Articolo 406 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 404 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 8 della Costituzione, in quanto tale disposizione, sanzionando esclusivamente le offese dirette alla religione cattolica, porrebbe quest'ultima su un piano diverso e privilegiato di tutela rispetto alle religioni diverse da quella cattolica. Infatti il rimettente muove da una premessa interpretativa che è contraddetta dall'art. 406 cod. pen., che considera punibili gli stessi fatti, se commessi ai danni di confessioni religiose diverse da quella cattolica. - Con la citata sentenza n. 329/1997, la Corte ha, anche, dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 404 cod. pen., riconducendo, così, ad uguaglianza la sanzione penale prevista dagli artt. 404 e 406 cod. pen., in tal modo eliminando dall'ordinamento la preesistente discriminazione 'quoad penam' tra le diverse confessioni religiose.
Manifesta infondatezza della questione, in quanto - a prescindere dalla non pertinenza, nella fattispecie, del parametro dell'art. 97 Cost. - neppure l'art. 101 Cost. appare correttamente evocato dato che i pretesi condizionamenti all'esercizio dell'attivita' giurisdizionale, espressamente stabiliti dalla legge, sono da circoscrivere a profili di mero fatto, privi, come tali, di rilievo sul piano costituzionale. Peraltro, la scelta di conferire al giudice per le indagini preliminari la competenza a procedere alla notificazione della richiesta del pubblico ministero di proroga delle indagini appartiene alla discrezionalita' del legislatore, esercitata non irragionevolmente, tenuto conto che il compito di provvedere a far notificare alla persona sottoposta alle indagini ed all'offeso dal reato la predetta richiesta appare predisposto al fine di consentire al giudice di verificare, in relazione alla fattispecie di reato ipotizzata dal pubblico ministero, se la notifica debba essere disposta, restando essa preclusa, ai sensi dell'art. 406, comma 5-'bis' cod. proc. pen., quando si procede per uno dei delitti indicati nell'art. 51-'bis' dello stesso codice. - Cfr., da ultimo, O. n. 11/1999, nella quale si e' ribadito che il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, pur potendo riferirsi agli organi dell'amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente all'ordinamento degli uffici giudiziari ed al loro funzionamento sotto il profilo amministrativo, mentre e' del tutto estraneo al tema dell'esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e in relazione ai diversi provvedimenti che ne costituiscono l'esercizio. red.: G. Leo
Non e' fondata la questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., dell'art. 406, comma 1, cod. proc. pen. - nella parte in cui prevede che la richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari (termine fissato, in via ordinaria, dall'art. 405, comma 2, dello stesso codice, in sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale e' attribuito un reato e' iscritto nel registro delle notizie di reato) debba contenere la mera indicazione delle norme sostanziali violate e non anche la comunicazione delle iscrizioni prescritte dall'art. 335 -, in quanto il rimettente muove da una nozione di contenuto della notizia di reato, quale delineata dalla norma sottoposta al vaglio di legittimita', che non puo' essere condivisa. Infatti, pur dovendosi riconoscere che tale nozione e' la risultante di un indirizzo interpretativo, evocato dal giudice 'a quo' come <
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 Cost., nei confronti degli artt. 335, comma 1, 405, comma 2, e 406, comma 8, cod. proc. pen., in quanto, secondo il giudice 'a quo', in mancanza delle piu' precise determinazioni richieste dall'art. 2, numeri 35 e 48, della legge di delega 16 febbraio 1987, n. 81, praticamente consentono che l'iscrizione nell'apposito registro del nome della persona alla quale e' attribuito il reato venga effettuata dal pubblico ministero, in base a discrezionali valutazioni, in un momento successivo a quello in cui gli indizi di reita' siano emersi, con conseguente pregiudizievole spostamento della decorrenza dei termini per le indagini preliminari e senza che sia prevista la inutilizzabilita' degli atti di indagine compiuti in assenza della iscrizione immediata. Invero, a parte la impossibilita', per la Corte costituzionale, di indicare con determinatezza - come preteso, con quesito additivo, a fulcro delle dedotte censure, nella ordinanza di rinvio - il termine entro il quale il pubblico ministero dovrebbe iscrivere nel registro delle notizie di reato il nome dell'indagato, si e' omesso di chiarire, nella motivazione della rilevanza del promosso incidente, se nel caso di specie in concreto sussistano, e quali siano, gli atti delle indagini preliminari che rimarrebbero coinvolti dalla sanzione di inutilizzabilita' che pure il rimettente mira a far scaturire dalla sua articolata denuncia. red.: S. Pomodoro
La legittimita' costituzionale della decorrenza del termine per il compimento delle indagini preliminari, agli effetti della prevista inutilizzabilita' degli atti di indagini eseguiti dopo la sua scadenza, dalla data di iscrizione della notizia di reato nel relativo registro anziche' - nei casi in cui il pubblico ministero non vi abbia provveduto immediatamente - dalla data di ricezione della notizia, non puo' essere messa in discussione in un processo che - come nel caso il giudizio 'a quo' - in corso alla data del 24 ottobre 1989, pur proseguendo con l'osservanza delle disposizioni del nuovo codice, risulta regolato dalla disciplina transitoria, e nel quale pertanto, in forza dell'art. 258, terzo comma, d.lgs. n. 271 del 1989, i termini di durata delle indagini preliminari sono computati dalla data di entrata in vigore del nuovo codice. (Manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 76 - in relazione all'art. 2 (alinea) legge 16 febbraio 1987, n. 81 - e 112 Cost., dell'art. 335 - in relazione agli artt. 406 e 407 - cod. proc. pen.). red.: S.P.
