Articolo 487 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
In ordine alla questione sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nei confronti degli artt. 487, quinto comma, e 446, primo comma, cod.proc.pen., nella parte in cui, quando risulti che la inosservanza del termine - coincidente con la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado - per formulare, anche a mezzo di procuratore speciale, la richiesta di applicazione della pena, sia stata determinata da un evento non evitabile, non consentono all'imputato di chiedere egualmente, prima della decisione, il patteggiamento, non valgono le considerazioni - accentrate essenzialmente sulla rapida definizione del processo quale condizione per l'ammissibilita' dei riti differenziati - su cui si basano le decisioni con cui la Corte ha ritenuto legittime le norme transitorie che tali riti permettono per i soli procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del nuovo codice per i quali non siano state ancora compiute le formalita' di apertura del dibattimento, nonche' quelle che non consentono l'accesso agli stessi in caso di nuove contestazioni ai sensi degli artt, 516 e 517 cod.proc.pen.. Nell'anzidetta questione infatti non vengono in rilievo ne' la discrezionalita' di cui gode il legislatore nel dettare disposizioni di carattere transitorio, ne' alcun profilo di addebitabilita' all'inerzia dell'imputato delle conseguenze della mancata instaurazione del rito differenziato. - V. sent. nn. 277/1990, 593/1990, 316/1992 e ordd. nn. 320/1990, 355/1990, 420/1990, 5/1992 e 213/1992.
L'inosservanza del termine - coincidente, ex art. 446, primo comma, cod. proc. pen., con la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado - per formulare, anche a mezzo di procuratore speciale, la richiesta di applicazione della pena, quando sia stata provocata da un evento non evitabile dall'imputato, non puo' determinare l'impossibilita' di adire il rito speciale, altrimenti il diritto di difesa subirebbe un ingiustificato sacrificio. In tale ipotesi, tuttavia, - contro quanto ritenuto dal giudice 'a quo' - non incontra ostacoli interpretativi l'applicazione, quale adeguato strumento di tutela, della "restituzione nel ,termine" di cui all'art. 175 cod.proc.pen., e cio' anche perche' l'istituto della pena concordata, per la sua natura di "pattegiamento sulla pena e sul merito", piu' che di patteggiamento sul rito", non e' incompatibile con la fase dibattimentale, in cui eccezionalmente verrebbe ad inserirsi, conservando anche in tal caso, sia pur parzialmente, la propria efficacia deflattiva. Va pero' anche chiarito che, in ossequio a principi di economia processuale ricavabili dal sistema (artt. 176 e 487 cod.proc.pen.) la richiesta di applicazione della pena, se formulata, nella suddette circostanze, a dibattimento gia' iniziato, deve operare ala luce dell'istruzione svoltasi sino a quel momento, con la conseguenza che sia il consenso delle parti, sia il controllo del giudice dovranno avvenire sulla base del complesso degli atti fino ad allora compiuti. (Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., degli artt. 487, quinto comma, e 446, primo comma, cod. proc. pen., 'in parte qua'). - Sulla "applicazione della pena" quale "efficiente strumento del diritto di difesa" v., in particolare, S. n. 313/1990 e O. n. 116/1992.