Pronuncia 284/1990

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Giovanni CONSO; Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 442, secondo comma, 561, terzo comma, e 560, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988, promosso con ordinanza emessa il 27 novembre 1989 dal pretore di Ragusa nel procedimento penale a carico di Chebiha Alì, iscritta al n. 11 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 21 marzo 1990 il giudice relatore Mauro Ferri;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 442, secondo comma, e 561, terzo comma, del codice di procedura penale del 1988 in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal pretore di Ragusa con l'ordinanza in epigrafe; Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 560, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988 in riferimento all'art. 112 della Costituzione, sollevata con la medesima ordinanza. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 giugno 1990. Il Presidente: CONSO Il redattore: FERRI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 14 giugno 1990. Il direttore della cancelleria: MINELLI

Relatore: Mauro Ferri

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CONSO

Caricamento annuncio...

Massime

SENT. 284/90 A. PROCESSO PENALE - PROCEDIMENTI SPECIALI - PROCEDIMENTO DAVANTI AL PRETORE - RIDUZIONE DELLA PENA COME EFFETTO DELL'ADOZIONE DEL RITO ABBREVIATO - PRESUPPOSTI - ASSERITA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Va respinto l'assunto che la riduzione della pena, prevista come necessaria conseguenza dell'adozione del rito abbreviato, non essendo in rapporto alla natura del reato, ne' alla personalita' del soggetto, renderebbe possibile una ingiustificata disparita' di trattamento fra imputati del medesimo reato, in contrasto con il principio di eguaglianza. La riduzione della pena in conseguenza dell'adozione del rito abbreviato presuppone infatti la richiesta dell'imputato che, a sua volta, comporta la rinuncia alle maggiori possibilita' di verifica dei fatti offerta dal dibattimento, nonche' una limitazione del potere di proporre appello contro la sentenza pronunciata a conclusione del giudizio. Che poi si tratti di un'attivita' dell'imputato in sede processuale non attinente alla commissione del reato, e' questione che nulla ha a vedere con il principio di uguaglianza, e del resto gia' l'art. 133 cod. pen. prevede, ai fini della determinazione della pena, che venga presa in considerazione la condotta dell'imputato contemporanea o susseguente al reato. Nemmeno puo' essere in contrasto con detto principio il fatto che alla richiesta dell'imputato perche' il giudizio abbreviato abbia corso, corrisponda il consenso del pubblico ministero. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 442, comma secondo, e 561, comma terzo, cod. proc. pen. 1988, in riferimento all'art. 3 Cost.).

Parametri costituzionali

SENT. 284/90 B. PROCESSO PENALE - PROCEDIMENTI SPECIALI - GIUDIZIO ABBREVIATO - PROCEDIMENTO DAVANTI AL PRETORE - DISCIPLINA DEL GIUDIZIO ABBREVIATO IN TALE PROCEDIMENTO - ASSERITA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI OBBLIGATORIETA' DELL'AZIONE PENALE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

L'art. 112 Cost. impone al pubblico ministero l'obbligo di esercitare l'azione penale, ma poiche' nulla stabilisce - e non potrebbe essere altrimenti - circa i tempi ed i modi nei quali l'azione debba essere espletata, la relativa regolamentazione e' rimessa al legislatore ordinario. Non si puo' pertanto non ritenere che l'azione penale sia effettivamente esercitata allorche' il pubblico ministero, consentendo alla richiesta del giudizio abbreviato formulata nel corso delle indagini preliminari dalla persona ad esse sottoposta, emette, a norma dell'art. 560, comma secondo, cod. proc. pen. del 1988, il decreto di citazione a giudizio e trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari, essendo sufficiente rilevare in proposito che tale decreto contiene fra l'altro l'imputazione, la cui formulazione implica esercizio dell'azione penale. Il potere del pubblico ministero di consentire che essa possa sfociare nel nuovo tipo di giudizio denominato abbreviato rientra cosi' nel quadro delle sue funzioni e delle sue responsabilita'. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 560, comma secondo, cod. proc. pen. del 1988, sollevata in riferimento all'art. 112 Cost.).

Parametri costituzionali