Articolo 36 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 276/2019Depositata il 18/12/2019
Sono dichiarate manifestamente inammissibili - per difetto di rilevanza - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 36, comma 3, cod. proc. pen., censurato dal Tribunale di Fermo in riferimento agli artt. 3, 25, 97, 101 e 111 Cost., nella parte in cui non limita l'obbligo di sottoporre la dichiarazione di astensione del giudice alla decisione del presidente della corte o del tribunale al solo caso di astensione dovuta ad altre "gravi ragioni di convenienza". Il rimettente - che si ritiene "pregiudicato" per aver adottato una decisione di non luogo a procedere in altro procedimento riguardante lo stesso imputato per fatti intimamente connessi a quelli per i quali pende il giudizio principale - non ha tenuto conto del fatto che è proprio il caso "innominato" di astensione obbligatoria, disciplinata dalla norma censurata, la sede nella quale far confluire le ipotesi di astensione determinata dal pregiudizio derivante da funzioni esercitate dal giudice in altro procedimento; per cui detta disciplina assorbe l'ipotesi cui si riferisce la vicenda oggetto del procedimento a quo . Inoltre, la "modifica" che il rimettente intenderebbe perseguire darebbe vita a conseguenze eccentriche rispetto al sistema, in quanto andrebbe coordinata con l'art. 42, comma 2, cod. proc. pen., il quale - nello stabilire che il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione dichiara se e in quale parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice astenutosi conservano efficacia - risponde all'opportunità di prevedere che tale decisione sia adottata da un giudice diverso da quello che ha emesso i provvedimenti. La formulazione dell'art. 36, comma 1, lett. h ), cod. proc. pen., ha una sfera di applicazione sufficientemente ampia da comprendere anche le ipotesi in cui il pregiudizio alla terzietà del giudice derivi da funzioni esercitate in un diverso procedimento; in simili evenienze, per la realizzazione del principio del giusto processo, si mostra più duttile lo strumento dell'astensione e della ricusazione, che consente valutazioni in concreto e caso per caso, e che non postula oneri preventivi di organizzazione. ( Precedenti citati: sentenze n. 283 del 2000, n. 113 del 2000, n. 308 del 1997, n. 307 del 1997 e n. 306 del 1997 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 36, comma 3
Pronuncia 86/2013Depositata il 14/05/2013
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 101 e 111 Cost., avente ad oggetto l'art. 36, comma 1, lettera g ), cod. proc. pen., in combinato disposto con l'articolo 34 dello stesso codice, «nella parte in cui prevede che, nel caso in cui vi sia "incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento", il giudice debba formalizzare richiesta di astensione in luogo dell'attivazione di automatismi di tipo tabellare preordinati dall'ufficio». Il rimettente muove dall'erroneo presupposto interpretativo secondo cui la disposizione censurata stabilirebbe che il giudice che ha deciso l'esito del processo preliminare non possa essere lo stesso che assumerà la decisione finale, sia che essa venga assunta attraverso il rito abbreviato ovvero attraverso il dibattimento. Infatti, poiché l'istituto dell'incompatibilità si riferisce a situazioni di pregiudizio per l'imparzialità del giudice che si verificano all'interno del medesimo procedimento e concernono la medesima regiudicanda, esso non concerne l'ipotesi del giudice che, dopo aver disposto il rinvio a giudizio di alcuni imputati, procede con il rito abbreviato nei confronti di coimputati nel medesimo reato, dal momento che in tal caso ci si trova in presenza di procedimenti diversi, destinati, dopo la separazione, ad essere definiti taluni in sede dibattimentale, altri nelle forme del rito abbreviato. - V. cit. sentenze nn. 186/1992, 371/1996, 283/2000, 113/2000 e 490/2002.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 34
- codice di procedura penale-Art. 36, comma 1
Pronuncia 86/2013Depositata il 14/05/2013
