Articolo 558 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
La possibilità di accedere a uno dei riti alternativi previsti dal legislatore costituisce una modalità, tra le più qualificanti, di esercizio del diritto di difesa dell'imputato. La scelta del rito deve, in effetti, poter essere effettuata dall'imputato - assistito dal proprio difensore - con piena consapevolezza delle possibili conseguenze sul piano sanzionatorio connesse all'uno o all'altro rito, in relazione ai reati contestati dal pubblico ministero. ( Precedenti: S. 174/2022 - mass. 44928; S. 146/2022; S. 192/2020; S. 19/2020 - mass. 41591; S. 14/2020 - mass. 41577; S. 131/2019 - mass. 41347; S. 141/2018 - mass. 40182; S. 273/2014 - mass. 38198). (Nel caso di specie, sono dichiarati costituzionalmente illegittimi, per violazione dell'art. 24 Cost., gli artt. 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8, cod. proc. pen., in quanto interpretati nel senso che la concessione del termine a difesa nel giudizio direttissimo preclude all'imputato di formulare, nella prima udienza successiva allo spirare del suddetto termine, la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. Gli avvisi disciplinati dalle norme censurate dal Tribunale di Firenze, prima sez. penale, in composizione monocratica - la cui natura è considerata inderogabile dalla giurisprudenza di legittimità -, costituiscono imprescindibili adempimenti cui il giudice è chiamato a dar seguito, nel giudizio direttissimo, in vista dell'esercizio di essenziali prerogative difensive dell'imputato, in una fase caratterizzata da una marcata contrazione dei tempi processuali, che rende non sempre agevole distinguere nettamente la fase preliminare al dibattimento da quella propriamente dibattimentale. Incontestata, pertanto, la natura essenziale del termine a difesa rispetto all'esercizio del diritto di difesa dell'imputato, l'orientamento della prevalente giurisprudenza di legittimità, per cui esso vale unicamente per la prosecuzione della fase dibattimentale del giudizio direttissimo, anziché in vista delle scelte che l'imputato ha la facoltà di compiere sull'accesso ai riti alternativi, lede il parametro evocato perché la scelta dell'imputato di accedere a uno dei riti speciali previsti dalle disposizioni del codice di rito deve raccordarsi con la disciplina particolarmente serrata dei tempi di instaurazione del giudizio direttissimo, senza che ciò possa comportare il sacrificio delle essenziali esigenze difensive dell'imputato sull'altare della speditezza dei tempi processuali. Non può dunque ritenersi che la scelta del rito debba necessariamente avvenire seduta stante e incognita causa , senza cioè un'adeguata ponderazione delle implicazioni che derivano da tale strategia processuale. Proprio al fine della salvaguardia di un imprescindibile spatium deliberandi , il giudice, ove l'imputato ne faccia richiesta, è quindi tenuto a concedere il termine non solo in vista dell'approntamento della migliore difesa nella prosecuzione della fase dibattimentale, ma anche in funzione dell'esercizio, consapevole della scelta sull'accesso al giudizio abbreviato e all'applicazione della pena a norma dell'art. 444 cod. proc. pen. ( Precedenti: S. 41/2022 - mass. 44624; S. 68/2021 - mass. 43804; S. 113/2020 - mass. 43326; O. 254/1993 - mass. 19775 ).
E? manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell?art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, e dell?art. 558 del codice di procedura penale, censurati in riferimento agli artt. 2, 3, 10, secondo comma, 24 e 111 della Costituzione. L?art. 13 suindicato stabilisce che, a differenza di quanto disposto per il rito direttissimo monocratico, all?esito della convalida dell?arresto il giudice, acquisita la prova dell?avvenuta espulsione amministrativa dello straniero dallo Stato, pronunci sentenza di non luogo a procedere, se non è stato ancora emesso il provvedimento che dispone il giudizio: dal momento che il rimettente si trova ancora nella fase della convalida dell?arresto, prodromica alla celebrazione del rito direttissimo, e nell?ordinanza di rimessione non ha specificato né se ha rilasciato il nulla osta all?espulsione né se l?espulsione è effettivamente avvenuta, la rilevanza della questione nel giudizio a quo appare meramente futura ed ipotetica.
Va ordinata la restituzione degli atti al giudice remittente, a causa del sopravvenuto mutamento del quadro normativo, nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 3 e 3-bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, e, «di conseguenza», dell'art. 17 della «medesima legge» ('recte': del medesimo decreto legislativo) e dell'art. 558 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevedono che il giudice possa negare il nulla osta all'espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di terzi o all'interesse della persona offesa, e non pure per esigenze attinenti al diritto di difesa dell'imputato, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost.
