Articolo 576 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 176/2019Depositata il 12/07/2019
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 576 cod. proc. pen., non è accolta l'eccezione di inammissibilità delle questioni per aver il rimettente richiesto una pronuncia manipolativa indicando una soluzione non costituzionalmente obbligata in una materia, quale quella degli istituti processuali, riservata alla discrezionalità del legislatore. Dal tenore complessivo della motivazione della ordinanza di rimessione emerge con chiarezza il verso delle censure, che mirano all'esclusione dell'esercizio della giurisdizione penale, in termini di inammissibilità dell'impugnazione ex art. 576 cod. proc. pen., o comunque al suo ridimensionamento a favore dell'ipotizzato riconoscimento della facoltà di impugnazione della parte civile innanzi al giudice civile, qualora la vicenda penale in senso stretto si sia esaurita con una pronuncia, non impugnata dal pubblico ministero, pienamente favorevole all'imputato. L'ordinanza di rimessione delle questioni di legittimità costituzionale non necessariamente deve concludersi con un dispositivo recante altresì un petitum, essendo sufficiente che dal tenore complessivo della motivazione emerga con chiarezza il contenuto ed il verso delle censure, anche con riferimento alla materia processuale. ( Precedenti citati: sentenze n. 180 del 2018 e n. 175 del 2018 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 576
Pronuncia 176/2019Depositata il 12/07/2019
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte d'appello di Venezia in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, Cost. - dell'art. 576 cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che la parte civile possa proporre al giudice penale anziché al giudice civile impugnazione ai soli effetti della responsabilità civile contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio. Posta la connotazione di separatezza e accessorietà dell'azione civile secondo la sede - civile o penale - in cui è proposta, del tutto coerentemente con l'impianto complessivo del regime dell'impugnazione della parte civile, il legislatore non ha derogato al criterio per cui, essendo stata la sentenza di primo grado pronunciata da un giudice penale con il rispetto delle regole processualpenalistiche, anche il giudizio d'appello è devoluto a un giudice penale (quello dell'impugnazione) secondo le norme dello stesso codice di rito. Tale giudice, lungi dall'essere distolto da quella che è la finalità tipica e coessenziale dell'esercizio della sua giurisdizione penale, è innanzi tutto chiamato proprio a riesaminare il profilo della responsabilità penale dell'imputato, confermando o riformando, seppur solo agli effetti civili, la sentenza di proscioglimento pronunciata in primo grado. Né l'esigenza di un più ampio ricorso alla giurisdizione civile per definire le pretese restitutorie o risarcitorie della parte civile che abbia, fin dall'inizio, optato per la giurisdizione penale può desumersi dall'art. 622 cod. proc. pen., in quanto la deviazione dalla regola generale nel caso del giudizio di rinvio a seguito dell'annullamento, pronunciato dalla Corte di cassazione, della sentenza ai soli effetti civili, trova la sua giustificazione nella particolarità della fase processuale collocata all'esito del giudizio di cassazione. Su un piano diverso, rileva il lamentato aggravio nei ruoli d'udienza dei giudici penali dell'impugnazione in una situazione di elevati carichi di lavoro che richiede adeguati interventi diretti ad approntare sufficienti risorse personali e materiali, rimessi alle scelte discrezionali del legislatore in materia di politica giudiziaria e alla gestione amministrativa della giustizia.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 576
Parametri costituzionali
Pronuncia 193/2009Depositata il 26/06/2009
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 576 cod. proc. pen., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 Cost., nella parte in cui prevede la facoltà della parte civile di appellare le sentenze di proscioglimento al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 603, commi 1, 2 e 4 cod. proc. pen. Invero, da un lato, la pronunzia richiesta non è costituzionalmente obbligata, ma rientra nella discrezionalità del legislatore, dall'altro, la soluzione proposta dal rimettente - rappresentata dalla soppressione radicale dell'appello, fuori dei circoscritti casi nei quali deve disporsi la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale - non solo non è l'unica possibile ma non appare neppure congrua rispetto all'obiettivo perseguito dal rimettente. Difatti, nella prospettiva del giudice a quo , l'appello dovrebbe rimanere esperibile in tutti i casi di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. Ma una tale ipotesi, però, non comporta necessariamente il ripristino dei caratteri di oralità e immediatezza in sede di gravame, posto che di tutto il restante materiale probatorio il giudice di appello continuerebbe ad avere una conoscenza meramente cartolare. - Sulla manifesta inammissibilità della questione per l'assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, v. citate, ex plurimis , ordinanze n. 265 e n. 263 e n. 150/2008.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 576
Parametri costituzionali
Pronuncia 226/2008Depositata il 20/06/2008
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 576 del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 6 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, censurato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 della Costituzione, nella parte in cui esclude che la parte civile possa proporre appello, ai soli effetti della responsabilità civile, avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato. Le questioni sono state sollevate sulla base di una premessa interpretativa - quella secondo cui la riforma delle impugnazioni del 2006 avrebbe soppresso, per la parte civile, il potere di appello - non imposta dal diritto vivente, sicché i rimettenti hanno omesso di sperimentare adeguate soluzioni ermeneutiche - peraltro affermate dalla giurisprudenza di legittimità - idonee a rendere le disposizioni censurate esenti dai prospettati dubbi di legittimità. - In senso analogo, v. la citata ordinanza n. 32/2007. - Sull'obbligo, per il giudice, di sperimentare la possibilità di interpretazioni conformi a Costituzione, v. le citate ordinanze n. 35/2006, n. 381/2005 e n. 279/2003, n. 3/2008.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 576
