Articolo 281 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 109/1994Depositata il 31/03/1994
Il divieto di espatrio, previsto dall'art. 281 cod. proc. pen. e' una misura coercitiva che, pur connotata dal minor tasso di afflitivita', incide nella'area della liberta' personale e sulla liberta' di circolazione del cittadino e il relativo provvedimento e', per giurisprudenza della Corte di Cassazione, ricorribile a norma dell'art. 111, comma primo, Cost.. Da cio' consegue che per quanto concerne le condizioni per la sua applicabilita', deve essere assoggettata al regime delle misure coercitive sia con riguardo all'esistenza di gravi indizi di colpevolezza, sia con riferimento alle esigenze cautelari generalmente connotate dal pericolo di fuga - la cui mancata indicazione comporta la nullita' dell'ordinanza ex art. 292, commi primo e secondo, c.p.p.. Tale misura assume, dunque, nell'originario tessuto codicistico, un ruolo di assoluta autonomia rispetto alle altre misure, il che non impediva, anche prima delle modifiche apportate al citato art. 281, del d.l. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. in legge 7 agosto 1992, dall'art. 9), comma primo, la possibilita' di cumulo con altre misure, purche' ognuna di esse avesse una sua autonomia ragione d'essere e il cumulo risultasse compatibile con ciascuna delle misure adottate. red.: E.M. rev.: S.P.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 281
Pronuncia 109/1994Depositata il 31/03/1994
Riguardo alla disposizione contenuta nell'art. 281, comma secondo bis, cod. proc. pen. (aggiunto dall'art. 9, comma primo, decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, conv. in legge 7 agosto 1992, n. 356), secondo la quale con l'ordinanza applicativa di una delle altre misure coercitive previste nel Capo II del Libro III del codice di procedura penale il giudice dispone in ogni caso il divieto di espatrio, non e' percorribile, sul terreno interpretativo, una lettura - conforme al contesto normativo poggiante sui canoni di proporzionalita' e di adeguatezza - nel senso che, nell'adottare una delle misure cautelari suddette, ad eccezione di quella prevista dall'art. 281, il giudice debba valutare la rispondenza alle esigenze di cui all'art. 274 cod. proc. pen. dell'applicazione "aggiuntiva" del divieto di espatrio. Oltre che dal dichiarato scopo della prescrizione 'de qua' - che, come risulta dalla Relazione al disegno (per la conversione in legge del decreto) n. 328 dell'8 giugno 1992, e' stato quello di "evitare che, per inerzia o dimenticanza, persone raggiunte da misure cautelari possano liberamente espatriare senza alcun controllo giudiziale", l'approdo ad un simile procedimento ermeneutico appare infatti sicuramente precluso dalla chiara conformazione lessicale della norma, da cui si desume la sottrazione al giudice di ogni discrezionalita'. red.: E.M. rev.: S.P.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 281, comma 2
- legge-Art.
- decreto-legge-Art. 9, comma 1
Pronuncia 109/1994Depositata il 31/03/1994
L'automatica applicazione prevista dall'art. 281, comma secondo bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 9 del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in l. 7 agosto 1992 n. 356, comma primo nei confronti dell'indagato o dell'imputato che sia stato sottoposto ad una qualsiasi delle misure cautelari previste dal capo II del Libro IV del codice di procedura penale (e cioe' l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il divieto e l'obbligo di dimora, gli arresti domiciliari, la custodia cautelare in carcere e la custodia cautelare in luogo di cura) del carico di un'ulteriore misura afflittiva, il divieto di espatrio, e' irragionevole e non rispondente ai principi di proporzionalita' ed adeguatezza correlati all'imposizione di tali misure. Peraltro la sottrazione al giudice di qualunque discrezionalita' che gli consenta di verificare l'esistenza delle esigenze cautelari che rendano necessaria adottare detto divieto come misura accessoria puo' farla risultare incongrua, se non addirittura incompatibile, con le altre misure gia' applicate, come nel caso della custodia cautelare, ne', d'altra parte, alcuna ragione impedisce al giudice di disporre il divieto d'espatrio all'atto della cessazione della misura cautelare piu' afflittiva o quando particolari esigenze cio' consiglino. La disposizione 'de qua' lede anche l'art. 13, comma secondo, Cost. che postula come condizione per la legittimita' dei provvedimenti giurisdizionali comunque operanti nell'area della liberta' personale l'atto motivato dell'autorita' giudiziaria, qui non richiesto, e l'art. 16, chiamato in causa per le limitazioni alla liberta' di circolazione comunque derivanti dall'automatica applicazione del divieto di espatrio per il cittadino, senza che all'obbligo imposto di non uscire dal territorio nazionale corrisponda un'esigenza concretamente apprezzabile dal giudice. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 281, comma secondo bis, c.p.p.. red.: E.M. rev.: S.P.
Norme citate
- decreto-legge-Art. 9, comma 1
- codice di procedura penale-Art. 281, comma 2
- legge-Art.
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.