Articolo 486 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Restituzione atti al giudice rimettente perche' verifichi se sia tuttora rilevante nel procedimento 'a quo' la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486, comma 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente il rinvio o la sospensione del dibattimento nel caso di assoluta impossibilita' a comparire per legittimo impedimento di uno dei due difensori di fiducia nominati dall'imputato; questione sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, per la lamentata irragionevolezza della norma, con pregiudizio del diritto ad una difesa integrata e violazione dei principi sanciti dalla legge delega. Difatti, successivamente alla pronuncia della ordinanza di rimessione, l'art. 39, comma 2, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, ha formalmente abrogato la disposizione oggetto di impugnativa e l'art. 19, comma 2, della medesima legge n. 479 del 1999, ha tra l'altro introdotto, nel codice di procedura penale, l'art. 420-'ter', recante la disciplina dell'impedimento a comparire dell'imputato o del difensore nella fase della udienza preliminare, mentre nell'art. 39 della citata legge si e' novellato l'art. 484 dello stesso codice, sancendosi l'applicabilita', tra le altre, delle disposizioni dettate dal richiamato art. 420 - 'ter' agli effetti della verifica della regolare costituzione delle parti nella fase degli atti introduttivi al dibattimento. A.G.
La dichiarazione di inammissibilita' dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato proposti da un membro del Parlamento nei confronti del Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Milano, priva di ogni fondamento, per evidente carenza della necessaria pregiudizialita', la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3-bis del decreto-legge 24 maggio 1999, n. 145 e dell'art. 486, comma 1, del codice di procedura penale nella parte in cui tale disposizione non prevede che gli impegni parlamentari costituiscano giusto motivo di impedimento a presenziare all'udienza nel processo penale.
Manifesta inammissibilita' della questione, in quanto, premesso che la Corte, con la sentenza n. 171 del 1996, ha dichiarato l'infondatezza - e, successivamente, con le ordinanze nn. 318 e 273 del 1996 e 106 del 1998, la manifesta infondatezza - della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486 cod. proc. pen., sollevata in riferimento a numerosi parametri costituzionali, tra i quali anche quelli invocati dal Pretore di Verbania, e considerato che quest'ultimo sollecita una pronuncia additiva volta ad introdurre una nuova ipotesi di sospensione del corso della prescrizione al di fuori dei casi previsti dalla legge; spetta al legislatore, nell'ambito della ragionevole ponderazione degli interessi in gioco, valutare l'opportunita' di qualsiasi inasprimento della disciplina sostanziale che attenga alla punibilita', atteso che le esigenze costituzionali da salvaguardare non si esauriscono nella tutela penale. - Cfr., altresi', S. nn. 114/1994; 447/1998 e 455/1998.
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 112 e 97 Cost., dell'art. 486 cod. proc. pen., impugnato - in via principale, limitatamente all'inciso "o rinvia" contenuto nei commi 1 e 3, e, in via subordinata, in relazione all'art. 159 cod. pen. - nella parte in cui non prevede fra i casi di sospensione del procedimento da cui discende la sospensione della prescrizione del reato il differimento reso necessario dalla sussistenza di un legittimo impedimento (nella specie: a causa di evento sismico) dell'imputato o del difensore. Nei casi di specie, infatti, l'eventualita' della prescrizione - che l'autorita' rimettente mira ad impedire, "soprattutto nei successivi gradi di giudizio" - e', al momento, oltre che futura, incerta, e pertanto la questione appare formulata in via ipotetica, con negativa incidenza sul necessario requisito dell'attualita' della rilevanza. red.: S. Pomodoro
Manifesta inammissibilita' della questione, in quanto - premesso che la Corte ha gia' dichiarato inammissibile (v., da ultimo, la sentenza n. 114 del 1994) la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486 cod. proc. pen., sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., per il dato assorbente (e pregiudiziale) rappresentato dal fatto che il giudice rimettente aveva sollecitato una pronunzia additiva 'in malam partem', volta ad introdurre una nuova ipotesi di sospensione del corso della prescrizione del procedimento al di fuori dei casi previsti dalla legge - la pronunzia additiva richiesta nella fattispecie non rientra nei poteri spettanti alla Corte, in ragione del principio di legalita' stabilito dall'art. 25 Cost.. - Cfr., pure, S. n. 171/1996 nonche' O. nn. 318/1996 e 273/1996. red.: G. Leo