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 101 e 111 Cost., dell'art. 36, comma 3, cod. proc. pen., «nella lettura in combinato disposto con l'articolo 34» dello stesso codice, «nella parte in cui prevede che, nel caso in cui vi sia "incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento", il Presidente del Tribunale possa "decidere" discrezionalmente sull'astensione imponendo al giudice del rito abbreviato la prosecuzione del giudizio nel caso in cui lo stesso abbia definito l'udienza preliminare con il rinvio a giudizio di co-imputati per un reato associativo e/o plurisoggettivo». Il rimettente muove dall'erroneo presupposto interpretativo secondo cui la disposizione censurata stabilirebbe che il giudice che ha deciso l'esito del processo preliminare non possa essere lo stesso che assumerà la decisione finale, sia che essa venga assunta attraverso il rito abbreviato ovvero attraverso il dibattimento. Infatti, poiché l'istituto dell'incompatibilità si riferisce a situazioni di pregiudizio per l'imparzialità del giudice che si verificano all'interno del medesimo procedimento e concernono la medesima regiudicanda, esso non concerne l'ipotesi del giudice che, dopo aver disposto il rinvio a giudizio di alcuni imputati, procede con il rito abbreviato nei confronti di coimputati nel medesimo reato, dal momento che in tal caso ci si trova in presenza di procedimenti diversi, destinati, dopo la separazione, ad essere definiti taluni in sede dibattimentale, altri nelle forme del rito abbreviato. - V. cit. sentenze nn. 186/1992, 371/1996, 283/2000, 113/2000 e 490/2002.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 34
- codice di procedura penale-Art. 36, comma 3
Pronuncia 86/2013Depositata il 14/05/2013
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., in combinato disposto con l'art. 36 dello stesso codice, nella parte in cui sia interpretato nel senso di attribuire al giudice - che ha deciso l'udienza preliminare con il rinvio a giudizio di imputati per un reato associativo e/o plurisoggettivo - la possibilità di decidere anche il giudizio abbreviato nei confronti degli altri imputati per la stessa rubrica, essendo questi ultimi privati della possibile formula assolutoria "perché il fatto non sussiste"». Secondo il consolidato orientamento della Corte, nel caso di concorso di persone nel reato, alla comunanza dell'imputazione fa riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, tali da formare oggetto di autonome valutazioni, scindibili l'una dall'altra (salve le ipotesi estreme, prese in esame dalle sentenze n. 371 del 1996 e n. 241 del 1999) e ben potendo soccorrere, al fine di ostacolare l'eventuale pregiudizio all'imparzialità del giudice derivante da una sua precedente attività, il ricorso agli istituti dell'astensione e della ricusazione (artt. 36 e 37 cod. proc. pen.). - Per l'applicazione degli istituti dell'astensione e della ricusazione, secondo una logica 'a posteriori' e in concreto, v. sentenze cit. n. 283/2000 e n. 113/2000; ordinanza n. 441/2001. - Per le ipotesi particolari decise in precedenza, v. sentenze n. 371/1996 e n. 241/1999; n. 113/2000. - Sulla diversa sfera di operatività degli istituti dell'incompatibilità e dell'astensione-ricusazione, v. cit. ordinanza n. 367/2002.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 34, comma 2
- codice di procedura penale-Art. 36
Parametri costituzionali
Pronuncia 86/2013Depositata il 14/05/2013
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., «nella lettura in combinato disposto con l'art. 36 dello stesso codice, «nella parte in cui le parole "Non può partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare" siano interpretate nel senso di permettere, comunque, la partecipazione al giudizio abbreviato da parte dello stesso giudice dell'udienza preliminare, che aveva già prima deciso, con il rinvio a giudizio e nei confronti di altri co-imputati, il processo relativo alla imputazione per reato associativo, plurisoggettivo e/o a partecipazione necessaria». Secondo il consolidato orientamento della Corte, nel caso di concorso di persone nel reato, alla comunanza dell'imputazione fa riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, tali da formare oggetto di autonome valutazioni, scindibili l'una dall'altra (salve le ipotesi estreme, prese in esame dalle sentenze n. 371 del 1996 e n. 241 del 1999) e ben potendo soccorrere, al fine di ostacolare l'eventuale pregiudizio all'imparzialità del giudice derivante da una sua precedente attività, il ricorso agli istituti dell'astensione e della ricusazione (artt. 36 e 37 cod. proc. pen.). - Per l'applicazione degli istituti dell'astensione e della ricusazione, secondo una logica 'a posteriori' e in concreto, v. sentenze cit. n. 283/2000 e n. 113/2000; ordinanza n. 441/2001. - Per le ipotesi particolari decise in precedenza, v. sentenze n. 371/1996 e n. 241/1999; n. 113/2000. - Sulla diversa sfera di operatività degli istituti dell'incompatibilità e dell'astensione-ricusazione, v. cit. ordinanza n. 367/2002.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 34, comma 2
