Pronuncia 124/2019

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale, come introdotto dall'art. 1, comma 58, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario), promosso dalla Corte d'appello di Trento nel procedimento penale a carico di S. N., con ordinanza del 20 dicembre 2017, iscritta al n. 45 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 2018. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 20 marzo 2019 il Giudice relatore Francesco Viganò.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale, introdotto dall'art. 1, comma 58, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario), sollevate, in riferimento agli artt. 111, secondo e quarto comma, e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 20 della direttiva 2012/29/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, dalla Corte d'appello di Trento con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 marzo 2019. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Francesco VIGANÒ, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2019. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Francesco Viganò

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: LATTANZI

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Massime

Interpretazione della norma censurata - Premessa interpretativa del rimettente non implausibile e conforme al diritto vivente - Esame delle questioni in relazione alla disposizione censurata come interpretata.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 603, comma 3- bis , cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 58, della legge n. 103 del 2017, la premessa interpretativa da cui muove il rimettente non solo non è implausibile, ma corrisponde altresì all'interpretazione, da considerarsi allo stato diritto vivente, che della disposizione censurata è stata fornita - sia pure in via di obiter - da una recente sentenza delle Sezioni unite, nella quale è stato ribadito un principio già enunciato dalle stesse Sezioni unite anteriormente all'entrata in vigore della novella. ( Precedenti citati: sentenze n. 51 del 2015 e n. 10 del 2009 ).

Norme citate

Rilevanza della questione incidentale - Sussistenza, in base alla disposizione censurata, come interpretata dal diritto vivente - Ammissibilità delle questioni.

Sono ammissibili - sotto il profilo della rilevanza - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 603, comma 3- bis , cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 58, della legge n. 103 del 2017. Nel giudizio a quo deve essere decisa l'impugnazione del pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione per motivi attinenti alla prova dichiarativa resa nell'ambito di un giudizio abbreviato, e nel cui ambito dunque sarebbe necessario - in forza della disposizione censurata, come interpretata dal diritto vivente - disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.

Norme citate

Processo penale - Appello - Impugnazione del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa - Rinnovazione dell'istruzione dibattimentale - Obbligatorietà, secondo il diritto vivente, anche nel caso di sentenza resa all'esito di giudizio abbreviato - Denunciata violazione dei principi della ragionevole durata del processo, della formazione della prova in assenza di contraddittorio, della parità delle parti e del divieto di audizioni superflue posto a tutela della vittima del reato da direttiva europea - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte d'appello di Trento in riferimento agli artt. 111, secondo e quinto comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 20 della direttiva 2012/29/UE - dell'art. 603, comma 3- bis , cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 58, della legge n. 103 del 2017, nella parte in cui tale disposizione, così come interpretata dal diritto vivente, nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, obbliga il giudice a disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale anche in caso di giudizio di primo grado celebrato nelle forme del rito abbreviato, e pertanto definito in quella sede "allo stato degli atti" ai sensi degli artt. 438 e seguenti cod. proc. pen. La dilatazione dei tempi processuali, conseguente alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, trova giustificazione nella necessità di un contatto diretto del giudice con i testimoni, imposta, anche per il giudizio abbreviato, dall'esigenza di superare l'implicito ragionevole dubbio determinato dall'adozione di decisioni contrastanti e, dunque, di assicurare una piena tutela dell'interesse primario dell'imputato a non essere ingiustamente condannato; la rinuncia al contraddittorio nella formazione della prova, espressa dall'imputato con la richiesta di giudizio abbreviato, non deve poi necessariamente valere per ogni fase del processo, compreso l'appello. Del pari va esclusa la violazione del principio di parità delle parti, atteso che la disposizione censurata, configurando un adempimento doveroso a carico del giudice, non introduce alcuno squilibrio tra i poteri processuali delle parti, né pone l'imputato in un'arbitraria posizione di vantaggio rispetto al pubblico ministero. Infine, il divieto della rinnovazione superflua dell'audizione della vittima sancito dall'art. 20 della citata direttiva non si estende alla fase del processo, riguardando solo le indagini preliminari, e fa comunque salvi i diritti della difesa, tra i quali si iscrive il diritto al contraddittorio nella formazione della prova. ( Precedenti citati: sentenze n. 184 del 2009 e n. 26 del 2007 ). Il principio della ragionevole durata del processo va contemperato con il complesso delle altre garanzie costituzionali, sicché il suo sacrificio non è sindacabile, ove sia frutto di scelte non prive di una valida ratio giustificativa. A tale principio possono pertanto arrecare un vulnus solamente norme procedurali che comportino una dilatazione dei tempi del processo non sorretta da alcuna logica esigenza. ( Precedenti citati: sentenze n. 12 del 2016, n. 23 del 2015, n. 159 del 2014, n. 63 del 2009, n. 56 del 2009, n. 26 del 2007 e n. 148 del 2005; ordinanze n. 332 del 2008 e n. 318 del 2008 ). L'art. 111, quinto comma, Cost. rinvia alla legge per la puntuale disciplina dei processi fondati sulla rinuncia dell'imputato all'assunzione della prova in contraddittorio, e lascia così che sia il legislatore a provvedere secondo il suo discrezionale apprezzamento affinché il processo mantenga caratteristiche di complessiva equità, e sia comunque assicurato, in particolare, l'obiettivo ultimo della correttezza della decisione. ( Precedente citato: sentenza n. 184 del 2009 ).

Norme citate

Parametri costituzionali