbe se fosse possibile procedere nonostante la sua incapacità, onde vanno applicati, in via analogica, gli artt. 70 ss. cod. proc. pen., disciplinanti la sospensione del procedimento per infermità dell'imputato (con la conseguenza che, in analogia all'art. 72, comma 2, cod. proc. pen., il giudice deve revocare la sospensione e rigettare la richiesta di applicazione della misura ove constati che dall'incapacità irreversibile del proposto deriva la mancanza di pericolosità attuale). Al contrario, il procedimento relativo alle misure di prevenzione patrimoniale - per la natura di actio in rem riconosciutagli dalla stessa Corte EDU - non comporta necessariamente l'autodifesa e la partecipazione cosciente del proposto, al punto che può essere avviato nei confronti dei successori a titolo universale o particolare, e risulta perciò compatibile con l'art. 666, comma 8, cod. proc. pen. (applicabile in virtù dei rinvii alla normativa che regola le misure di sicurezza e da essa all'art. 678 del codice di rito), il quale esclude che l'incapacità dell'interessato (irreversibile o meno) comporti la sospensione del procedimento e impone, invece, che esso prosegua nei confronti del tutore o del curatore, dai quali è legittimamente garantito l'esercizio del diritto di difesa. Indiscussa la potestà pubblica di avviare e procedere nel giudizio di prevenzione reale nei confronti dell'incapace, rappresentato dal suo tutore o curatore provvisorio, resta impregiudicata ogni valutazione circa la compatibilità costituzionale, in tale ipotesi, della particolare configurazione che il legislatore ha impresso al procedimento, specie in punto di oneri probatori e di allegazione. ( Precedenti citati: sentenza n. 335 del 1996, sullo scopo della confisca di prevenzione; sentenze n. 106 del 2015 e n. 321 del 2004, ordinanza n. 275 del 1996, sulla possibilità di diversa disciplina del procedimento di prevenzione rispetto al processo penale in ragione delle loro profonde differenze; sentenze n. 39 del 2004, n. 306 del 1997, n. 77 del 1995, n. 160 del 1982, n. 76 del 1970 e n. 53 del 1968, ordinanza n. 7 del 1998, sull'estensione al procedimento di prevenzione personale di garanzie normative essenziali, tra cui la cosciente partecipazione del proposto; sentenze n. 21 del 2012 e n. 48 del 1994, ordinanza n. 216 del 2012, sulla possibilità per la legge di contemperare la libera disponibilità dei beni in funzione degli interessi collettivi; sentenza n. 21 del 2012, sulla proponibilità del procedimento di confisca nei confronti dei terzi successori ).
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione agli artt. 3 e 111, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 72 del codice di procedura penale, nella parte in cui impone di rinnovare gli accertamenti peritali anche di fronte a situazioni di incapacità irreversibile. Il giudice a quo , secondo quanto si riferisce nell'ordinanza di rimessione, ha già proceduto alla verifica periodica (la seconda) sullo stato di mente dell'imputato tramite accertamento peritale e si trova, sulla base dei suoi esiti, a dover stabilire se l'ordinanza di sospensione del processo debba essere o meno revocata: egli pertanto, nell'attuale fase del procedimento, ha già fatto applicazione della norma censurata, con conseguente difetto di rilevanza della questione. Ciò, peraltro, a prescindere dall'ulteriore rilievo che una eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale del solo art. 72 cod. proc. pen. non solo non eliminerebbe, ma rischierebbe addirittura di aggravare l'ipotizzato vulnus del principio di ragionevole durata del processo: unico effetto, infatti, sarebbe quello di escludere l'obbligo degli ulteriori controlli periodici sullo stato di mente dell'imputato dopo la disposta sospensione del procedimento, col risultato di lasciare il procedimento stesso in una condizione di stasi a tempo indefinito e senza la previsione di alcuno strumento per riattivarne eventualmente il corso
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell?art. 72, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui prescrive, allo scadere del sesto mese dalla pronuncia dell?ordinanza di sospensione del procedimento per l?incapacità dell?imputato di partecipare coscientemente al processo, di svolgere, con cadenza semestrale, ulteriori accertamenti peritali sul suo stato di mente, anche nella ipotesi in cui questi risulti affetto da una patologia reputata come «irreversibile e ingravescente, ossia assolutamente insuscettibile di miglioramento». Invero, la medesima questione di legittimità costituzionale è stata dichiarata infondata e manifestamente infondata con le sentenze n. 298 del 1991 e n. 281 del 1995, e con l'ordinanza n. 33 del 2003, né il rimettente prospetta argomenti ulteriori e diversi da quelli già esaminati.
