Articolo 560 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Restituzione degli atti al giudice rimettente perche' riesamini - alla luce del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, il cui art. 223, risulta nella specie applicabile - la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 560 e 562, comma 2, del codice di procedura penale, censurati, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma e 25 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che, quando il giudice per le indagini preliminari abbia respinto la richiesta di giudizio abbreviato, ritenendo il fatto diverso da come descritto nell'originario decreto di citazione e restituito gli atti al pubblico ministero, il nuovo decreto di citazione, emesso a norma dell'art. 562, comma 2, del codice di procedura penale, contenga l'avviso che l'imputato puo' chiedere il giudizio abbreviato 'ex' art. 555, comma 1, lett. e) stesso codice, relativamente alla nuova contestazione.
Manifesta inammissibilita' della questione, in quanto l'intervento richiesto dal giudice 'a quo' rientra nella esclusiva sfera della discrezionalita' legislativa. red.: G. Leo
Il risultato perseguito dal giudice 'a quo' col sollevare questione di legittimita' costituzionale, in riferimento al principio di eguaglianza e al diritto di difesa, nei confronti degli artt. 438, 439, 440, 442, 560, 561 e 562 cod. proc. pen., in quanto non consentirebbero, nel procedimento innanzi al pretore, ne' di applicare la riduzione di pena all'esito del dibattimento -qualora il giudice ritenga che il processo poteva essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari sulla richiesta dell'imputato e con il consenso del pubblico ministero- ne' di annullare il provvedimento che dispone il giudizio, deve ritenersi gia' assicurato dalla dichiarazione di illegittimita' costituzionale, con sent. n. 23 del 1992, della mancata previsione di tali poteri del giudice nel combinato disposto dei primi quattro dei su indicati articoli. Contrariamente a quanto si sostiene nella ordinanza di rimessione, infatti, ne' il fatto che la richiamata sentenza sia stata pronunciata in relazione ad un giudizio pendente in corte di Assise, ne' la mancata inclusione tra le norme con essa dichiarate costituzionalmente illegittime in via conseguenziale dell'ora impugnato art. 562, valgono ad impedire l'applicazione della stessa nel caso di specie. Le norme del codice che regolano il giudizio abbreviato hanno una portata generale e sono presupposte anche nell'ambito del giudizio dinanzi al pretore, la cui disciplina fa ad esse integrale rinvio, e pertanto va riconosciuto che le statuizioni della sentenza n. 23 del 1922 concernono il giudizio abbreviato qualunque sia l'organo giudiziario dinanzi al quale detto rito speciale e' esperibile. (Manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., degli artt. 438, 439, 440, 442, 560, 561 e 562 cod. proc. pen.). - Cfr., oltre S. n. 23/1992, S. n. 81/1991. red.: E.M. rev.: S.P.
E' irrilevante, in entrambi i giudizi abbreviati in limine ai quali e' stata sollevata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 560 cod. proc. pen., nella parte in cui non consente al giudice per le indagini preliminari nei procedimenti pretorili, di sentire i coimputati, in caso di concorso nel medesimo reato, prima di procedere alla separazione dei relativi procedimenti finalizzata alla definizione con rito alternativo di alcuni soltanto di essi. Nel caso, infatti, presupposto delle censure formulate e' l'interesse del coimputato, che non abbia scelto il rito alternativo, alla trattazione unitaria del processo, ma tale interesse e' insuscettibile di considerazione nei due giudizi, concernenti le posizioni degli altri imputati, che sono le sole devolute alla cognizione del giudice a quo. E cio' a prescindere dalla considerazione che, anche secondo la disciplina generale in materia di separazione dei processi - e salva la specificita' correlata alle modalita' di introduzione dei riti alternativi - non e' l'interesse del coimputato, ma l'assoluta necessita' della riunione per l'accertamento dei fatti che puo' impedire la separazione. (Manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 560 cod.proc.pen., in parte qua, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 101 Cost.).
Non vi e' lesione di nessuno degli invocati precetti costituzionali, quando la perdita della possibilita' di far ricorso al giudizio abbreviato e di usufruire della riduzione di un terzo della pena dipende unicamente dal fatto, addebitabile all'imputato, di non aver inoltrato nei termini la relativa richiesta. Non sussiste, infatti, ne' irrazionalita' della norma ne' discriminazione tra l'imputato piu' diligente e quello inerte, cosi' come non sussiste lesione del diritto di difesa, mentre al pericolo di condanna a una pena piu' lunga l'imputato puo' ovviare facendo ricorso al c.d. patteggiamento che consente la riduzione della pena. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 560 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 della Costituzione). - Su analoghe questioni circa il termine cui e' soggetta la richiesta del rito abbreviato: S. n. 593/1990 e O. n. 320/1991.
