Articolo 213 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 267/1994Depositata il 30/06/1994
Riguardo alla ricognizione di persone, prevista dall'art. 213 cod. proc. pen., conformemente alla concorde dottrina e alla stessa giurisprudenza, deve ritenersi, che -sebbene non sia esplicitato dalla norma- nel caso in cui la persona chiamata ad effettuare l'atto in questione, sia un coimputato o un imputato in un procedimento connesso, in base al principio 'nemo tenetur se detegere', essa sia assistita dal diritto al silenzio e possa non prestarsi alla ricognizione attiva. Ne' a diversa conclusione puo' condurre il fatto che la disciplina della ricognizione non contempla, per il coimputato e per l'imputato in un procedimento connesso, le incompatibilita' per gli stessi previste dall'art. 197 cod. proc. pen. riguardo alla testimonianza, giacche', comunque si voglia definire la natura del mezzo di prova-ricognizione, e' arbitrario equiparare la ricognizione alla testimonianza. Vanno quindi respinte - in quanto formulate in base all'errato contrario assunto interpretativo - le censure di violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa formulate in proposito. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., dell'art. 213 cod. proc. pen.). - Cfr. Cassazione, Sez. VI pen., u.p. 18 febbraio 1994 (Goddi), secondo la quale, nell'ipotesi in questione, e' applicabile la regola, prevista per l'esame dall'art. 210, quarto comma, cod. proc. pen., dell'avviso della facolta' di non rispondere. red.: F.S. rev.: S.P.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 213
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.