Articolo 315 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 214/2013Depositata il 18/07/2013
È inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 315, comma 3, in relazione all'art. 646, comma 1, cod. proc. pen., impugnati, in riferimento agli artt. 111, primo comma, e 117, primo comma, Cost., nella parte in cui non consentono che il procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione si svolga, su istanza degli interessati, davanti alla corte d'appello, nelle forme dell'udienza pubblica. Infatti, come già stabilito in precedenti pronunce, una questione finalizzata a riconoscere una determinata facoltà a una parte processuale è priva di rilevanza attuale se, nel giudizio a quo , quella parte non ha mai manifestato la volontà di esercitare la facoltà in discussione, come nel caso di specie. Pertanto, in assenza di tale manifestazione di volontà, la rilevanza della questione di costituzionalità risulta meramente ipotetica, in quanto l'interessato potrebbe comunque non avvalersi della facoltà attribuitagli a seguito di una pronuncia "additivo-manipolativa" di incostituzionalità. - Si veda in materia il precedente della sentenza n. 80/2011, nonché con particolare riguardo a questioni volte ad ampliare le possibilità di accesso dell'imputato a riti alternativi, ex plurimis , le ordinanze nn. 55/2010, 69/2008, 129/2003 e 584/2000.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 315, comma 3
- codice di procedura penale-Art. 646, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 59/2005Depositata il 28/01/2005
E? manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell?art. 315 del codice di procedura pnale, nella parte in cui prevede che il termine per proporre la richiesta di riparazione per l?ingiusta detenzione prevista dall?art. 314 cod. proc. pen. decorra da quando la sentenza di non doversi procedere di cui all?art. 378 cod. proc. pen. del 1930 è divenuta inoppugnabile anziché dal giorno in cui ne è stata effettuata la notifica direttamente alla persona sottoposta alle indagini o da quando questi ne ha avuto effettiva conoscenza. Premesso che il diritto all?equa riparazione, nel sistema creato dagli articoli 314 e 315 cod. proc. pen. del 1988, è applicabile, in virtù della norma transitoria di cui all?art. 245 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, anche ai procedimenti già pendenti alla data del 24 ottobre 1989 e destinati a proseguire nell?osservanza della normativa precedente, e pur non essendo previsto da tale disciplina, a differenza di quella vigente, la notifica della sentenza di proscioglimento all?imputato, la diversità di disciplina applicabile, a seconda che si tratti di procedimento soggetto alla normativa del codice di rito vigente o a quella del codice di rito del 1930, non contrasta tuttavia con i parametri evocati, posto che, in base dell?art. 372 cod. proc. pen. del 1930, la parte avente diritto all?equa riparazione per ingiusta detenzione è posta nelle condizioni ? con l?impiego della normale diligenza ? di venire a conoscenza del momento in cui il giudice effettua il deposito della sentenza ? anche se questi non osserva il termine, pacificamente ordinatorio, per tale deposito ? ed è quindi nelle condizioni di osservare il termine di due anni di cui all?art. 315 cod. proc. pen. per la proposizione dell?istanza, sicché la mancata previsione dell?applicazione delle disposizioni di cui all?art. 548 cod. proc. pen. non è irragionevole né viola il diritto di difesa della parte, dal momento che, una volta stabilito un termine di decadenza, l?interessato è posto in condizione di conoscerne la decorrenza iniziale senza l?imposizione di oneri eccedenti la normale diligenza.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 315
Parametri costituzionali
Pronuncia 191/2002Depositata il 10/05/2002
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 314 e 315 cod. proc. pen. sollevata in riferimento all?art. 3 Cost. << nella parte in cui non prevedono che la Corte d?appello, ove risulti che il soggetto che ha proposto istanza ai sensi dell?art. 314 cod. proc. pen. è stato condannato (in altro procedimento) con sentenza non ancora definitiva ad una pena di durata non inferiore a quella della custodia cautelare sofferta ingiustamente, debba sospendere il procedimento in attesa che venga definito quello nell?ambito del quale è stata pronunciata la sentenza di condanna (ovvero nella parte in cui non prevedono, quantomeno, che l?interessato sia obbligato a restituire allo Stato l?indennizzo ricevuto, qualora ottenga successivamente il ?computo? della custodia cautelare ingiustamente sofferta ai fini della determinazione della pena da eseguire)>> atteso il carattere alternativo in cui la questione è stata sollevata. - V. sentenza n. 248/1992. - V. ordinanze n. 107/2001; n. 78 e n. 7/2000; n. 286/1999; n. 449, n. 384 e n. 146/1998; n. 73/1995.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 314
- codice di procedura penale-Art. 315
Parametri costituzionali
Pronuncia 446/1997Depositata il 30/12/1997
E' costituzionalmente illegittimo l'art. 315, comma 1, del cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che il termine per proporre la domanda di riparazione decorre dalla pronuncia del provvedimento di archiviazione, anziche' dal giorno in cui, ricorrendo le condizioni previste dall'art. 314, comma 3, stesso codice, e' stata effettuata la notificazione del provvedimento di archiviazione alla persona nei cui confronti detto provvedimento e' stato pronunciato. Configura, infatti, una irragionevole disparita' di trattamento la circostanza che, mentre nelle ipotesi in cui il diritto alla riparazione nasce da sentenza irrevocabile di proscioglimento, o di condanna, o da una sentenza inoppugnabile di non luogo a procedere, l'interessato e' a conoscenza delle diverse fasi del processo, attraverso le quali si perviene alla irrevocabilita' o alla inoppugnabilita' della decisione, nel caso del provvedimento di archiviazione, tale diritto sorge e il termine per la proposizione della relativa domanda inizia a decorrere all'insaputa del titolare, al quale l'ordinamento non appresta alcun mezzo per favorire la conoscenza del provvedimento stesso, non essendovi stato ne' esperimento dell'azione penale, ne' notificazione della decisione di non esercitarla. Pertanto, il rimettere interamente all'interessato l'onere di iniziativa finalizzata alla conoscenza di detto provvedimento, altera profondamente la fisionomia dell'istituto e suona come odioso aggravio della situazione di ingiustizia che si e' determinata, rendendo oscura e contraddittoria la complessiva 'ratio' della disciplina: e tanto piu' irragionevole appare l'omissione, se si considera che essa riguarda proprio il provvedimento di archiviazione che, nell'elencazione dell'art. 315, rappresenta l'ipotesi nella quale piu' evidente risulta l'ingiustizia della detenzione e piu' manifesta l'esigenza di rendere noto all'interessato l'esito favorevole del procedimento. - Sul principio secondo il quale, una volta stabilito un termine di decadenza, l'interessato deve essere posto in condizione di conoscerne la decorrenza iniziale, senza l'imposizione di oneri eccedenti la normale diligenza (cfr. sentenze nn. 185/1988, 134/1985, 14/1977, 255/1974 e 159/1971). red.: A.M. Marini
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 315, comma 1
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.