- codice di procedura penale-Art. 36
Parametri costituzionali
Pronuncia 6/2007Depositata il 19/01/2007
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 36 del codice di procedura penale, censurati, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono tra le cause dell'astensione e/o ricusazione del giudice anche l'ipotesi in cui lo stesso abbia già preso visione e cognizione in sede civile di atti e documenti presenti nel fascicolo penale. Infatti, il giudice rimettente si limita a dare atto della proposizione di una eccezione di illegittimità costituzionale da parte dell'imputato e della posizione del pubblico ministero al riguardo, senza svolgere alcuna argomentazione in ordine ad essa. Inoltre, la questione è priva di rilevanza nel giudizio a quo , dato che il rimettente si è già pronunciato sulla richiesta di astensione e non risulta proposta, nel medesimo giudizio, alcuna istanza di ricusazione. - In relazione alla manifesta inammissibilità delle questioni prive di motivazione sulla rilevanza e non manifesta infondatezza, v. citate, ex multis , ordinanze nn. 278/2006 e 423/2005.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 34
- codice di procedura penale-Art. 36
Parametri costituzionali
Pronuncia 113/2000Depositata il 20/04/2000
Il principio di supremazia costituzionale, che impone all'interprete di optare, tra piu' soluzioni astrattamente possibili, per quella che renda la disposizione di legge conforme alla Costituzione - nella specie conforme al principio del giusto processo, secondo le indicazioni gia' contenute nelle sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997 - oltreche' una lettura logico-sistematica delle norme, impediscono di attribuire un significato ristretto alla locuzione "altre gravi ragioni di convenienza" di cui al comma 1, lettera h, dell'art. 36 del codice di procedura penale. Infatti, in tale proposizione normativa, la parola "convenienza" assume un valore prescrittivo tale da imporre l'osservanza - secondo valutazioni in concreto e caso per caso - di un obbligo giuridico di astensione del giudice, che non riguarda soltanto situazioni private del giudice, ma include l'attivita' giurisdizionale che egli abbia svolto, legittimamente, in altri procedimenti. Pertanto non e' fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' del medesimo art. 36 cod.proc.pen., proposta sulla base dell'interpretazione restrittiva della lettera h del comma 1, la quale esclude in particolare il dovere di astensione nell'ipotesi in cui il giudice abbia precedentemente pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta (ai sensi dell'art. 444 cod.proc.pen.) nei confronti di uno o piu' concorrenti nel reato. - V. anche sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997, sul diverso ambito di operativita' delle incompatibilita' ex art. 34 cod.proc.pen. e degli istituti della astensione e ricusazione ex artt. 36 e 37 cod.proc.pen. - Per le ipotesi di concorso di persone nel medesimo reato, ai fini del giudizio di responsabilita' e delle autonome valutazioni del giudice, sentenze nn. 186 del 1992, 439 del 1993, 371 del 1996. - V. altresi' sentenza n. 241 del 1999, per l'incompatibilita' alla funzione di giudizio del giudice che abbia pronunciato sentenza nei confronti dello stesso imputato per il medesimo fatto.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 36
Parametri costituzionali
Pronuncia 241/1999Depositata il 17/06/1999