- legge-Art. 6, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 155/2008Depositata il 16/05/2008
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 576 cod. proc. pen, come modificato dall'art. 6 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, anche in relazione all'art. 593 dello stesso codice di rito, nonché del citato art. 6, censurati, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost., nella parte in cui escluderebbero, in capo alla parte civile, il potere di proporre appello avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato. Infatti, non appare incontestata la premessa interpretativa da cui prendono le mosse i rimettenti, ossia che la riforma del 2006 avrebbe soppresso il potere di appello della parte civile, posto che non sussiste, allo stato, un "diritto vivente" conforme a tale premessa, potendosi ravvisare, invece, anche una diversa soluzione ermeneutica idonea a soddisfare il petitum dei rimettenti. - Sulla manifesta inammissibilità di questioni proposte senza una preventiva verifica della possibilità di altre opzioni interpretative, v., citate, ex plurimis , ordinanze n. 35/2006, n. 381/2005, n. 279/2003. - Su questione analoga v., citate, ordinanze n. 3/2008 e n. 32/2007.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 576
- legge-Art. 6
- codice di procedura penale-Art. 593
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 154/2008Depositata il 16/05/2008
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 576 del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 6 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, anche in combinato disposto con l'art. 593 del codice di procedura penale, e dell'art. 10 della medesima legge, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 della Costituzione, in quanto i giudici rimettenti hanno omesso di sperimentare adeguate soluzioni ermeneutiche - diverse da quelle praticate - idonee a rendere le disposizioni impugnate esenti dai prospettati dubbi di legittimità. La premessa interpretativa sulla base della quale sono state sollevate le questioni non trova conferma nel diritto vivente ed anzi la giurisprudenza di legittimità ha ribadito come la parte civile, anche dopo l'intervento sull'art. 576 cod. proc. pen. ad opera dell'art. 6 della legge n. 46 del 2006, possa proporre appello, agli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio di primo grado, così come, in ordine alla disciplina transitoria, si è affermato, da una parte della giurisprudenza di legittimità, che ove pure la nuova legge avesse effettivamente rimosso il potere di appello della parte civile, non ne conseguirebbe comunque l'inammissibilità dell'appello anteriormente proposto da detta parte; e ciò in quanto la disposizione transitoria di cui all'art. 10, comma 1 - evocata dai giudici a quibus - nello stabilire che la presente legge si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima, si sarebbe limitata soltanto a riaffermare il generale principio tempus regit actum , tipico della materia processuale. - Sull'onere per i giudici rimettenti di sperimentare soluzioni ermeneutiche conformi a Costituzione, v., citate, ordinanze n. 35/2006, n. 381/2005 e n. 279/2003.
Norme citate
- legge-Art.
- codice di procedura penale-Art. 576
- codice di procedura penale-Art. 593
- legge-Art. 10
Parametri costituzionali
Pronuncia 3/2008Depositata il 18/01/2008
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 576 del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 6 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui, in asserito contrasto con i principi di eguaglianza, di parità delle parti nel processo e di inviolabilità del diritto di azione e di difesa (artt. 3, 24 e 111 della Costituzione), escluderebbe, in capo alla parte civile, il potere di proporre appello avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato. I giudici rimettenti, infatti, hanno omesso di sperimentare soluzioni ermeneutiche - diverse da quelle praticate e conformi a quelle, nel frattempo, fatte proprie dalla giurisprudenza di legittimità - idonee a rendere la disposizione impugnata esente dai prospettati dubbi di legittimità. - Sull'obbligo del giudice a quo di sperimentare una interpretazione conforme a Costituzione, v., citate, le ordinanze n. 35/2006, n. 381/2005 e n. 279/2003. - Sulla insussistenza di un diritto vivente conforme alla premessa interpretativa posta a base dei dubbi di legittimità costituzionale oggi in esame v., citata, l'ordinanza n. 32/2007, resa su questione di legittimità costituzionale fondata su un identico presupposto ermeneutico.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 576
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Pronuncia 32/2007Depositata il 06/02/2007
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 576 cod. proc. pen, come modificato dall'art. 6 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, censurato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui esclude che la parte civile possa proporre appello avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato. Il rimettente muove dalla premessa che la novella del 2006 avrebbe soppresso il potere di appello della parte civile: tale conclusione non è, però, l'unica possibile, dal momento che la Corte di cassazione ha avuto modo di sostenere anche la tesi opposta, facendo leva sulla voluntas legis emergente dai lavori parlamentari. Non sussiste, pertanto, allo stato, un "diritto vivente" conforme alla premessa interpretativa di cui sopra, ed il rimettente non ha fornito adeguata motivazione delle ragioni per le quali l'opposto orientamento non può essere condiviso: la carenza di una verifica di altre opzioni ermeneutiche comporta la manifesta inammissibilità della questione proposta. - Sul mancato esercizio dei poteri interpretativi che la legge riconosce in via esclusiva al giudice v., citate, ex plurimis , ordinanze n. 34/2006, n. 381/2005 e n. 279/2003.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 576
- legge-Art. 6
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.