La previsione di termini per lo svolgimento delle indagini preliminari e la correlativa sanzione di inutilizzabilita' degli atti compiuti dopo la scadenza degli stessi risponde all'esigenza di imprimere tempestivita' alle investigazioni e di contenere in un lasso di tempo predeterminato la condizione di chi a tali indagini e' assoggettato e si raccorda alla finalita' stessa di detta attivita' che non e', come nel codice abrogato, quella di preparazione al processo, ma e' destinata unicamente a consentire al P.M. di assumere le sue determinazioni in ordine all'esercizio o meno dell'azione penale, per cui non vi e' contraddizione tra la statuizione del termine ed il precetto costituzionale, sancito dall'art. 112 Cost.. Peraltro l'eventuale necessita' di svolgere ulteriori atti di indagine costituisce ipotesi di mero fatto che non incide sulle determinazioni del P.M. e comunque puo' trovare eventuale soddisfacimento con altri mezzi processuali, restando d'altronde riservata alle discrezionali scelte del legislatore l'individuazione degli opportuni strumenti processuali in base ai quali consentire la prosecuzione delle indagini, nelle eccezionali ipotesi in cui sia risultato impossibile portarle a compimento entro il termine massimo previsto dalla legge. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 405, secondo, terzo e quarto comma, 406 e 407, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 112 e 25, secondo comma, Cost.). - Nello stesso senso, S. n. 174/1992 e O. n. 48/1993. red.: E.M. rev.: S.P.
La previsione di specifici limiti temporali per lo svolgimento delle indagini preliminari, frutto di una precisa scelta del legislatore, soddisfa, da un lato, la necessita' di imprimere tempestivita' alle investigazioni e, dall'altro, di contenere in un lasso di tempo predeterminato la condizione di chi a tali indagini e' assoggettato, ne' contraddice il precetto dell'art. 112 Cost., non potendo il termine in questione, di per se', essere considerato come un fattore idoneo a turbare le determinazioni da assumersi, al suo spirare, dal pubblico ministero. Pertanto la previsione, con la sentenza additiva prospettata dal giudice ' a quo', di una proroga del termine e della concessione di una ulteriore proroga, da parte del G.I.P., anche se richieste dal P.M. dopo la loro scadenza, porterebbe ad affidare alle incontrollate scelte del pubblico ministero il potere di stabilire il momento in cui formulare la richiesta di proroga del termine, determinando la sostanziale vanificazione dell'intera disciplina e la possibile stasi del procedimento per un tempo indefinito. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 406, primo e secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 112 Cost.). - V., riguardo alla necessita' della previsione di un termine per lo svolgimento delle indagini preliminari, la sent. n. 174/1992 e l'ord. n. 222/1992.
Restituzione degli atti al giudice 'a quo' affinche' riesamini la rilevanza della proposta questione alla luce della nuova disciplina determinatasi in seguito alla pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 174/1992, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 406, primo comma, e 553, secondo comma, (quest'ultimo riferito alla proroga delle indagini nel processo pretorile), del codice di procedura penale, nelle parti in cui prevedono che il giudice possa prorogare il termine per le indagini preliminari solo "prima della scadenza" del termine stesso, nonche', ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 406, secondo comma, dello stesso codice, nella parte in cui prevede che il giudice possa concedere ulteriori proroghe del termine per le indagini preliminari solo "prima della scadenza del termine prorogato") ed, inoltre, alla sostituzione dell'art. 406 c.p.p. con l'art. 6, secondo comma, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356. - S. n. 174/1992.
Restituzione degli atti al giudice 'a quo', perche' riesamini la rilevanza della proposta questione alla luce del nuovo quadro normativo esistente a seguito dell'intervenuto d.l. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito con modificazioni in l. 7 agosto 1992, n. 356), che con l'art. 6, secondo comma, ha integralmente sostituito, nel senso auspicato dal remittente ed uniformandosi alla sentenza della Corte costituzionale n. 174 del 1992, l'art. 406 del codice di procedura penale. - S. N. 174/1992.
Questione concernente norma gia' dichiarata costituzionalmente illegittima. - S. n. 174/92.