Pronuncia 66/1998

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 486 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 14 maggio 1997 dal tribunale di Bari, iscritta al n. 497 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1997; Udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio 1998 il giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il tribunale di Bari, premesso che in un procedimento penale era stata avanzata richiesta di differimento del dibattimento per essere il difensore dell'imputato impegnato in altri numerosi procedimenti penali fuori del distretto, e che la richiesta doveva considerarsi tempestivamente proposta, risultando che soltanto il giorno precedente il difensore era stato investito del mandato, ha, con ordinanza del 14 maggio 1997, denunciato, in riferimento agli artt. 112, 24, 25 e 97 della Costituzione, l'illegittimità dell'art. 486 del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede la possibilità, per il giudice, di valutare - in caso di impedimento dedotto dal difensore nominato dall'imputato in data immediatamente prossima a quella dell'udienza in cui debba celebrarsi il dibattimento - la diligenza e la lealtà del comportamento tenuto dall'imputato nella scelta di difensore impedito a comparire, e la non strumentalità di detta nomina a fini dilatori": che, secondo il giudice a quo, resterebbe paralizzato l'esercizio dell'azione penale (art. 112 della Costituzione), vulnerato il diritto di difesa del pubblico ministero (art. 24 della Costituzione), compromesse l'attuazione della giurisdizione da parte del giudice naturale precostituito per legge ed il razionale funzionamento della giustizia (artt. 25 e 97 della Costituzione); che nel giudizio davanti a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; Considerato che questa Corte con sentenza n. 178 del 1991, ha già affrontato un'analoga questione, precisando che l'art. 486, comma 5, del codice di procedura penale lascia al giudice la possibilità di apprezzamento delle situazioni concrete, secondo canoni di ragionevolezza, per contemperare le diverse esigenze in sede di applicazione della norma adesso denunciata; e che tale linea interpretativa risulta costante nella giurisprudenza della Corte di cassazione, nel senso che il legislatore ha inteso conciliare le esigenze di buona e rapida amministrazione della giustizia con il diritto dell'imputato di essere assistito dal difensore di fiducia, con possibilità per il giudice di sindacare - con adeguata motivazione guidata da criteri di logicità - la "scelta" operata rigettando la richiesta di rinvio se ricorrono esigenze di buona amministrazione della giustizia o se la richiesta di rinvio sia dettata da intenti dilatori; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 486, comma 5, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24, 25, 97 e 112 della Costituzione, dal tribunale di Bari, con ordinanza del 14 maggio 1997. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1998. Il Presidente: Granata Il redattore: Vassalli Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 17 marzo 1998 Il direttore della cancelleria: Di Paola

Relatore: Giuliano Vassalli

Data deposito:

Tipologia: O

Presidente: GRANATA

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Massime

ORD. 66/98. PROCESSO PENALE - DIFENSORE DI FIDUCIA NOMINATO IN DATA IMMEDIATAMENTE PROSSIMA A QUELLA DELL'UDIENZA - IMPEDIMENTO A COMPARIRE - POSSIBILITA' PER IL GIUDICE DI VALUTARE LA DILIGENZA E LA LEALTA' DEL COMPORTAMENTO DELL'IMPUTATO - MANCATA PREVISIONE - DEDOTTA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 24, 25, 97 E 112 COST. - RAGIONEVOLEZZA DELLA NORMA DENUNCIATA - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Manifesta infondatezza della questione, avendo la Corte gia' affrontato, con la sentenza n. 178 del 1991, un'analoga questione, precisando che l'art. 486, comma 5, cod. proc. pen. lascia al giudice la possibilita' di apprezzamento delle situazioni concrete, secondo canoni di ragionevolezza, per contemperare le diverse esigenze in sede di applicazione della norma denunciata in questa sede. Tale linea interpretativa, peraltro, risulta costante nella giurisprudenza della Corte di cassazione, <<nel senso che il legislatore ha inteso conciliare le esigenze di buona e rapida amministrazione della giustizia con il diritto dell'imputato di essere assistito dal difensore di fiducia, con possibilita' per il giudice di sindacare - con adeguata motivazione guidata da criteri di logicita' - la scelta operata, rigettando la richiesta di rinvio se ricorrono esigenze di buona amministrazione della giustizia o se la richiesta di rinvio sia dettata da intenti dilatori>>. red.: G. Leo