Articolo 424 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 424, 429 e 521, comma 1, cod. proc. pen., impugnati, in riferimento agli artt. 3, 24, 111, terzo comma, e 117, primo comma, Cost., nella parte in cui prevedono che il GUP possa disporre il rinvio a giudizio dell'imputato in relazione ad un fatto qualificato, di ufficio, giuridicamente in maniera diversa, senza consentire il previo ed effettivo sviluppo del contraddittorio sul punto, chiedendo al P.M. di modificare la qualificazione giuridica del fatto e, in caso di inerzia dell'organo dell'accusa, disponendo la trasmissione degli atti al medesimo P.M. Premesso che il principio di necessaria correlazione tra imputazione contestata e sentenza - espressamente codificato dall'art. 521 cod. proc. pen. per la fase del giudizio, ma applicabile analogicamente anche all'udienza preliminare - è diretto a garantire il contraddittorio e il diritto di difesa dell'imputato nonché il controllo giurisdizionale sul corretto esercizio dell'azione penale; e che il medesimo principio, se da un lato consente al giudice di attribuire al fatto una definizione giuridica diversa, dall'altro gli impone di trasmettere gli atti al pubblico ministero se accerta che il fatto è diverso da quello descritto nell'imputazione; l'omessa precisazione delle ragioni per le quali, nella fattispecie oggetto del giudizio principale, il fatto debba ritenersi diversamente qualificato e non si tratti, piuttosto, di un fatto diverso rispetto a quello originariamente contestato non permette di valutare la necessaria pregiudizialità della sollevata questione di costituzionalità, sicché la motivazione sulla rilevanza è insufficiente. Un ulteriore motivo di inammissibilità risiede nella sollecitazione di una pronunzia additiva, non avente carattere di soluzione costituzionalmente obbligata, ma rientrante nell'ambito di scelte discrezionali riservate al legislatore. Il difetto di una soluzione costituzionalmente imposta è comprovato dalla circostanza che lo stesso giudice a quo , dapprima, si sofferma su talune procedure adottabili dal GUP per far cadere i dubbi di legittimità della censurata disciplina (quali l'adozione di un'apposita ordinanza con cui informare le parti della diversa qualificazione giuridica attribuita al fatto, così da consentire il contraddittorio sul punto, ovvero l'applicazione analogica dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen) e, poi, ritenendole inadeguate, valuta come indispensabile l'intervento della Corte mediante una decisione additiva che preveda la regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari, attraverso la restituzione degli atti all'organo dell'accusa. Peraltro, la soluzione prospettata dal rimettente tende ad ottenere la parificazione di situazioni processuali tra loro non omogenee, quali l'accertamento che un fatto debba essere diversamente qualificato e la constatazione che il fatto è differente da quello descritto nel decreto che dispone il giudizio. La decisione richiesta, dunque, coinvolgendo scelte relative alla conformazione della disciplina processuale, rientra nella discrezionalità del Parlamento. Nel senso che la necessaria correlazione tra accusa e sentenza è posta anche «al fine del controllo giurisdizionale sul corretto esercizio dell'azione penale, dal che si desume che la costante corrispondenza dell'imputazione a quanto emerge dagli atti è una esigenza presente in ogni fase processuale e, quindi, anche nell'udienza preliminare», v. la citata sentenza n. 88/1994. Per la manifesta inammissibilità di questioni motivate in modo tale da non permettere la valutazione della rilevanza nel giudizio a quo , v. le seguenti citate decisioni: sentenza n. 58/2009, ordinanze n. 15/2009, n. 312/2008 e n. 100/2008. Sull'inammissibilità di questioni tese a richiedere una pronuncia additiva non costituzionalmente obbligata in una materia riservata alla discrezionalità del legislatore, v., ex plurimis , le seguenti citate decisioni: sentenza n. 183/2008, ordinanze n. 193/2009, n. 80/2009 e n. 379/2008.
Il vigente sistema del processo penale e' basato sulla necessaria correlazione tra accusa e sentenza, posta non solo a tutela del diritto di difesa dell'imputato ed a garanzia del contraddittorio, ma anche al fine del controllo giurisdizionale sul corretto esercizio dell'azione penale, dal che si desume che la costante corrispondenza dell'imputazione a quanto emerge dagli atti e' una esigenza presente in ogni fase processuale e quindi anche nell'udienza preliminare. L'impugnato art. 424 c.p.p., pertanto, va inteso nel senso che, all'esito dell'udienza preliminare, al giudice non sia precluso che mediante un proprio provvedimento possa sollecitare il P.M. ad apportare le opportune modifiche all'imputazione quando emergono fatti diversi da quelli contestati, essendo indifferente che detta interpretazione, conforme a Costituzione, si basi - come ritenuto dalla giurisprudenza di merito - sull'applicazione analogica della previsione dell'art. 521, secondo comma, riguardo al dibattimento o - come avallato dalla Corte di Cassazione - sull'interpretazione estensiva dell'art. 423. Tale facolta', inoltre, puo' essere esercitata anche dopo la chiusura della discussione, purche' nel corso dell'udienza, cioe' prima della pronuncia dei provvedimenti sul merito della ' rei iudicandae'. Vengono quindi meno - in quanto basate sulla interpretazione della norma indubbiata che la Corte respinge - le formulate censure di incostituzionalita'. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 97 e 112 Cost., dell'art. 424 cod. proc. pen.). red.: E.M. rev.: S.P.
L'art. 22 del codice di procedura penale, attribuendo al giudice il potere di dichiarare con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa "dopo la chiusura delle indagini preliminari", e' pienamente applicabile alla fase dell'udienza preliminare, come risulta anche dalla relazione al progetto preliminare. Peraltro, a nulla rileva che l'art. 424 del codice, nell'indicare i provvedimenti conclusivi dell'udienza preliminare, non richiami espressamente la sentenza dichiarativa dell'incompetenza, dovendosi ritenere un tale richiamo del tutto superfluo, in considerazione del fatto che il citato art. 22 ha indubbiamente portata generale, come si evince anche dalla sua collocazione nel codice. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 424, primo comma, e 425 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione). - V. sent. n. 347/91.
Manifesta inammissibilita' della questione in quanto il giudice 'a quo' ha espresso in merito solo dubbi interpretativi la cui soluzione e' di sua competenza.