Articolo 603 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 603, comma 3- bis , cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 58, della legge n. 103 del 2017, la premessa interpretativa da cui muove il rimettente non solo non è implausibile, ma corrisponde altresì all'interpretazione, da considerarsi allo stato diritto vivente, che della disposizione censurata è stata fornita - sia pure in via di obiter - da una recente sentenza delle Sezioni unite, nella quale è stato ribadito un principio già enunciato dalle stesse Sezioni unite anteriormente all'entrata in vigore della novella. ( Precedenti citati: sentenze n. 51 del 2015 e n. 10 del 2009 ).
Sono ammissibili - sotto il profilo della rilevanza - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 603, comma 3- bis , cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 58, della legge n. 103 del 2017. Nel giudizio a quo deve essere decisa l'impugnazione del pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione per motivi attinenti alla prova dichiarativa resa nell'ambito di un giudizio abbreviato, e nel cui ambito dunque sarebbe necessario - in forza della disposizione censurata, come interpretata dal diritto vivente - disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte d'appello di Trento in riferimento agli artt. 111, secondo e quinto comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 20 della direttiva 2012/29/UE - dell'art. 603, comma 3- bis , cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 58, della legge n. 103 del 2017, nella parte in cui tale disposizione, così come interpretata dal diritto vivente, nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, obbliga il giudice a disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale anche in caso di giudizio di primo grado celebrato nelle forme del rito abbreviato, e pertanto definito in quella sede "allo stato degli atti" ai sensi degli artt. 438 e seguenti cod. proc. pen. La dilatazione dei tempi processuali, conseguente alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, trova giustificazione nella necessità di un contatto diretto del giudice con i testimoni, imposta, anche per il giudizio abbreviato, dall'esigenza di superare l'implicito ragionevole dubbio determinato dall'adozione di decisioni contrastanti e, dunque, di assicurare una piena tutela dell'interesse primario dell'imputato a non essere ingiustamente condannato; la rinuncia al contraddittorio nella formazione della prova, espressa dall'imputato con la richiesta di giudizio abbreviato, non deve poi necessariamente valere per ogni fase del processo, compreso l'appello. Del pari va esclusa la violazione del principio di parità delle parti, atteso che la disposizione censurata, configurando un adempimento doveroso a carico del giudice, non introduce alcuno squilibrio tra i poteri processuali delle parti, né pone l'imputato in un'arbitraria posizione di vantaggio rispetto al pubblico ministero. Infine, il divieto della rinnovazione superflua dell'audizione della vittima sancito dall'art. 20 della citata direttiva non si estende alla fase del processo, riguardando solo le indagini preliminari, e fa comunque salvi i diritti della difesa, tra i quali si iscrive il diritto al contraddittorio nella formazione della prova. ( Precedenti citati: sentenze n. 184 del 2009 e n. 26 del 2007 ). Il principio della ragionevole durata del processo va contemperato con il complesso delle altre garanzie costituzionali, sicché il suo sacrificio non è sindacabile, ove sia frutto di scelte non prive di una valida ratio giustificativa. A tale principio possono pertanto arrecare un vulnus solamente norme procedurali che comportino una dilatazione dei tempi del processo non sorretta da alcuna logica esigenza. ( Precedenti citati: sentenze n. 12 del 2016, n. 23 del 2015, n. 159 del 2014, n. 63 del 2009, n. 56 del 2009, n. 26 del 2007 e n. 148 del 2005; ordinanze n. 332 del 2008 e n. 318 del 2008 ). L'art. 111, quinto comma, Cost. rinvia alla legge per la puntuale disciplina dei processi fondati sulla rinuncia dell'imputato all'assunzione della prova in contraddittorio, e lascia così che sia il legislatore a provvedere secondo il suo discrezionale apprezzamento affinché il processo mantenga caratteristiche di complessiva equità, e sia comunque assicurato, in particolare, l'obiettivo ultimo della correttezza della decisione. ( Precedente citato: sentenza n. 184 del 2009 ).
Sono restituiti al rimettente gli atti relativi alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 175, 178, comma 1, lett. c ), 179 e 604 cod. proc. pen., impugnati, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 117, primo comma, Cost. (in relazione all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo), nella parte in cui non prevedono che la mancata conoscenza del procedimento, da parte dell'imputato restituito nel termine per proporre impugnazione, determini la nullità della sentenza appellata, ovvero del decreto di rinvio a giudizio o di citazione a giudizio con nullità derivata di detta sentenza, e imponga conseguentemente la trasmissione degli atti al giudice di primo grado; nonché, «in aggiunta o in alternativa», degli artt. 175 e 603 cod. proc. pen., impugnati, in riferimento ai medesimi parametri, nella parte in cui non consentono all'imputato, restituito nel termine per non aver avuto conoscenza del procedimento, di avvalersi in modo pieno, in grado di appello, delle facoltà previste dagli artt. 438, 444, 468, 491 e 555 del medesimo codice. Infatti, successivamente all'ordinanza di rimessione, è intervenuta la legge n. 67 del 2014 che ha modificato in modo particolarmente incisivo la disciplina del processo penale senza la presenza dell'imputato. Per effetto di tale provvedimento, tre delle cinque norme censurate (artt. 175, 603 e 604 cod. proc. pen.) sono state oggetto di rilevanti interventi modificativi ed è radicalmente mutato il panorama normativo di riferimento. Alla luce del citato ius superveniens compete, pertanto, al giudice a quo un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell?art. 4-ter, comma 3, lettera b), del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2000, n. 144, e dell?art. 438, comma 5, del codice di procedura penale, in riferimento all?art. 603, commi 1 e 3, del medesimo codice, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, sia nella parte in cui non consentono al giudice di appello di rifiutare l?ammissione al giudizio abbreviato, allorché le prove da esso già ammesse ai sensi dell?art. 603 cod. proc. pen. risultino incompatibili con le finalità di economia processuale proprie del procedimento; sia nella parte in cui non prevedono che il giudice di appello possa escludere la riduzione premiale di pena connessa al rito alternativo, qualora, dopo l?ammissione a tale rito della parte richiedente, gli elementi desunti dal fascicolo del pubblico ministero non appaiano ?in grado di impedire la prosecuzione della già deliberata rinnovazione dell?istruttoria?. Infatti il rimettente nel prospettate due distinti interventi di tipo additivo in rapporto di necessaria alternatività logico-giuridica fra loro, non chiarisce a quale fra le due soluzioni attribuisca carattere prioritario, sicché la questione appare prospettata in modo ancipite. - Sulla manifesta infondatezza di questioni prospettate in modo ancipite, v. 'ex plurimis', ordinanze n. 78/2000 e n. 418/2000. M.F.