La previsione del termine di giorni 15 dalla notifica del decreto di citazione a giudizio avanti al Pretore entro il quale l'imputato puo' formulare la richiesta di giudizio abbreviato non viola gli artt. 76 e 77 della Costituzione in quanto detto termine e' attuativo delle esigenze di speditezza e di semplificazione del procedimento pretorile che la direttiva n. 103 della legge delega ha imposto al legislatore delegato, ne' e' violato il diritto di difesa dell'imputato perche' l'onere imposto non e' gravoso ne' complesso, anche perche' il detto termine si correla a quello di quarantacinque giorni precedenti la data fissata per il giudizio previsto per la notifica del decreto di citazione che, tra l'altro, puo' contenere l'indicazione, da parte del P.M. all'imputato, della possibilita' di usufruire del giudizio abbreviato. Ne' infine, sussiste la paventata disparita' di trattamento tra il termine per il giudizio abbreviato e il c.d. patteggiamento sulla pena, attesa la diversita' dei due istituti, e considerato che l'imputato ha la possibilita' di chiedere il patteggiamento sulla pena fino al dibattimento, usufruendo della prevista riduzione della pena con evidente compensazione della perdita del beneficio accordato con il giudizio abbreviato, al quale egli non puo' fare piu' ricorso per la inosservanza del termine di decadenza stabilito. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 76 e 77 Cost, dell'art. 560, primo comma, cod. proc. pen.). - v., in tema di attribuziome di ampia discrezionalita' al legislatore delegato in ordine alle modalita' di funzionamento del procedimento avanti al pretore, l'ord. n. 208/1991; - v., anche sulla diversita' tra gli istituti del rito abbreviato e del c.d. patteggiamento, le sentt. nn. 66/1990 e 320/1990.
Nell'ambito del giudizio pretorile, non costituisce illogica disparita' di trattamento il fatto che, mentre ai sensi dell'art. 566, ottavo comma, cod. proc. pen. , l'arrestato puo' chiedere dopo la convalida dell'arresto il giudizio abbreviato al giudice del dibattimento, tale facolta', dagli artt. 560, primo comma, e 555, lett. e), stesso codice, e' negata all'imputato non arrestato. L'assoluta diversita' delle situazioni poste a confronto (da un lato, il giudizio direttissimo e, dall'altro lato, il giudizio ordinario) giustifica infatti la diversita' di trattamento sia quanto al momento per la presentazione della richiesta sia quanto al giudice chiamato a decidere in ordine ad essa. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 560, primo comma, e 555, lett. e), del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione).
La fissazione del termine di quindici giorni dalla notifica del decreto di citazione a giudizio come ultima data entro la quale l'imputato puo' nel procedimento pretorile chiedere il giudizio abbreviato, e' del tutto coerente ed inscindibilmente connessa alla logica dell'istituto. L'interesse dell'imputato a beneficiare dei vantaggi che discendono dall'instaurazione di tale rito speciale (riduzione della pena di un terzo, preclusione per il P.M. ad effettuare contestazioni nuove o suppletive) trova infatti tutela solo in quanto la sua condotta consenta l'effettiva adozione di una sequenza procedimentale che permetta di raggiungere quell'obiettivo di rapida definizione del processo che il legislatore ha inteso perseguire. Se tale scopo non puo' essere raggiunto, perche' si e' gia' pervenuti alla fase dibattimentale, nell'inammissibilita' del rito speciale non puo' ravvisarsi alcuna violazione del diritto di difesa, dato che questo nel dibattimento ordinario e' pienamente garantito e non incontra, anzi, i limiti propri del giudizio abbreviato. Ne' la possibilita' del P.M. di effettuare in tale fase contestazioni nuove o suppletive puo' dirsi violatrice del principio di lealta' e correttezza nell'esercizio dell'azione penale. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 24 Cost., degli artt. 560, primo comma, e 517 cod. proc. pen.). - S. n. 277/1980 e O. nn. 361/1990 e 477/1990.
L'art. 112 Cost. impone al pubblico ministero l'obbligo di esercitare l'azione penale, ma poiche' nulla stabilisce - e non potrebbe essere altrimenti - circa i tempi ed i modi nei quali l'azione debba essere espletata, la relativa regolamentazione e' rimessa al legislatore ordinario. Non si puo' pertanto non ritenere che l'azione penale sia effettivamente esercitata allorche' il pubblico ministero, consentendo alla richiesta del giudizio abbreviato formulata nel corso delle indagini preliminari dalla persona ad esse sottoposta, emette, a norma dell'art. 560, comma secondo, cod. proc. pen. del 1988, il decreto di citazione a giudizio e trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari, essendo sufficiente rilevare in proposito che tale decreto contiene fra l'altro l'imputazione, la cui formulazione implica esercizio dell'azione penale. Il potere del pubblico ministero di consentire che essa possa sfociare nel nuovo tipo di giudizio denominato abbreviato rientra cosi' nel quadro delle sue funzioni e delle sue responsabilita'. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 560, comma secondo, cod. proc. pen. del 1988, sollevata in riferimento all'art. 112 Cost.).