Le norme di cui agli articoli 70, 71 e 72 del codice di procedura penale ? censurate in riferimento agli articoli 3 e 24, secondo comma, della Costituzione nella parte in cui limitano gli accertamenti sulla persona dell'imputato e i successivi provvedimenti in ordine alla sospensione del procedimento alle sole ipotesi in cui, per infermità mentale, l'imputato non sia in grado di partecipare coscientemente al processo, e non prevedono invece l'applicazione della disciplina della sospensione del processo a tutti quei casi in cui, per infermità fisica di qualsiasi natura, oltre che psichica, l'imputato non sia in grado di partecipare attivamente, esercitando validamente la propria autodifesa ? appartengono ad un sistema normativo chiaramente volto a prevedere la sospensione del processo ogni volta che ?lo stato mentale? dell'imputato ne impedisca la cosciente partecipazione. Partecipazione che non può intendersi limitata alla consapevolezza dell'imputato circa ciò che accade intorno a lui, ma necessariamente comprende anche la sua possibilità di essere parte attiva nella vicenda e di esprimersi, esercitando il suo diritto di autodifesa: con la conseguenza che il processo non può svolgersi non solo quando una malattia definibile in senso clinico come psichica, ma anche quando qualunque altro stato di infermità renda non sufficienti o non utilizzabili le facoltà mentali (coscienza, pensiero, percezione, espressione) dell'imputato. Non sussiste dunque la denunciata lacuna di tutela del diritto di difesa; e neppure la violazione del principio di eguaglianza, dal momento che il descritto sistema si applica in tutti i casi in cui lo stato mentale dell'imputato ne impedisca la consapevole e attiva partecipazione al processo, senza alcuna ingiustificata disparità di trattamento. Non è, pertanto, fondata la relativa questione di legittimità costituzionale. ? In tema di consapevole partecipazione al processo, ricordata la sentenza n. 341/1999, che ha esteso la norma di cui all'art. 119 del codice di procedura penale, che prevede il diritto dell'imputato all'assistenza di un interprete. ? A proposito di infermità mentale, non più necessariamente sopravvenuta nel processo, citata la sentenza n. 340/1992.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 72, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui prevede - nel caso di incapacità irreversibile dell'imputato di partecipare in modo cosciente al procedimento - che il giudice disponga ulteriori accertamenti peritali sullo stato di mente dello stesso, «allo scadere della pronuncia dell'ordinanza di sospensione del procedimento, o anche prima», e poi «a ogni successiva scadenza di sei mesi, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso». Infatti il sistema della verifica periodica dello stato di mente dell'imputato, che mira ad accertare se possa o meno realizzarsi una sua cosciente partecipazione al processo, contempera - senza che in ciò possa ravvisarsi una sterile finalità dilatoria - la garanzia dell'autodifesa con l'esigenza di contenere la stasi processuale, evitando anche rischi di comportamenti simulatori. - Questione già scrutinata, con riferimento a parametri diversi, con le citate ordinanza n. 298/1991 e sentenza n. 281/1995.
E' manifestamente inammissibile, per omessa motivazione sulla rilevanza, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 71 e 72 cod. proc. pen., sollevata con riferimento all'art. 3 Cost.. - S. nn. 23/1979, 340/1992, 281/1995.
Come costantemente affermato dalla Corte, il principio del buon andamento e della imparzialita' dell'amministrazione, alla cui realizzazione detto parametro vincola la disciplina dell'organizzazione dei pubblici uffici, pur potendo riferirsi anche agli organi dell'amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente alle leggi concernenti l'ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo, mentre e' del tutto estraneo al tema dell'esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e in relazione ai diversi provvedimenti che costituiscono espressione di tale esercizio. Tale principio non puo' dunque essere fondatamente invocato per censurare la previsione dell'art. 72, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che il giudice, una volta ordinata la sospensione del procedimento perche' l'imputato non e' in grado di parteciparvi coscientemente, obbligatoriamente disponga accertamenti peritali sullo stato di mente dell'imputato a ogni successiva scadenza di sei mesi, e cio' anche nel caso di infermita' mentale ritenuta irreversibile. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 97 Cost., dell'art. 72, comma 1, cod. proc. pen.). - V. massima A. Per il principio di cui in massima, in riferimento all'art. 97 Cost., V. S. nn. 18/1989, 86/1982, 376/1993; O. n. 275/1994. red.: G. Conti
Il sistema della periodica verifica dello stato di mente dell'imputato nelle ipotesi d'infermita' mentale sopravvenuta ha il fine di accertare se possa o meno realizzarsi una sua cosciente partecipazione al processo e, in tale ottica, risultano del tutto razionalmente contemperate la garanzia dell'autodifesa con l'esigenza di contenere la stasi processuale, evitando anche rischi di comportamenti simulatori.
Manifesta inammissibilita' della questione per avere il giudice remittente prospettato una pluralita' di possibili alternative opzioni allo scopo di ovviare ad inconvenienti di mero fatto e per aver richiesto un generico intervento sulla normativa a fronte di una pluralita' di soluzioni ipotizzabili.