Va ordinata la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, ai fini di una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni, alla luce dei sopravvenuti mutamenti del quadro normativo, nel giudizio di legittimità costituzionale riguardante: a) l'art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, e «di conseguenza» l'art. 13, commi 3 e 13, e l'art. 17 del medesimo decreto legislativo, nella parte in cui prevedono l'immediata espulsione, con accompagnamento coattivo alla frontiera, dello straniero sottoposto a procedimento penale per i reati di cui ai citati artt. 13, comma 13, e 14, comma 5-ter, prima che tale procedimento sia definito e indipendentemente dal suo esito, subordinando, altresì, ad autorizzazione del questore il rientro nel territorio dello Stato dell'imputato espulso ai fini dell'esercizio del diritto di difesa, in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione; b) l'art. 13, comma 2, lettere a) e b), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nella parte in cui prevede l'automatico rilascio, da parte del giudice, del nulla osta all'esecuzione dell'espulsione, mediante accompagnamento immediato alla frontiera, dello straniero sottoposto a procedimento penale, in riferimento agli artt. 3, 10, 13 24 e 111 della Costituzione; c) il combinato disposto dell'art. 558 del codice di procedura penale e degli artt. 13 e 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nella parte in cui impediscono, rispetto alla maggior parte dei reati commessi da stranieri espulsi ? e comunque rispetto al reato di cui al comma 5-ter dell'art. 14 ? che i giudizi direttissimi instaurati davanti al giudice monocratico nei confronti di detti soggetti si concludano con una decisione di merito in riferimento agli artt. 10, 13 (parametro indicato solo in motivazione), 24, 101 e 111 della Costituzione. Infatti, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 223 del 2004, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 13 Cost., l'art. 14, comma 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui stabiliva che per il reato di ingiustificato trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato, previsto dal comma 5-ter del medesimo articolo, è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto. Di seguito a tale pronuncia, il decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito, con modificazioni, in legge 12 novembre 2004, n. 271, ha mutato il trattamento sanzionatorio delle fattispecie criminose di illegale rientro e di ingiustificato trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato, di cui agli artt. 13, comma 13, e 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, trasformandole da contravvenzioni in delitti puniti con la reclusione da uno a quattro anni ? configurazione che consente, ai sensi dell'art. 280 cod. proc. pen., l'applicazione di misure coercitive ? fatta eccezione per l'ipotesi dell'ingiustificato trattenimento nel caso di espulsione disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, la quale mantiene l'originaria natura contravvenzionale (commi 2-ter e 5-bis dell'art. 1 del decreto-legge n. 241 del 2004, aggiunti dalla legge di conversione). Correlativamente, è stata ripristinata ? per le ipotesi di ingiustificato trattenimento che hanno assunto connotazione delittuosa ? la misura dell'arresto obbligatorio (comma 5-quinquies, terzo periodo, dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, come sostituito dall'art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 241 del 2004). La decisione della Corte e la novella legislativa dianzi indicate ? pur non incidendo direttamente né sulla previsione in forza della quale per i reati considerati si procede con giudizio direttissimo, né sulla disciplina dell'espulsione amministrativa dello straniero sottoposto a procedimento penale ? hanno comportato mutamenti della cornice sistematica e delle concrete modalità operative dei meccanismi normativi sottoposti a scrutinio di costituzionalità.
Sono manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, 101, secondo comma, e 111 Cost., del combinato disposto dell'art. 558 cod. proc. pen. e degli artt. 13, commi 3, 3-bis, 3-quater, e 14, comma 5-quinquies, del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nella parte in cui prevede che per la contravvenzione di ingiustificato trattenimento nel territorio dello Stato di cui all'art. 14, comma 5-ter, si procede con rito direttissimo, imponendo al giudice di concedere, all'atto della convalida, il nulla osta all'espulsione (non ricorrendo le «inderogabili esigenze processuali» di cui all'art. 13, comma 3, a sua volta richiamato dal comma 3-bis) e di pronunciare sentenza di non luogo a procedere (a norma dell'art. 13, comma 3-quater, atteso che la presentazione dell'arrestato al giudice del dibattimento 'ex' art. 558 cod. proc. pen. non costituisce provvedimento che dispone il giudizio), in quanto il Tribunale, avendo sospeso il giudizio di convalida dell'arresto e, rilevato che per tale reato non si poteva fare luogo al giudizio direttissimo, la cui celebrazione presuppone l'avvenuta convalida dell'arresto, avendo ordinato «la restituzione degli atti al pubblico ministero perché proceda con il rito ordinario», si è spogliato del processo e non può più fare applicazione delle norme della cui legittimità costituzionale dubita. - Manifesta inammissibilità per difetto di rilevanza per essersi il giudice remittente spogliato del processo: sentenza n. 223/2004 e ordinanza n. 332/2004.
Manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto dell?art. 558 del codice di procedura penale e dell?art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13, 24, 101 e 111 della Costituzione, nella parte in cui, in relazione al reato di cui all?art. 13, comma 13, del medesimo decreto, prevede l?arresto dell?autore del fatto e che si proceda con il rito direttissimo, imponendo al giudice di concedere all?atto della convalida il nulla osta all?espulsione e di pronunciare sentenza di non luogo a procedere. Il giudice 'a quo', infatti, - avendo sospeso il giudizio di convalida dell?arresto e, ritenendo che per tali ragioni non si potesse instaurare il giudizio direttissimo, ed avendo ordinato ?la restituzione degli atti al pubblico ministero perché proceda, per questo reato, con rito ordinario?, - si è spogliato del processo e non può più fare applicazione delle norme in relazione alle quali ha sollevato la questione di legittimità costituzionale; inoltre, la carente e generica descrizione della fattispecie non consente di verificare la effettiva rilevanza nel giudizio 'a quo' della questione medesima. - Sentenza citata n. 223/2004 e ordinanza n. 332/2004.
Va ordinata la restituzione degli atti ai giudici rimettenti nel giudizio di legittimità costituzionale dell?art. 14, comma 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, inserito dall'art. 13 della legge n. 189 del 2002, censurato, in relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione, nella parte in cui prevede per il reato di cui al comma 5-ter della medesima disposizione, ovvero l?inottemperanza dello straniero all?ordine del questore di lasciare il territorio nazionale, l?arresto obbligatorio dell?autore del fatto, e dell?art. 558 del codice di procedura penale, censurato, per le medesime ragioni, in relazione agli artt. 2, 3, 10, 24, 101 e 111 della Costituzione. Infatti, successivamente alle ordinanze di rimessione, la Corte, con sentenza n. 223 del 2004, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il predetto art. 14 comma 5-quinquies del decreto legislativo n. 286 del 1998, nella parte in cui stabilisce che per il reato previsto dal comma 5-ter del medesimo articolo è obbligatorio l?arresto dell?autore del fatto.
Manifesta inammissibilità, per difetto di rilevanza, delle questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto dell?art. 558 del codice di procedura penale, nonché degli artt. 13, commi 3, 3-'bis', 3-'quater', e 14, comma 5-'quinquies', del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 24, 101, secondo comma, e 111 della Costituzione, nella parte in cui, da un lato, prevede il ricorso al giudizio direttissimo, in caso di arresto in flagranza per il reato di inottemperanza all'ordine del questore di lasciare il territorio nazionale, dall?altro lato invece impone al giudice di concedere, all?atto della convalida dell?arresto, il nulla osta all?espulsione e di pronunciare, quindi, sentenza di non luogo a procedere. Dall'ordinanza di rimessione, infatti, emerge che il rimettente ? avendo sospeso il giudizio di convalida dell?arresto in relazione al reato di cui all?art. 14, comma 5-'ter', del decreto legislativo n. 286 del 1998 e quindi ordinato "la restituzione degli atti al pubblico ministero perché proceda, per questo reato, con il rito ordinario", ? si è spogliato del processo e non può più fare applicazione delle norme in relazione alle quali ha sollevato la questione di legittimità costituzionale. - V., in termini, sentenza n. 223/2004.
Manifesta inammissibilità, per difetto di rilevanza, della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell?art. 558 del codice di procedura penale, nonché degli artt. 13, commi 3, 3-'bis', 3-'quater', e 14, comma 5-'quinquies', del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 24, 101, secondo comma, e 111 della Costituzione, nella parte in cui, da un lato, prevede il ricorso al giudizio direttissimo, in caso di arresto in flagranza per il reato di inottemperanza all'ordine del questore di lasciare il territorio nazionale, dall?altro lato invece impone al giudice di concedere, all?atto della convalida dell?arresto, il nulla osta all?espulsione e di pronunciare, quindi, sentenza di non luogo a procedere. Dall'ordinanza di rimessione, infatti, emerge che il rimettente ? avendo sospeso il giudizio di convalida dell?arresto in relazione al reato di cui all?art. 14, comma 5-'ter', del decreto legislativo n. 286 del 1998 e quindi ordinato "la restituzione degli atti al pubblico ministero perché proceda, per questo reato, con il rito ordinario", ? si è spogliato del processo e non può più fare applicazione delle norme in relazione alle quali ha sollevato la questione di legittimità costituzionale.
Manifesta inammissibilita' della questione, dovendo ribadirsi che, come si e' gia' statuito in precedente sentenza, poiche' le soluzioni possibili al fine di porre il necessario rimedio al regime predisposto, dalla disposizione impugnata, si profilano come discrezionali, la scelta del termine congruo per la citazione della persona offesa nel giudizio pretorile non appartiene alla competenza della Corte costituzionale, ma deve essere affidata al legislatore, mentre va dato atto che tra le modifiche al codice di procedura penale in materia di procedimento pretorile, formulate nel disegno di legge n. 1087, comunicato alla presidenza del Senato il 18 marzo 1993, si prevede, nell'art. 3 (sostitutivo degli artt. 555 e 558 ed abrogativo degli artt. 556, 557 e 559 del codice) che "il decreto di citazione e' notificato all'imputato, al suo difensore e alla persona offesa almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio". - S. n. 453/1992. red.: E.M. rev.: S.P.