Come la Corte ha gia' piu' volte affermato, alla tutela del principio del giusto processo sono ordinate non soltanto le incompatibilita' determinate da atti compiuti nel procedimento (art. 34 cod. proc. pen.), ma anche l'astensione (art. 36) e la ricusazione (art. 37), questi ultimi istituti essendo finalizzati, al pari delle prime, alla garanzia dell'imparzialita' del giudice, intesa come terzieta'-non pregiudizio. Al riguardo, pero', nella necessaria distinzione tra tali strumenti di garanzia, nelle numerose sentenze della Corte in materia di incompatibilita' e' stata assecondata la scelta del legislatore di riferire il pregiudizio all'esercizio di funzioni, tipiche e definibili in astratto, avvenuto nello stesso procedimento, sul presupposto che solo in questi casi l'esigenza di terzieta' del giudice possa essere apprezzata fin dal momento della formazione dei collegi e degli uffici giudicanti, possa essere quindi soddisfatta con tempestive deroghe alle tabelle o agli ordinari criteri di assegnazione degli affari e non resti affidata soltanto all'iniziativa del singolo giudice o delle parti, mentre, negli altri casi, nei quali il pregiudizio consegua all'esercizio di funzioni in un diverso procedimento, lo strumento di tutela del principio del giusto processo si attiene, di norma, alla sola area degli istituti dell'astensione e della ricusazione. Tale scelta sistematica, alla quale e' improntata la disciplina positiva, non e' tuttavia contraddetta dalla sentenza n. 371 del 1996, nella quale il principio del giusto processo ha condotto a configurare una incompatibilita' che non consegue all'esercizio di funzioni in un medesimo procedimento, ma ad atti compiuti in un procedimento diverso, essendosi dichiarato illegittimo l'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilita' penale sia gia' stata comunque valutata: di fronte all'eventualita' che un medesimo giudice-persona fisica ritornasse con una sentenza successiva su valutazioni di responsabilita' gia' compiute in una precedente sentenza penale, appariva necessario che il principio di terzieta'-non pregiudizio si dispiegasse al pieno delle sue capacita' qualificatorie, cosi' da far ritenere pregiudicanti, e quindi motivo di incompatibilita', le valutazioni espresse dal giudice in un precedente procedimento penale, che era si' formalmente diverso ma riguardava una vicenda sostanzialmente unitaria, che avrebbe potuto, ed anzi normalmente dovrebbe, essere giudicata nel medesimo contesto processuale. - Oltre a S. n. 371/1996 (gia' citata nel testo) v. S. nn. 306/1997, 307/1997 e 308/1997. red.: G. Leo rev.: S. Pomodoro
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 37
- codice di procedura penale-Art. 36
- codice di procedura penale-Art. 34
Parametri costituzionali
Pronuncia 339/1997Depositata il 14/11/1997
Deve ordinarsi la restituzione al giudice 'a quo' (Corte d'assise d'appello di Catania) degli atti relativi alla questione di legittimita' costituzionale degli artt. 34, comma 2, e 36 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare - quale giudice di rinvio a seguito di annullamento di sentenza di appello ad opera della Corte di cassazione - al giudizio nei confronti di un imputato in concorso di reato, il giudice, che, anteriormente abbia giudicato per lo stesso reato altro coimputato, sollevata in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 27, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione. Infatti, successivamente all'ordinanza di rimessione, la Corte con sentenza n. 371 del 1996 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilita' penale sia gia' stata comunque valutata. red.: A. Agro'
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 34, comma 2
- codice di procedura penale-Art. 36
Parametri costituzionali
Pronuncia 404/1995Depositata il 26/07/1995
E' in contrasto con la lettera e la stessa 'ratio' ispiratrice dell'art. 36, comma 1, lett. f) cod. proc. pen. - che nel prevedere, fra l'altro, che il giudice il cui coniuge abbia svolto funzioni di pubblico ministero, ha, per incompatibilita', l'obbligo di astenersi, e' diretta a garantire la serenita' e l'imparzialita' del giudizio ogniqualvolta il rapporto di coniugio possa condizionare la valutazione processuale del medesimo fatto - ritenere che il giudice non sia tenuto ad astenersi quando il fatto in questione sia stato esaminato dal pubblico ministero in un diverso procedimento, cosi' come e' avvenuto nel caso di specie, soltanto a causa, peraltro, di una anomala modalita' di iscrizione della 'notitia criminis'. Vanno quindi respinte le censure di incostituzionalita' mosse dal giudice 'a quo', in base a tale interpretazione - legata ad una nozione meramente formalistica di "procedimento" - alla norma suddetta. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 Cost., dell'art. 36, comma 1, lett. f), cod. proc. pen.). red.: G. C. rev.: S. P.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 36, comma 1
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.