Manifesta infondatezza della questione, avendo la Corte gia' affrontato, con la sentenza n. 178 del 1991, un'analoga questione, precisando che l'art. 486, comma 5, cod. proc. pen. lascia al giudice la possibilita' di apprezzamento delle situazioni concrete, secondo canoni di ragionevolezza, per contemperare le diverse esigenze in sede di applicazione della norma denunciata in questa sede. Tale linea interpretativa, peraltro, risulta costante nella giurisprudenza della Corte di cassazione, <
E' inammissibile la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 486, 477, 70 e 71 cod. proc. pen. - nella parte in cui non prevedono: a) la sospensione del dibattimento in caso di imputato permanentemente impossibilitato a comparire per legittimo impedimento dovuto a malattia irreversibile; b) la possibilita' di assumere prove alle condizioni previste dall'art. 70, comma 2, cod. proc. pen.; c) la possibilita' di adottare all'esito sentenza di proscioglimento e di non doversi procedere - sollevata con riferimento agli artt. 3 e 112 Cost., in quanto, avuto riguardo alla incomparabilita' dell'ipotesi dell'imputato che per malattia irreversibile sia legittimamente impedito 'sine die' a comparire all'udienza con quella dell'imputato che, per infermita' mentale, non sia in grado di partecipare coscientemente al processo, l'accoglimento della prospettazione del giudice rimettente comporterebbe, non gia' l'armonizzazione di discipline di fattispecie analoghe, ma la creazione di un regime eccezionale che invaderebbe l'area delle scelte riservata alla esclusiva sfera di discrezionalita' legislativa. - S. n. 281/1995, O. n. 315/1996. red.: S. Di Palma
Manifesta infondatezza della questione, in quanto la stessa e' stata dichiarata non fondata con precedente sentenza, con la quale, peraltro, la Corte, allo scopo di evitare l'insorgere di difficolta' applicative, ha accolto la questione attinente all'astensione degli avvocati dalle udienze, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi primo e quinto, l. 12 giugno 1990, n. 146, nella parte in cui tale norma non statuisce, nel caso dell'astensione collettiva dall'attivita' giudiziaria degli avvocati e dei procuratori legali, l'obbligo di un congruo preavviso e di un ragionevole limite temporale dell'astensione medesima e non prevede, altresi', gli strumenti idonei a individuare e assicurare le prestazioni essenziali nonche' le procedure e le misure conseguenziali nell'ipotesi di inosservanza. - S. n. 171/1996. red.: A.M. Marini
Manifesta infondatezza della questione, gia' dichiarata non fondata con sentenza n. 171/1996, dove, allo scopo di evitare difficolta' applicative, e' stata accolta la questione di legittimita' attinente all'astensione degli avvocati dalle udienze, con conseguente declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 5, della legge 12 giugno 1990, n. 146, nella parte in cui non statuisce, nel caso dell'astensione collettiva dall'attivita' giudiziaria degli avvocati e dei procuratori legali, l'obbligo di un congruo preavviso e di un ragionevole limite temporale dell'astensione e non prevede, altresi', gli strumenti idonei ad assicurare le prestazioni essenziali, nonche' le procedure e le misure conseguenziali nell'ipotesi di inosservanza. red.: G. Leo
Non e' fondata, in riferimento agli artt. 2, 10 (in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848), 24, 101, 102, 134, 97, 112, 3, 21 e 40 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486, comma 5, cod. proc. pen. - a norma del quale il giudice sospende o rinvia anche di ufficio il dibattimento, quando risulta che l'assenza del difensore e' dovuta ad assoluta impossibilita' di comparire per legittimo impedimento prontamente comunicato - in quanto, premesso che l'ordinamento repubblicano si fonda sul pieno riconoscimento della liberta' di associazione e dell'attivita' sindacale e sull'espressa garanzia del diritto di sciopero entro i limiti indispensabili alla salvaguardia di altri interessi costituzionalmente protetti, detto riconoscimento, che la Corte costituzionale assicura all'autonomia dei singoli e dei gruppi, vale altresi' per l'astensione dal lavoro di quei professionisti che svolgono, come gli avvocati e i procuratori legali, la propria attivita' in condizioni di indipendenza. E, dunque, se, da un lato, e' vero che l'astensione da ogni attivita' defensionale non puo' configurarsi come diritto di sciopero e non ricade sotto la specifica protezione dell'art. 40 Cost., dall'altro, va pero' sottolineato che, nel caso in esame, viene in rilievo il 'favor' libertatis', che si pone come fondamentale criterio regolatore di tale ambito di rapporti, garantendo la liberta' di ogni formazione sociale, pur nel rispetto degli altri valori di rango costituzionale. - Cfr., altresi', S. nn. 114/1970; 315/1992, 456/1993 e 421/1995. red.: G. Leo